domenica 28 febbraio 2016 - Giuseppe Aragno

Le elezioni amministrative a “sovranità limitata”. A Napoli e in Italia

Bassolino, per infinocchiare gli elettori e rassicurare padrini e padroni dice che il sindaco di Napoli, De Magistris isola la città e riduce un serio problema politico a una questione di temperamento. Lui, che è uomo di mondo e politico esperto, farà come vuole Roma e i soldi arriveranno. La città finirà in vendita, la gente non vedrà un centesimo e la speculazione farà soldi a palate.
Ho letto da qualche parte – e sono d’accordo – che le prossime elezioni amministrative si svolgeranno in una condizione di “sovranità limitata”, che stringe in una morsa “l’esercizio democratico a qualunque livello espresso, nazionale e/o territoriale, indipendentemente dalla modalità, elettorale piuttosto che legislativa o referendaria”. Patti di stabilità e costituzionalizzazione dell’obbligo del pareggio di bilancio cancellano l’autonomia della politica. Parlo di Napoli, ma potrei dire la stessa di una qualunque città italiana: in queste condizioni il voto rischia di trasformarsi in un rito, in una rappresentazione teatrale farsesca del diritto di decidere che non esiste più.

In questo senso, le prossime elezioni amministrative hanno quindi valore politico e la costituzione di un fronte comune a sinistra richiede che programma e lista partano, a mio avviso, da due punti fermi da riassumere in un una sorta di preambolo. Anzitutto totale chiusura nei confronti del PD, individuato come pilastro di un nascente regime e peggior nemico delle classi popolari.

In secondo luogo, rivendicazione netta, forte e inderogabile di un diritto alla “disobbedienza”, che abbia un fondamento giuridico e risponda a una ineludibile necessità economica. Disobbedienza a tutte le leggi approvate dal giorno successivo alla sentenza della Corte Costituzionale, che rende illegittimi moralmente e politicamente Parlamento, Governo e Presidente della Repubblica. Disobbedienza all’UE in assenza di un referendum che non è stato mai fatto e che dovrà sancire la nostra volontà di far parte oppure no di questa Unione antipopolare. Gli uomini delle Istituzioni romane potranno assere considerati interlocutori legittimi solo dopo regolari elezioni politiche svolte con la legge che la Consulta ha indicato. 

A me pare naturale che, così stando le cose, Consiglio Comunale, Giunta e Sindaco assumano il ruolo di una sorta di governo provvisorio, in attesa che le Istituzioni romane regolarizzino la loro condizione di totale incostituzionalità. La disobbedienza come necessità economica, è la naturale conseguenza della illegittimità delle Istituzioni di Governo e significa rottura con tutti gli obblighi illegittimi, a partire dal patto di stabilità per arrivare alla faccenda di Bagnoli, alla tutela dell’ambiente e della salute, per giungere alla destinazione delle tasse.
Sulla condivisone di questa premessa, che guarda anche ai prossimi referendum sulla scuola e sulle cosiddette riforme istituzionali, si costruiscono un programma e una lista della sinistra che sia quanto più aperta possibile alle realtà territoriali di lotta e lasci ampio spazio alla base.

 




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