sabato 2 novembre 2013 - angelo umana

La prima neve (distanze inesistenti)

“Le cose che hanno lo stesso odore devono stare insieme”: è la frase chiave del film. La pronuncia Pietro, l’anziano montanaro allevatore di api, esperto nei mestieri che la vita in montagna comporta, suocero di Elisa, giovane vedova e madre di Michele, 11enne che le dà qualche problema per la smania di crescere, che soffre della mancanza improvvisa e irrisolta di suo papà, comunque di una figura maschile ferma e affidabile che lo accompagni. Papà era uno scalatore che “non cadeva mai” ma che la montagna ha fatto cadere per sempre.
 
Dani lavora presso Pietro, proviene da Lomé, Togo, vedovo a sua volta, la moglie Layla è morta sulle coste italiane, incinta, all’arrivo di un barcone di disperati un anno prima, dalla donna fu fatta nascere Fatou, fagotto divenuto pesante per Dani che vorrebbe andarsene lontano dalla bimba, i cui occhi sono troppo uguali a quelli della mamma. La scena iniziale è vista dal pavimento dove Fatou è seduta, fa vivere il senso di estraneità della bambina mentre invoca l’attenzione del papà, che la ignora.
 
Questi due nuclei familiari hanno in fondo lo stesso odore – un dramma alle spalle – perciò non potranno separarsi, qualcosa li accomuna nonostante i luoghi d’origine siano così distanti, il caso li ha fatti incontrare come in un gioco ad incastro. I tronchi degli alberi vengono a lungo osservati dalla macchina da presa, sembrano pareti di montagne, ed è proprio il legno che Dani sa lavorare, ne ricava oggetti e sculture, scolpisce la testa di Layla da lasciare in ricordo alla sua bambina, quando ha deciso di partire per Parigi in cerca dei suoi amici e di un altro lavoro. Quella sera è la prima volta che osserva da vicino Fatou, la guarda dormire e ne ascolta il respiro.
 
Anche con questo film Andrea Segre racconta di distanze che se esistono nella geografia o nella lingua (la valle è un’isola germanofona) non reggono tra le persone, più vicine tra loro di quanto gli egoismi fanno ritenere. Si potrebbe dire anche film di valorizzazione del territorio, una pubblicità che reclamizza a lungo quella valle (Val de Mòcheni o del fiume Fèrsina, che arriva a Pergine Valsugana, provincia di Trento) se ne vedono i fumi e i vapori, lo splendido autunno e “La Prima Neve”, ma sembra di sentire gli odori provenienti dalle case e dalla legna.
 
Non si vede perché, a parte gli affetti creatisi e i legami intravisti, Parigi dovrebbe essere più accogliente di una valle sincera del Trentino e delle nostre preziose montagne, che nel precedente “Io sono Li” venivano osservate a distanza, dalla laguna di Chioggia. Un ottimo film, per lo scopo sociale che può avere e per la vicinanza che si crea tra lo spettatore e gli attori: la camera stretta sui visi ne fa indovinare i pensieri e le emozioni. Vi partecipano pure Citran e Battiston, con Paolini come produttore: squadra che vince non si tocca.




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