venerdì 14 maggio 2021 - UAAR - A ragion veduta

La secolarizzazione anche nella scuola… britannica

Da decenni il mondo occidentale vede una profonda secolarizzazione, con una quota crescente di persone che si dichiarano non credenti e un calo generalizzato della pratica religiosa. Sebbene sia di moda mettere in discussione il paradigma della secolarizzazione, il fenomeno si afferma in maniera multiforme. 

Non si può ignorare, al di là della quota minoritaria dei fedeli di religioni diverse dal cristianesimo – in particolare, a preoccupare certuni è l’islam – che i non affiliati si vanno affermando come realtà sociale di massa. Un cambiamento sociale e culturale mai visto, che si apre anche alle future generazioni: i non credenti, per quanto meno ossessionati a riprodursi rispetto ai religiosi, comunque di figli ne fanno. E pretendono, giustamente, che anche la scuola per i loro figli sia più laica.

Nel Regno Unito il recente censimento ha rilevato – e confermato – che ormai la maggioranza della popolazione non si dichiara più cristiana. Un apparente paradosso, in un paese che da secoli vanta una certa tradizione religiosa e dove, tra l’altro, la regina è formalmente a capo della Chiesa anglicana e i prelati hanno di diritto seggi nella Camera dei Lord. Si apre quindi anche in Gran Bretagna la questione di come garantire un insegnamento il più possibile laico e plurale, per superare incrostazioni religiose sempre meno attuali. Nel paese è in vigore da decenni la materia Religious Education (in breve, RE), non nel curriculum ma obbligatoria. Anche se diventata col tempo più pluralista, permangono problemi per l’approccio multiculturalista, con frequenti attriti per gli insegnamenti retrogradi delle faith school o per le proteste degli integralisti religiosi. Ma la Gran Bretagna offre comunque un’evoluzione con spunti interessanti.

In Galles, il parlamento locale qualche settimana fa ha approvato una riforma dell’insegnamento scolastico che, tra i vari punti, ha inserito le filosofie non religiose in RE, che viene rinominato quindi Religion, Values and Ethics (RVE). Al contempo, sono stati respinti vari emendamenti che avrebbero comportato un forte condizionamento di parte durante le lezioni, nel nome delle tradizioni religiose, senza la possibilità dei genitori di opporsi. Viene inoltre garantito il diritto, per gli alunni che frequentano scuole religiose convenzionate, di avere un insegnamento di RVE il più possibile neutrale, non quello correntemente somministrato dalle faith school, spesso problematico.

Intanto l’Ofsted (Office for Standards in Education), l’ispettorato scolastico britannico, ha pubblicato un rapporto in cui chiarisce che l’insegnamento religioso nelle scuole deve comprendere tanto le religioni quanto la filosofia laico-umanista, per poter essere definito di “alta qualità” nel curriculum. L’ispettorato ricorda che “gli alunni entrano in un dibattito ampio sulle tradizioni religiose e non religiose che hanno forgiato la Gran Bretagna e il mondo” e che il RE “permette agli alunni di prendere il proprio posto in una variegata società multi-religiosa e multi-laica”. Anche l’insegnamento delle filosofie non religiose, ricorda l’Ofsted, deve essere plurale e approfondito: dato che spesso l’umanismo viene ridotto all’ateismo in quanto non credenza in una divinità, ma in questo modo “gli alunni non avranno una conoscenza ampia dell’umanismo come stile di vita”.

Un paese che sta prendendo consapevolezza di uno scenario culturale variegato, e che non tratta chi non è religioso come un cittadino di serie B. L’Italia invece, se paragonata al panorama britannico, mostra ancora i segni di una profonda arretratezza nella scuola su cui pesa l’influenza della Chiesa cattolica e l’atteggiamento ossequioso, in maniera bipartisan, della classe politica. Una delle eredità nefaste del nuovo” concordato con il Vaticano è l’insegnamento della religione cattolica (IRC), con insegnanti e programmi scelti dai vescovi (che non mancano di essere invadenti spesso pure a scuola). In teoria l’IRC è facoltativo, ma di fatto l’alternativa non viene adeguatamente valorizzata e spesso – anzi di fatto – viene negata dagli istituti, con problemi enormi creati a studenti e genitori. Come ci viene testimoniato frequentemente. L’educazione sessuale? Neanche a parlarne, altrimenti qualche bigotto potrebbe arrabbiarsi o paventare complotti “gender”.

Nessuna forza politica ha il coraggio di promuovere un vero cambiamento laico nella scuola. Se l’Italia è ancora indietro, come tanti lamentano, come si possono mutare le cose? La trasformazione sociale in senso laico, di cui spesso la politica prende atto successivamente e asseconda (anche solo per fini elettoralistici), può essere innescata se sempre più persone si dichiarano apertamente non religiose. Si può fare in tanti modi, dallo sbattezzo al richiedere legittimamente che le scuole garantiscano l’alternativa e blocchino pratiche moleste di religiosi o integralisti. Solo così atei e agnostici hanno la possibilità di far emergere le proprie istanze. Altrimenti, a dettare legge (pure a scuola), saranno sempre preti e clericali.

Valentino Salvatore

 




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