giovedì 28 dicembre 2017 - Gerardo Lisco

La rottamazione dei rottamati

 

Il conflitto di interesse che si evince in modo chiaro e netto dalla commissione presieduta da Casini in merito all’affaire Banca Etruria rivela in modo chiaro e netto l’inconsistenza della classe dirigente nata sull’oda della “rottamazione” di Renzi e sull’ascesa del modello politico inaugurato da Berlusconi.

La politica non può essere ridotta a pure e semplice estetica. La politica è in primo luogo capacità di interpretare la realtà sociale, capirne le contraddizioni e partire da quelle per proporre un progetto politico.Se Berlusconi nasce all’insegna della “rottamazione” della classe politica, quella si classe politica, della Prima Repubblica, Matteo Renzi prosegue con lo stesso modello e con la stessa comunicazione. L’obiettivo di Renzi è la rottamazione della classe politica che aveva guidato il centrosinistra nella Seconda Repubblica.

La “rottamazione” delle classi dirigenti di per sé non significa nulla se non si ha cultura politica, visione del mondo, competenze, se non si è persone delle istituzioni.

Con la caduta nella polvere di Maria Elena Boschi, di Matteo Renzi e di tutto l’entourage di fatto crolla il sistema della Seconda Repubblica. Il primo colpo all’impianto della Seconda Repubblica e della sua evoluzione in senso “bonapartista” lo ha dato il referendum del 4 dicembre scorso sulla Costituzione. L’impianto costituzionale che potenziava l’esecutivo in nome di modello “bonapartista” che aveva nel Presidente del Consiglio una sorta di monarca repubblicano legibus solutus, il secondo colpo è stato inferto dai dati sulle politiche economiche sin qui condotte riconducibili ad alcuni dati esemplificativi: 10 milioni di italiani in povertà, 13 milioni coloro che rinunciano a curarsi per mancanza di denaro, disuguaglianza crescente tra aree geografiche e pezzi di società, crescita del lavoro precario nonostante gli interventi del governo, riduzione delle tutele, disoccupazione delle fasce di età giovane che tocca il 40%, ecc.

Nel 2013, all’indomani della non vittoria dell’alleanza guidata da Bersani “Italia bene comune”, dopo il governo lacrime e sangue guidato da Monti e sostenuto da tutte le forse politiche presenti in Parlamento, gli italiani si aspettavano Governi in grado di offrire una controparte credibile rispetto ai sacrifici che avevano dovuto sopportare nella passata legislatura. Di quei sacrifici e della inutilità di quei sacrifici, soprattutto nel popolo di centrosinistra imputavano il gruppo di dirigente del PD e nello specifico lo stesso Bersani e a seguire D’Alema. Per cui la “rottamazione” di Renzi viene accolta con un senso di liberazione. Molti vedono nel giovane rottamatore e nel suo entourage della quale la Boschi, per competenza e bellezza, è la punta avanzata, una speranza. Non è un caso che alle elezioni europee il PD supera il 40% dei voti, cioè 11 milioni di voti. La luna di miele dura un bel po’.

C’è voluto tempo perché gli italiani capissero che dietro l’estetica giovanilistica e il tono arrogante e sprezzate, non c’era nulla. Estetica e toni mascheravano il vuoto, il nulla. I poteri forti, da Marchionne a Bini Smaghi, passando personaggi autorevoli come il Presidente emerito Napolitano o l’ex direttore/fondatore de la Repubblica Scalfari, si sono limitati ad imporre un personaggio da operetta come Renzi utile a guidare il processo di reazione neoliberista ed oligarchica funzionale alla ristrutturazione del sistema Italia in funzione della costruzione dell’Europa Carolingia.

Oggi, di fronte al collasso della Seconda Repubblica, i ceti dominanti, i poteri forti, offrono, Renzi il giovanotto della Provvidenza da opporre al populismo del M5S e della Lega, in pasto alla plebe cercando in questo di restare a galla per l’ennesima volta. Come successe all’indomani della fine della Prima Repubblica, dovuta non a “tangentopoli” questa è la vulgata comune utile per la solita plebe, alla fine del mondo in blocchi, siamo a un bivio.

Le questioni sono tante dal fiscal compact del quale nessuno parla ma che ci imporrà tagli alla spesa pubblica da 40 – 50 miliardi l’anno, alla crescente disgregazione sociale e territoriale tra nord e sud, alla necessità di dover costruire una nuova UE, alla ripresa che è inconsistente, ecc. In una parola siamo in presenza di costi cha dovranno essere caricati a pezzi di società, resta da capire quali? 

Che Renzi e il suo entourage siano nella polvere è poco male, ciò che è difficile capire è cosa si prospetta per la prossima legislatura. Spero solo che la campagna elettorale si mantenga nei limiti del confronto civile e che non sfoci in terapie shock tali da mettere in pericolo la stessa Democrazia.  




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