lunedì 6 maggio - Gregorio Scribano

Landini, il ‘Bonus Befana’ e le responsabilità del Sindacato

Indennità una tantum di 100 euro a favore dei lavoratori dipendenti, con reddito complessivo non superiore a 28.000 euro con coniuge e almeno un figlio a carico, oppure per le famiglie monogenitoriali con un unico figlio a carico.

Questo il provvedimento del governo Meloni che andrà in pagamento solo dal gennaio del prossimo anno, un bonus che non sarà per tutti e che non sarà per sempre. Un bonus che fa il verso al bonus degli ’80 euro’ di Matteo Renzi che almeno era un aumento strutturale erga omnes e che finiva subito in busta paga, pochi giorni prima delle elezioni europee che gli consegnarono il 40 per cento dei consensi.

Invece il bonus del governo Meloni, che non sarà per tutti e che non sarà per sempre, non ce l’ha fatta ad arrivare nelle tasche di quel ristretto numero di italiani prima delle elezioni europee del prossimo giugno e che per questo è stato ribattezzato un ‘Bonus Befana’!

Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, dal palco della manifestazione dei sindacati per il Primo maggio organizzata quest’anno a Monfalcone, non ha risparmiato critiche al bonus di 100 euro della Meloni: “Lo considero una marchetta elettorale. Io sono rispettoso anche di cinque euro, però c’è un elemento di dignità che va riconosciuto. È sotto gli occhi di tutti che la gente non arriva a fine mese, ci sono più di 7 milioni di persone che pur lavorando sono povere. Pensare che tutto questo si risolva dando 100 euro lordi a gennaio e a una platea limitata di persone credo sia un insulto al buon senso”.

Che la gente non arriva a fine mese è sotto gli occhi di tutti, ma anche del Sindacato che continua però a sottoscrivere rinnovi contrattuali per una manciata di euro. Troppo poco per i lavoratori, troppo poco per chi è chiamato a contrattare gli aumenti salariali, se si considera il caro prezzi e che gli stipendi sono fermi da decenni, ovvero da quando ci fecero passare dalla lira all’euro: un passaggio funesto che ha significato, per chi campa di stipendio fisso, dimezzare il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, il valore delle abitazioni e dei risparmi!

Adesso gli italiani attendono il Sindacato al varco:

  • i futuri rinnovi contrattuali, che dovrebbero colmare una volta per tutte il gap tra salario e costo reale della vita;
  • la riforma delle pensioni, che dovrebbe riportare l’età di vecchia a 65 anni, con un assegno previdenziale prossimo all’ultimo stipendio percepito.



Lasciare un commento