giovedì 15 febbraio - Antonio Mazzeo

La scuola va alla guerra. Inchiesta sulla militarizzazione dell'istruzione in Italia

Nel volume “La scuola va alla guerra. Inchiesta sulla militarizzazione dell’istruzione in Italia” l’autore descrive le modalità con cui la scuola italiana sta abdicando alle sue funzioni educative e formative delle nuove generazioni, consentendo alle Forze Armate e alle aziende produttrici di armi di occupare ogni sfera della didattica per fini ideologici assolutamente in contrasto con i valori costituzionali della difesa delle libertà, della democrazia, della giustizia sociale e della pace su cui si dovrebbe fondare l’istruzione pubblica.

Antonio Mazzeo avvia la sua riflessione descrivendo alcuni dei processi più drammatici che stanno investendo la scuola italiana. “Contemporaneamente alla privatizzazione e precarizzazione del sistema educativo, si assiste a un soffocante processo di militarizzazione delle istituzioni scolastiche e degli stessi contenuti culturali e formativi”, afferma l’autore. “Come accadeva ai tempi del fascismo, le scuole tornano a essere caserme mentre le caserme si convertono in aule e palestre per formare lo studente-soldato votato all’obbedienza perpetua. Nelle scuole di ogni ordine e grado si sperimentano comportamenti, percorsi e curricula del tutto subalterni alle logiche di guerra e agli interessi politico-militari, complici innanzitutto i governi che si alternano alla guida del Paese, gli inamovibili burocrati del ministero dell’Istruzione (e, oggi, del Merito) e i dirigenti reclutati ormai solo se rigidi osservanti del pensiero neoliberista e militarista imperante”.

Gli esempi descritti sono numerosi anche se poco noti all’opinione pubblica e agli stessi educatori e insegnanti, per lo più disattenti o forse anche normalizzati dai disvalori imposti nella società italiana dalle dissennate logiche del mercato. “Accade così che alle città d’arte, ai musei e ai siti archeologici, presidi e docenti preferiscano sempre più le visite alle basi Usa e Nato «ospitate» in Italia in barba alla Costituzione; o quelle alle caserme, agli aeroporti, ai porti militari, alle installazioni radar e alle industrie belliche”, afferma Mazzeo. “Non c’è giorno che gli studenti non vengano chiamati ad assistere a cerimonie e parate militari, presentat’arm e alzabandiera, conferimenti di onorificenze, mostre di antichi cimeli o di più moderne tecnologie di distruzione. Ci sono poi le attività didattico-culturali affidate a generali e ammiragli docenti (dalla lettura e interpretazione della Costituzione e della Storia all’educazione ambientale, alla salute, alla lotta alla droga e alla prevenzione dei comportamenti classificati come «devianti», bullismo, cyberbullismo, ecc.); i cori e le bande di studenti e soldati; gli stage formativi su cacciabombardieri, carri armati, sottomarini e fregate di guerra; l’alternanza scuola-lavoro a fianco dei reparti d’élite delle Forze Armate o nelle aziende produttrici di armi. Il frenetico attivismo dei militari in ambito scolastico si manifesta anche con la raccolta e la donazione di libri e ausili didattici a studenti e istituti svantaggiati; l’istituzione di borse di studio o premi intitolati a «eroi» di guerra o a deceduti nel corso delle missioni internazionali; il lobbying sugli enti locali per intitolare nuovi plessi scolastici a dispersi in combattimento o a decorati con medaglie d’oro al valor militare”.

Mazzeo esprime altresì profonda preoccupazione per la “progressiva trasformazione delle strutture scolastiche a fini sicuritari” con l’installazione di videocamere agli ingressi e nei corridoi e la proliferazione di dispositivi elettronici identificativi e di controllo sociale (tornelli ai portoni, l’obbligatorietà per studenti e docenti a indossare badge, l’illegittima imposizione all’uso del rilevatore elettronico delle presenze del personale educativo, ecc.).

“In un vero e proprio clima di caccia alle streghe e criminalizzazione generale, questori e prefetti ordinano le incursioni delle forze di Polizia all’interno delle aule con perquisizioni a tappeto e cani antidroga sguinzagliati a sniffare zaini, giacche e cappotti”, spiega l’autore. “Proliferano altresì i divieti di riunione e delle attività autogestite degli studenti e i locali scolastici vengono dichiarati off-limits in orario pomeridiano, mentre viene minacciata l’azione penale e civile contro ogni forma di occupazione”. Al rafforzamento del processo di militarizzazione del sistema scolastico concorrono poi l’approvazione di leggi che hanno conferito ai presidi poteri illimitati e istituzionalizzato gerarchie e discriminazioni tra gli insegnanti; la precarizzazione de iure e de facto della figura e delle funzioni del docente; il dilagante esautoramento degli organi collegiali; l’uso indiscriminato dei procedimenti amministrativi contro il personale della scuola disobbediente.

Nel capitolo finale del volume l’autore prova tuttavia a suggerire possibili percorsi educativi alternativi per “smilitarizzare” l’istruzione a sostegno della pace e del disarmo, della libertà di espressione e insegnamento, della scuola pubblica e dei valori fondamentali di uguaglianza formale e sostanziale e di giustizia sociale.

è un insegnante, peace-researcher e saggista impegnato
nei temi della pace, del disarmo, dell’ambiente, dei diritti umani e della lotta
alle criminalità mafiose. Collabora con Il Manifesto e altre testate giornalistiche nazionali e nel 2020 è stato premiato dall’Archivio Disarmo con la “Colomba d’oro per la Pace” quale riconoscimento “per aver interpretato per anni il giornalismo
e la scrittura come una missione di difesa dei diritti umani e di denuncia delle ingiustizie”. È tra i promotori dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. 




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