lunedì 7 maggio 2018 - Salvo

Le tensioni/elezioni in Libano

Il 6 maggio in Libano si sono tenute le elezioni per il rinnovo del Parlamento. Consultazione popolare dopo ben cinque anni dalla normale scadenza del mandato parlamentare del 2013. 

All’epoca i maggiori partiti optarono per una sorta di “rinnovo automatico”, prorogando il loro mandato. Il Paese dei Cedri non è nuovo alle “proroghe”, basti pensare all’allungamento alla scadenza del mandato presidenziale di Emile Lahoud nel 2004, con il cambio della Costituzione dopo un viaggio notturno a Damasco. E dopo che l’Onu aveva approvato la Risoluzione 1559, con la quale si chiedeva il pieno rispetto della sovranità libanese e il disimpegno delle Forze militari siriane presenti nel Paese. 

Le crisi in Libano sono parecchie: dalla fragilità politica e istituzionale ai repentini cambi di alleanze; dall’afflusso di profughi siriani, che fuggono da una terribile guerra, alla presenza dei campi profughi palestinesi, che spesso sono stati oggetto di diatriba sul controllo e che sfociano in scontri tra esercito e miliziani; dalla presenza di un attore quale Hezbollah, che mantiene un proprio apparato miliare indipendente e che partecipa alla vita politica del Paese, alle tensioni di confine sia con la Siria che con Israele.

In queste elezioni le novità sono rappresentate dal fatto che sarà il Ministero degli Interni il solo responsabile dello spoglio, mentre fino adesso erano i diversi rappresentanti dei partiti ad avere questa competenza, e la possibilità dei libanesi all’estero di poter esprimere il proprio voto. 

Per un Paese che ha conosciuto il terrorismo sulla propria pelle, si ricordi la Strage di San Valentino del 2005 con l’uccisione dell’ex premier Rafiq Hariri amico dei sauditi ma inviso ai siriani, la paura di varie interferenze con il classico gioco di “guerra per procura”, “scontri indiretti”, tra le diverse potenze regionali è elevata. 

Salvatore Falzone




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