martedì 2 febbraio 2021 - Persio Flacco

Le irrituali dimissioni di Giuseppe Conte

La caduta del Governo Conte è avvenuta in un momento particolarmente difficile per il Paese. La pandemia da covid, la conseguente crisi economica e sociale a cui dare risposte immediate, la complessa situazione creatasi all'interno della UE a causa dell'emergenza sanitaria pongono sfide tali da mettere a dura prova la capacità di risposta e la resistenza delle istituzioni di un Paese. E' in questa fase critica che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte presenta le sue dimissioni, pur godendo ancora il suo Governo della fiducia del Parlamento, mai revocata. Nell'articolo propongo una interpretazione dei fatti alla luce della legalità costituzionale e democratica.

La norma costituzionale stabilisce che il Governo non abbia potestà legislativa, salvo per delega del Parlamento o in casi di imprevedibile necessità e urgenza. Ed è ovvio che sia così: la potestà legislativa in un ordinamento democratico compete al Parlamento, organo sovrano che rappresenta il Popolo.

Dunque è normale che il Governo debba rimettersi alla libera determinazione del Parlamento per la conversione in legge dei suoi decreti. Questa normalità costituzionale in Italia è da sempre aggirata grazie all'espediente di legare la permanenza in carica del Governo alla permanenza della maggioranza parlamentare che gli ha votato la fiducia.

Se la maggioranza perde coesione il Governo non ha più la certezza che i suoi decreti siano convertiti sempre e senza modifiche non concordate, di conseguenza la prassi prescrive che il Presidente del Consiglio presenti le sue dimissioni. Questo è il motivo per cui Giuseppe Conte, pur avendo il suo Governo la fiducia, mai revocata, del Parlamento, si è dimesso.

Nei fatti e per prassi si è dunque affermata una norma secondo cui non può restare in carica un Governo che sia soggetto all'arbitrio del Parlamento. La incostituzionalità della norma è lampante. Una delle conseguenze di questa prassi è l’instabilità istituzionale, visto che anche la più piccola delle forze politiche della maggioranza il potere di far perdere coesione alla maggioranza e quindi di far cadere il Governo.

E’ ciò che ha fatto Italia Viva, e Giuseppe Conte obbedendo alla prassi ha presentato le sue dimissioni. Gettando il Paese nell’incertezza nonostante una situazione già grave. Cosa sarebbe avvenuto se Conte, attenendosi alla Costituzione, non si fosse dimesso? Il Governo avrebbe dovuto affidare all’arbitrio del Parlamento la conversione in legge dei suoi decreti, come sarebbe costituzionalmente normale.

E poiché Italia Viva dispone di circa il 5% dei seggi in Parlamento, le forze residue della maggioranza avrebbero dovuto contrattare con l’opposizione modifiche e aggiustamenti per compensare la perdita della quota di Italia Viva.

E non è questo che si fa in un Parlamento: trattare mediazioni, compromessi, modifiche sui provvedimenti tra tutte le forze politiche e infine votare? E’ perché questo non avvenisse che Giuseppe Conte si è dimesso, obbedendo ad una prassi incostituzionale. Il M5S lo ha supportato in questa sua decisione?

Rif.: articoli 77 e 94 della Costituzione.
https://www.senato.it/1025?sezione=127&articolo_numero_articolo=77

https://www.senato.it/1025?sezione=130&articolo_numero_articolo=94

Foto: Wikimedia Commons

 




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