mercoledì 3 maggio 2017 - Aldo Giannuli

La proposta di riforma elettorale del M5s: quantomeno discutibile. Ecco perché

In forma non ufficiale, il M5s ha avanzato una proposta di mediazione sulla riforma elettorale, per bocca del vice Presidente della Camera Luigi di Maio, poi parzialmente rettificata da Danilo Toninelli. Sostanzialmente si tratterebbe di un rifacimento dell’”Italicum” renziano rispetto al quale si operano queste variazioni:

a.  abolizione dei capilista bloccati
b.  aumento della soglia di sbarramento al 5%
c.  abbassamento del limite per ottenere il premio di maggioranza, dal 40 al 35%

La prima misura è decisamente condivisibile: i capilista bloccati sono una bruttura. Però si tratta di un passo insufficiente, perché, bloccati o no, i capilista hanno sempre un vantaggio sugli altri, perché sono invitati più spesso in Tv o sui giornali, godono del vantaggio di immagine di “rappresentare il partito”, o anche semplicemente di avere il numero 1 che diversi elettori votano in automatico. Per cui, se non si mette mano all’assurda divisione del territorio in 100 circoscrizioni di 5/7 candidati l’una, si ha lo stesso un Parlamento in larga parte di “nominati” che hanno avuto il posto di capolista per grazia ricevuta. Quindi la misura va bene, ma occorre ridurre il numero delle circoscrizioni a circa un terzo per avere qualche effetto reale sulla composizione del Parlamento.

Più discutibile è la seconda misura: aumentare il livello della clausola di sbarramento e per diverse ragioni. In primo luogo perché questo significa un elevato rischio di dispersione, con conseguente aumento di disrappresentatività del sistema elettorale: a rischio sarebbero almeno 4 liste nazionali (Fratelli d’Italia, Nuovo centro destra/Ala/casiniani, Mdp e Sinistra Italiana) senza contare le piccole liste che si presentano sempre e che spesso ottengono complessivamente il 6-7% dei voti.

Insomma, in totale rischieremmo di lasciar senza rappresentanza oltre il 20% dell’elettorato (che non mi pare una cosa granché democratica) o più probabilmente di spingere ad entrare nei listoni di Pd, Forza Italia e Lega (ovviamente non M5s che non fa accordi con nessuno).

Peraltro una simile misura avrebbe un effetto sistemico non particolarmente desiderabile: di fatto sancirebbe il monopolio di rappresentanza dei primi 3-4 partiti (Pd, M5s, Forza Italia e Lega). Cioè l’accordo spartitorio della grande partitocrazia (ma è questo che il M5s vuole?). Come abbiamo detto, le liste minori sarebbero indotte a entrare nella lista del vicino più forte (FdI nella Lega, centristi in Forza Italia o Pd, Mdp-Campo progressista e Sinistra italiana nel Pd) dunque un favore a Forza Italia e, soprattutto al Pd che potrebbe assorbire o decretare la morte per soffocamento dei suoi vicini di sinistra, con la solita solfa del “voto utile” e fermare così la sua emorragia.

Al contrario, il M5s non avrebbe alcun vantaggio da questa mossa, non avendo, almeno per ora, piccoli sfidanti da azzerare o assorbire. Anzi, il M5s avrebbe interesse a garantire la presenza dei piccoli per erodere i suoi concorrenti di centro destra e “centrosinistra”, e sfruttare al massimo la sua posizione di preferito nei sondaggi. Per cui non si capisce che senso abbia questa proposta da parte del M5s.

E neppure si può dire che questo favorisca la governabilità, visto il vero problema, in questo senso è prodotto dalla tri-quadri partizione del corpo elettorale rispetto al quale, la presenza di forze minori (nel caso nessuno ottenga il premio di maggioranza) potrebbe essere utile alla formazione di una maggioranza che non sia un accordo fra due dei poli maggiori, coalizione di durata presumibilmente breve.

Dunque, proprio non si capisce il perché il M5s faccia sua questa proposta autolesionistica, a meno che non ci siano già mezzi accordi sotto banco con il Pd, cui si concede questo regalo, in cambio della modifica del punto successivo (soglia per il premio di maggioranza). Ma questo non lo credo: significherebbe l’omologazione del M5s al sistema di partiti esistenti, facendone uno dei tre soci di riferimento della nuova partitocrazia, quel che Grillo e Casaleggio, ne sono convinto, non permetterebbero.

Ma veniamo al punto più importante: l’abbassamento al 35% della soglia per il premio di maggioranza che, peraltro, era la proposta di Alfano (insieme al ritorno delle coalizioni).

La prima obiezione è che in questo modo si accentua la disrappresentatività del sistema, dato che il premio passerebbe dall’attuale limite del 14% (40% di voti contro il 54% di seggi) al 19% (35% di voti e 54% di seggi). E già qui siamo in limiti che potrebbero portare ad una nuova declaratoria di incostituzionalità, ma se poi ci sommiamo quel possibile 15-20% di voti non rappresentati in Parlamento, porterebbe a risultati di non rappresentatività fra il 35 ed il 40%. Complimenti!

E ci voleva il M5s per fare una porcheria del genere? Per di più, se per il Porcellum e l’Italicum le sentenze di incostituzionalità hanno colpito Pd e Forza Italia che li avevano voluti, adesso una pronuncia di incostituzionalità colpirebbe anche il M5s che sarebbe stato fra i proponenti: bravi!

Mi piacerebbe avere un confronto pubblico con il genio che ha avuto questa pensata. Capisco che il M5s sappia di avere pochissime probabilità di raggiungere il 40%, e mediti di abbassare la soglia di 5 punti per avere più probabilità di arrivarci ed avere una maggioranza parlamentare che consenta di governare senza alleanze, ma:
 1.  le leggi elettorali non si fanno per far vincere qualcuno, per di più su calcoli momentanei, ma per assicurare un buon funzionamento delle istituzioni (lo abbiamo dimenticato?) per cui non si può essere proporzionalisti o maggioritari a corrente alterna, in base alla convenienza del momento
2.  in questa maniera (e peggio se aggiungiamo le considerazioni già fatte prima sulla clausola di sbarramento al 5%) si rendono più competitivi gli altri: il polo di destra che, se trova un accordo fra Lega e Forza Italia, oggi è vicino al 35% più di quanto non lo sia il M5s (Lega 14%, Fi 15%, Fdi 4% fa già 33% cui potrebbe aggiungersi qualche pezzo di centro) e, quindi, il rischio è quello di lavorare per il Re di Prussia.
3.  Una simile riforma rimetterebbe in gioco anche il Pd che, fermando l’emorragia attuale di consensi con il solito ricatto del “Voto utile” ed aggiungendo qualche pezzo di centro, potrebbe ridiventare competitivo ai fini del premio di maggioranza soprattutto per la tornata successiva (qualora nessuno prenda il 35% in queste politiche e la legislatura si sciolga dopo un paio di anni ). Bel capolavoro!
4.  come sempre, con le manipolazioni di tipo maggioritario, quel che ti avvantaggia oggi, ti svantaggerà domani e, forse, sarebbe il caso di abbandonare questa insana usanza di cambiare sistema elettorale ad ogni tornata elettorale
5.  questo significa tornare a dare impulso al principio maggioritario, mentre lasciare le cose come stanno va nel senso della trasformazione in senso proporzionale che era quello che il Movimento aveva scelto tre anni fa con la consultazione, come sua filosofia di fondo. Vero è che è sempre possibile modificare le proprie posizioni, ma questo presuppone che lo faccia chi ha deciso la posizione precedente. In altri termini, non si può disinvoltamente passare da una cosa all’altra senza interpellare nuovamente la base in una consultazione on line.
6.  Una simile capriola espone il M5s ad un forte danno di immagine, dato che sarebbe facile dipingere il M5s come proporzionalista quando era in posizione minoritaria, e maggioritario quando gli conviene. Cioè il classico comportamento opportunista di tutti i partiti che dice di combattere.

Ma io non credo che questa sia davvero la posizione del M5s: penso piuttosto che sia stato un balon d’essai non particolarmente meditato e sul quale il movimento avrà modo di tornare a riflettere. Però, amici, attenti a non fare errori in una fase così delicata e non facciamo regali al Pd.




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