lunedì 24 settembre 2012 - UAAR - A ragion veduta

Le direttive del Papa al gregge di politici cattolici

Parlando ai convenuti a Roma per l’assemblea dell’internazionale democristiana, Benedetto XVI ha mandato un chiaro messaggio ai politici cattolici, sostenendo che su famiglia e bioetica devono uniformarsi alla dottrina. Che, qualora non l’avessero ancora capito, è quella di cui lui è l’unico plenipotenziario.

Il presidente dell’alquanto mummificata organizzazione è il prezzemolino Pier Ferdinando Casini, a cui il papa non ha mancato di rivolgere un saluto particolare. Prima di invitare gli astanti al “rispetto della vita in tutte le sue fasi, dal concepimento fino al suo esito naturale – con conseguente rifiuto dell’aborto procurato, dell’eutanasia e di ogni pratica eugenetica” e al “rispetto del matrimonio, come unione indissolubile tra un uomo e una donna e come fondamento a sua volta della comunità di vita familiare”.

Nulla di nuovo, come si può notare, Ma fa un po’ specie che sia pronunciato di fronte a un’organizzazione politica: non un partito, ma addirittura una federazione di partiti. E dire che lo stesso papa aveva dichiarato, nel 2007, che fare politica “non è competenza della Chiesa”: ma se ne può sempre dedurre che la competenza è solo sua, del pontefice, visto che i papi sono stati sovrani temporali per un millennio.

Dieci anni fa lo stesso Ratzinger, quando era “soltanto” a capo dell’ex Sant’Uffizio, aveva già emanato una Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, che negava l’autonomia della sfera civile e politica da quella morale (che con naturalezza veniva fatta coincidere con la dottrina cattolica). Ora, ricordando che il Catechismo esige, dai fedeli cattolici, che siano “obbedienti e sottomessi ai capi della Chiesa”, ce n’è abbastanza per capire cosa pretende – esplicitamente – il capo della Chiesa dai politici che ne fanno parte: applicazione clericale sic et simpliciter delle direttive papali.

È evidente che una traduzione automatica di tali direttive è, nella società attuale, alquanto complicata: basti pensare che proprio Casini ha mostrato ben poco rispetto per il suo, di matrimonio (ma si sa, da un momento all’altro la situazione può sempre sanarsi grazie ai tribunali ecclesiastici). Resta il fatto che di solerti esecutori dei mandati vaticani la politica non è certo priva, e nemmeno soltanto quella. Per esempio, alle assise democristiane è intervenuto anche il premier Mario Monti: se qualcuno, in Italia, aveva ancora dubbi sul luogo dove batte il cuore del capo di un governo tecnico-clericale, ora dovrebbe averli definitivamente fugati.

Ci auguriamo che ciò accada anche per chi pensa che vi possa essere ancora molto spazio, nella Chiesa cattolica, per i “cattolici adulti”, come si definì Romano Prodi. Il cui ultimo governo peraltro cadde a causa di Clemente Mastella dopo che andò a pregare a San Pietro. Mastella, quello, che sostiene di aver ricevuto una telefonata dal papa per complimentarsi con le sue posizioni contrarie al riconoscimento di diritti alle coppie di fatto. Forse millanta. Ma è certo che il comportamento di Mastella è stato proprio quello auspicato dal papa all’assemblea democristiana. Non ha certo auspicato coerenza politica e integrità morale.

È per questo motivo che non comprendiamo la “grande tristezza” manifestata dal cattolico Nichi Vendola nell’apprendere le parole di Benedetto XVI. Il leader di Sel ha giustamente notato come il papa intenda “ipotecare in maniera pesante il confronto”, e come sia oggi impossibile pretendere che una “morale confessionale diventi morale di stato”. Ma ricordare che “il mondo cattolico ha disobbedito al magistero” in passato non è la stessa cosa che pretendere che il magistero cattolico si uniformi a quanto vuole il mondo cattolico.

La Chiesa a cui appartiene non è una democrazia e non potrà mai esserlo, come ha spiegato anche in tempi recenti il cardinale Tarcisio Bertone, numero due della Santa Sede, e il papa ha il diritto di fare e dire, al suo interno, tutto ciò che vuole. I fedeli cattolici, compresi i politici, sono soltanto pecore che devono docilmente eseguire i comandi dei pastori. E chi non lo fa è un pessimo cattolico. E, nel caso dell’omosessuale Vendola, anche una “creatura disordinata”. Che non ha alcun potere per poter cambiare la sua Chiesa.

L’intervento di Vendola è comunque interessante anche per un altro aspetto: perché un politico cattolico ha detto chiaramente che i politici cattolici che intendono seguire politiche laiche devono disobbedire al magistero. L’Uaar non chiede certo che i politici cattolici rinuncino alla propria fede. Ma chiede loro che dicano esplicitamente se intendono, nell’espletamento del loro mandato, seguire una morale cattolica o una morale laica, seguire Ratzinger o disobbedirgli. Più saranno sinceri, più semplice sarà esprimere un voto consapevole da parte di tutti gli elettori. Cattolici e non.




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