martedì 26 novembre 2019 - Doriana Goracci

La storia sul braccio: numero Z5742

Ho visto in rete la foto di alcune righe scritte da un uomo: “Non sono stati Hitler o Himmler a deportarmi, picchiarmi, ad uccidere i miei familiari. Furono il lattaio, il vicino di casa, il calzolaio, il dottore, a cui fu data un‘uniforme e credettero di essere la razza superiore”.

Ho letto che si trattava di tale Karl Stojka, ho voluto saperne di più dal momento che non lo conoscevo affatto. Le informazioni quasi non esistono in italiano ma quelle poche che ho trovato le riporto e condivido.

Gli Stojka e i suoi genitori, appartenevano ad una tribù zingara chiamata Lowara Roma, che tradizionalmente conduceva una vita nomade commerciando in cavalli, dal XIX secolo. Vivevano in un carro con il quale viaggiavano, ma trascorrevano gli inverni a Vienna, la capitale austriaca.

Gli antenati di Karl avevano cominciato a vivere in Austria duecento anni prima.
"Sono cresciuto libero, spostandomi continuamente e lavorando duro. Nel marzo 1938, eravamo accampati con il nostro carro in un campeggio di Vienna, per l'inverno, quando la Germania annetté l'Austria, poco prima del mio settimo compleanno. I Tedeschi ci ordinarono di non allontanarci. I miei genitori dovettero convertire il nostro carro in una casa di legno, ma io non ero abituato a vivere tra le pareti di una casa. Mio padre e mia sorella maggiore cominciarono a lavorare in una fabbrica e io cominciai ad andare a scuola.
Quando arrivò il 1943, tutta la mia famiglia era già stata deportata in un campo nazista a Birkenau, dove c'erano già migliaia di Zingari. Adesso vivevamo rinchiusi dal filo spinato. Quando giunse il 1944, solo 2.000 zingari erano ancora vivi; 918 di noi furono messi in un convoglio che andava a Buchenvald, ai lavori forzati. Una volta là, i Tedeschi decisero che 200 di noi non erano in grado di lavorare e li mandarono indietro, a Birkenau. Io ero uno di loro, perché pensavano fossi troppo giovane per lavorare. Mio fratello e mio zio, però, riuscirono a convincerli che avevo 14 anni, ma che ero un nano. Così restai. Tutti gli altri di coloro che furono costretti a tornare indietro, vennero uccisi con il gas."

Karl Stojka (nato il 20 aprile 1931 a Wampersdorf, si spense il 10 aprile 2003 a Vienna ) era un artista austriaco e sopravvissuto a Porajmos dall'etnia rom. Karl Stojka è nato nella roulotte come il quarto di sei figli di una famiglia rom cattolica. Alla fine del 1941 il padre di Karl Stojka fu assassinato nel campo di concentramento di Dachau, in seguito ci fu la deportazione della sua famiglia in altri campi di concentramento. Quando aveva undici anni, fu arrestato dai nazionalsocialisti e portato nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Più tardi Karl fu trasferito nel campo di concentramento di Flossenbrg. Venne liberato vicino a Roetz, in Germania, dalle truppe americane, il 24 aprile 1945. Dopo la guerra Karl ritornò a Vienna.

Stojka è stato derubato del suo nome e ha ricevuto il numero Z5742, che è stato tatuato nell'avambraccio sinistro: “Noi Rom e Sinti siamo come i fiori di questa terra. Ci possono calpestare, ci possono eradicare, gassare, ci possono bruciare, ci possono ammazzare – ma come i fiori noi torniamo comunque sempre”. Suo fratello Ossi, sei anni, morì per mancanza di assistenza medica e fame, come riportato dallo stesso Karl Stojka: „Mio fratello Ossi non era un criminale, era un semplice bambino Rom.” Ossi era il più piccolo, morirà di tifo il 18 maggio 1944.

Karl Stojka visse dopo la seconda guerra mondiale nelle stazioni in Austria e negli Stati Uniti. Nel 1985 iniziò a dipingere come autodidatta. Nelle sue foto, ha espresso la storia della vita come un Rom perseguitato. Ha anche esposto più di 80 opere in Giappone, Stati Uniti ed Europa. Stojka fu sepolto a Vienna nel cimitero di Meidlinger (gruppo 1, fila 7, numero 129).

Karl Stojka era il fratello di Ceija Stojka e Mongo Stojka, è il padre del musicista jazz Karl Ratzer.

Scrive Ceija Stojka: "Sono cresciuta libera, spostandomi continuamente e lavorando duro. Una volta, mio padre mi fece una gonna usando una vecchia tenda da giardino. Nel marzo 1938, quando la Germania annetté l'Austria, io avevo 5 anni e vivevamo, con il nostro carro, in un campeggio di Vienna, almeno per l'inverno. I Tedeschi ci ordinarono di non non lasciare il campo. I miei genitori dovettero convertire il nostro carro in una casa di legno e dovemmo imparare a cucinare con una vera cucina invece che su un fuoco acceso all'aperto.Gli Zingari erano obbligati a registrarsi come membri di un'altra "razza". Il nostro campo venne recintato e posto sotto sorveglianza dalla polizia. Avevo 8 anni quando i Tedeschi portarono via mio padre; pochi mesi dopo, mia madre ricevette una scatola con le sue ceneri. Più tardi, i Tedeschi presero anche mia sorella, Kathi. Alla fine, ci deportarono tutti in un campo nazista destinato agli Zingari, a Birkenau. Vivevamo all'ombra del crematorio, che fumava sempre, e avevamo ribattezzato il sentiero di fronte alle nostre baracche "l'autostrada per l'inferno" perché portava alle camere a gas."
Nel 1945, Ceija venne liberata dal campo di Bergen-Belsen. Dopo la guerra documentò e pubblicò canzoni sull'Olocausto composte dagli Zingari Lowara.
 

Karl Ratzer (nato a Vienna il 4 luglio 1950 ) è un chitarrista jazz, cantante e compositore austriaco.

Dalla Guida Auschwitz: Ad Auschwitz- Birkenau furono deportati Rom e Sinti da tutta l’Europa. Il gruppo piu’ numeroso furono i Sinti e Rom dall’Austria e Germania circa i 2/3 dei deporati (14.000 persone); poi i Sinti e Rom provenienti dal Protettorato di Cechia e Moravia (4.500 persone circa) e 1.300 Rom dalla Polonia occupata. A questa cifra vanno aggiunti circa 1.700 Rom provenienti da Bialistock (Polonia) che sospettati di tifo non furono registrati ed inviati direttamente nelle camere a gas e uccisi. In generale, fino alla fine del 1943 nello Zigeunerlager furono deportate circa 18.736 persone, nel 1944 circa 2.207 persone. Di queste circa 9.500 furono i bambini al di sotto dei 14 anni e circa 380 i bambini nati nel Campo.Ad Auschwitz Birkenau morirono circa 21.000 Sinti e Rom provenienti da 12 Stati.

Il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, ha recentemente confermato che, alla maturità 2020, «tornerà il tema di storia nella prima prova scritta». Vorrei fosse vissuto questo ritorno, come pagine di umanità e non come una minaccia per gli studenti e gli insegnanti che dovranno proporla.

Nel 1959 cantava Dalida gli zingari, neanche 10 anni dopo avrei saputo dalla scuola che anche i gitani furono deportati dai nazisti ma L'arte salva la vita...

Doriana Goracci




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