martedì 6 ottobre 2020 - Yvan Rettore

La solitudine, male occidentale o occasione di rinascita?

Spesso si sente dire che uno dei grandi mali occidentali consiste nella solitudine crescente degli individui.

 

Vi sono infatti ormai eserciti di persone che vivono sole e il fenomeno appare ancor più significativo quando si parla di metropoli o megalopoli.

Che sia un male può essere se la solitudine anziché essere una scelta di vita risulta essere invece imposta dalle circostanze.
C'è sicuramente una bella differenza tra una persona giovane e piena di energie rispetto ad una persona anziana che si ritrova sola per motivi che esulano dalla sua volontà come ad esempio la perdita del partner.
Tuttavia, ciò che sfugge forse alla maggior parte degli analisti è che si può soffrire di grande solitudine anche all'interno di un rapporto di coppia o in un contesto in cui ci si deve per forza relazionare con altri.
Questo perché forse il vero grande male dell'Occidente non è la solitudine ma la mancanza o difficoltà crescenti di comunicazione che stanno ormai dominando le relazioni tra esseri umani presenti nelle zone più prospere del mondo.
Il paradosso è che mai come in questa epoca, l'uomo ha avuto così tanti mezzi per comunicare a livello planetario, mezzi che però anziché favorire l'aggregazione sembra che stiano invece accentuando sempre più forme nuove di solitudine in cui la vita sociale si riduce ad esperienze virtuali che però spesso non generano rapporti genuini e profondi.
Non è un caso che poi simili effetti portino a vivere momenti sempre più intensi di sconforto e insoddisfazione tali da poter anche giungere a prendere decisioni estreme sulla propria persona o su altre.
Se però la solitudine è una libera scelta di vita, allora può essere anche una occasione straordinaria di rinascita personale che non deve per forza sfociare in comportamenti egoistici ma che può rivelarsi perfino utile nel costruire un equilibrio ideale di rapporti con se stessi e con gli altri.
Ritengo infatti che si possa benissimo vivere in una società comunitaria (in cui la solidarietà e la condivisione sono la regola anziché l'eccezione) prendendosi degli spazi in cui stare da soli con se stessi.
Questi spazi sono fondamentali per dialogare con l'interezza del nostro essere e ritrovare momenti di serenità e di pace che devono rappresentare i fari di una esistenza vera e non ridotta ala diffusione di apparenze e azioni e comportamenti vuoti quanto superficiali.
Chiamiamoli pure momenti di rinascita o rigenerazione che si possono costruire in tanti modi che non sto qui ad elencare e che consentono di vivere la solitudine come un dono e non come un peso non voluto e imposto da circostanze a noi estranee.
Oggi forse più che mai c'è bisogno di questa solitudine che poi ci può permettere di migliorare sia la comunicazione col nostro io profondo che con gli altri, a cominciare dalle persone a noi più care.

Yvan Rettore




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