lunedì 11 novembre 2019 - Piero Tucceri

La nostra storia è finita?

“Quando il mondo classico sarà esaurito, quando saranno morti tutti i contadini e tutti gli artigiani, quando l'industria avrà reso inarrestabile il ciclo della produzione e del consumo, allora la nostra storia sarà finita”.

Pier Paolo Pasolini

La città di Chieti ha dedicato una strada, o meglio, in sintonia con l'odierna contingenza sociopolitica, una “salita” a Giacinto Auriti, un insigne giurista deceduto nel 2006. Il suo merito consiste nell'aver teorizzato “la proprietà popolare della moneta”.

Accogliendo il postulato di Auriti, si rischia però non soltanto di apparire anacronistici, ma di essere accusati dello infamante reato di “sovranismo”. Un reato nel quale incorre del resto nel suo primo articolo la stessa Costituzione.

Questo controsenso appare ancor più stridente dopo la nascita del “Partito Tasse & Manette”, frutto delle vulcaniche menti di Luigi Di Maio, Nicola Zingaretti e Giuseppe Conte, dotatosi persino di un organo di informazione come “Il Fatto Quotidiano” diretto da Marco Travaglio, anche conosciuto come “Marco Manetta”.

Costoro hanno escogitato severe sanzioni nei confronti delle persone comuni, come gli idraulici o i barbieri, che, a loro avviso, sarebbero i più temibili evasori ed elusori fiscali, mentre si dimostrano assolutamente irresoluti nei confronti degli evasori ed elusori veri: di quei faccendieri, cioè, dediti alla sistematica distrazione di ingenti somme di denaro, quasi esclusivamente manipolato in forma elettronica, grazie soprattutto alle normative di favore ricevute da una classe politicante sempre più incapace e corrotta.

Secondo il nostrano scioperato sottobosco politicante, la moneta non apparterrebbe più al popolo. Bisogna specificare che in questa raggirante iniziativa, essi ricevano un validissimo supporto da tantissimi gonzi sempre disponibili ad affrontare gli argomenti più seri con la stessa mentalità dei tifosi del calcio, piuttosto che con il ponderato ragionamento.

A loro avviso, ora la moneta apparterrebbe alle banche e alla finanza glebalista, e non globalista, mutuando il termine dal filosofo Diego Fusaro. Così sarà ancor più agevole per costoro instaurare quella terrificante dittatura finanziaria dalla quale ciascun individuo cogitante dovrebbe tenersi ben lungi, e della quale il volgo ne acquisisce la percezione soltanto dopo la sua irreversibile affermazione.

In democrazia, ma in quella vera e non in quella orwelliana, è il “dèmos” chiamato a controllare e a tracciare il “kràtos”. Ecco perché dovrebbe essere il “dèmos” a pretendere da tutti i politicanti, a partire dai consiglieri comunali fino a salire ai vertici istituzionali, oltre che da coloro comunque delegati alla gestione del pubblico denaro, una documentazione almeno equivalente a quella ISEE normalmente pretesa per la gente comune. Questo non per assicurargli l'accesso ai servizi sociali, dei quali francamente non hanno bisogno, quanto per disporre di significativi parametri di riferimento segnatamente alle rispettive situazioni patrimoniali e finanziarie prima e dopo gli incarichi ricevuti.

Nella democrazia orwelliana però questo non succede. E, fatto ancor più grave, nessuno lo pretende. Così facendo, si concede ampio spazio di manovra al “kràtos”, sempre più determinato a mandare in miseria la gente comune nella sua ormai compulsiva ricerca di fondi necessari per pagare il pizzo a questa farsa di europa. Ormai si parla soltanto di lotta all'evasione fiscale. Alla presunta evasione fiscale del piccolo, naturalmente. Non si parla invece della lotta alla corruzione ed evasione fiscale in ambito politicante e finanziario. E siccome ormai non sanno più dove rivolgersi per raggranellare i soldi da regalare a questa democlasta europa, spremono impietosamente i soliti fessi. Cioè i loro sudditi. Perché qualora costoro si dimostrassero Cittadini, allora sarebbero capaci di arginare efficacemente le loro scelleratezze.

Solo che qui succede il contrario: il “kràtos” seguita a colpire sempre più duramente un “dèmos”, divenuto ormai volgo. Proprio come succede nell'oligarchia e quindi nella dittatura.

 

 

 

 

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