lunedì 25 novembre 2024 - Fabio Della Pergola

La nascita alternativa di Israele. Un romanzo ucronico

Questo articolo costituisce la presentazione di un mio libro.

Ma prima di parlarne è necessaria una premessa.

Nell’immeditezza della vittoria israeliana nella guerra dei Sei giorni (5-10 giugno 1967) lo storico Isaac Deutscher, ebreo polacco naturalizzato britannico, fu intervistato dalla New Left Review, una nota rivista politica della sinistra inglese.

Fra le molte cose che disse, una particolare dichiarazione è rimasta impressa nella memoria collettiva al punto da ritornare più volte nelle discussioni, spesso polemiche, successive alla reazione israeliana al massacro di Hamas del 7 ottobre.

«Furono gli arabi palestinesi a dover pagare il prezzo dei crimini commessi dall’Occidente nei confronti degli ebrei (...) La responsabilità della tragedia degli ebrei europei, di Auschwitz, di Majdanek e delle stragi del ghetto, ricade interamente sulla nostra “civiltà” borghese occidentale, di cui il nazismo è stato il figlio legittimo, anche se degenerato. Eppure furono gli arabi a dover pagare il prezzo dei crimini commessi dall’Occidente nei confronti degli ebrei...»

Questo punto di vista di fatto assolve (giustamente) gli arabi palestinesi dai crimini commessi dall’Occidente verso gli ebrei, ma certo non dei loro crimini verso gli ebrei. Resta però rilevante perché è noto che gran parte degli ebrei immigrati nella Palestina mandataria era in fuga dall’Europa.

Ci sarebbe molto da aggiungere su questa tematica. Ad esempio che uno dei crimini occidentali, oltre a discriminazione, persecuzione e infine sterminio degli ebrei europei, fu anche quello di chiudere la porta in faccia agli ebrei in fuga - si vedano gli esiti negativi della Conferenza di Evian del 1938 convocata appositamente per affrontare il problema dei profughi di etnia ebraica. Finirono chiusi di fatto in una sacca mortale senza via d'uscita.

Non solo gli esecutori erano colpevoli, ma in un certo senso erano responsabili della loro fine orrenda anche coloro che rifiutarono ogni accoglienza.

E quindi ne furono responsabili anche i nazionalisti arabo-palestinesi che si ribellarono all'immigrazione ebraica e imposero ai britannici una modificazione dei termini della Dichiarazione Balfour che erano stati compresi anche nel Mandato della Società delle Nazioni con cui si affidava alla Gran Bretagna l’amministrazione del territorio. All’articolo 2 il Mandato riportava infatti, alla lettera, che «il Mandatario sarà responsabile di porre il Paese in condizioni politiche, amministrative ed economiche tali da garantire la creazione di una patria nazionale ebraica, come stabilito nel preambolo, e lo sviluppo di istituzioni autonome.» Con il Libro Bianco del 1939 questa possibilità fu decisamente archiviata e l’impedimento all’immigrazione ebraica in Palestina divenne più rigido.

Come già accennato la frase di Deutscher non assolveva gli arabi dai loro specifici crimini verso gli ebrei, come quello contro l’antica comunità di Hebron (che pare risalisse alla fine delle Crociate), aggredita da nazionalisti palestinesi, massacrata e infine espulsa dalla città con modalità molto simili a quelle del 7 ottobre 2023. Questo massacro, ben diverso dai tumulti di piazza che avevano già causato vittime da una parte e dall'altra, inaugurò in quel territorio, vent’anni prima della Nakba, la prassi sterminatoria di civili inermi, in gran parte non politicizzati, e la prassi della pulizia etnica.

Pogrom antiebraici precedenti furono numerosi, andando indietro nel tempo, ma per un approfondimento rimando ai testi degli specialisti (ad esempio Georges Bensoussan o Bernard Lewis).

Resta il fatto che il contenuto più significativo della frase di Deutscher è condivisibile: se parliamo di Shoah è indiscutibile che essa fu un crimine europeo. Così come è indiscutibile che il prezzo di quella immane colpa non è stato mai pagato in alcun modo da quegli europei che ne portavano la responsabilità. Per tanti motivi che qui è superfluo ricordare, Israele nacque in Medio Oriente e a farne le spese furono (anche se si sarebbe potuto trovare un accordo che non si volle trovare) gli arabi palestinesi.

Su queste premesse è nato il mio romanzo ucronico: prendendo per buona la frase di Deutscher senza troppo cavillare, mi sono chiesto in che modo sarebbe stato possibile far pagare agli europei la colpa del loro antisemitismo. La risposta, forse banale, è che lo Stato di Israele sarebbe dovuto nascere, per riscuotere la libbra di carne dovuta, almeno su parte dei territori dei tre Stati che per primi vararono le leggi razziali: Germania (dal 1935), Austria (dall’Anschluss del 1938) e Italia (anch’essa dal 1938).

L’Israele del romanzo nasce quindi a cavallo delle Alpi, fra Baviera, Tirolo e Veneto. Naturalmente con il benestare delle due superpotenze dell’epoca, la silente approvazione inglese e il trattenuto entusiasmo del leader palestinese. E in seguito a un complesso Nuovo Esodo della popolazione ebraica dalla Palestina all'Europa, raccontata attraverso lo sguardo di un militare del nuovo esercito che diventa il (non invadente) protagonista del libro.

Poi mi sono chiesto se questa soluzione sarebbe stata davvero praticabile e se avrebbe retto alle medesime difficoltà che l’Israele della realtà ha trovato nel corso del suo sviluppo storico: l'opposizione dei nativi arabi, il contrasto anche militare degli Stati confinanti, il voltafaccia delle potenze che in principio l’avevano sostenuta (nella realtà fu il caso dell’Unione sovietica che da prima potenza a sostenere militarmente lo stato ebraico con la fornitura di materiale bellico durante la guerra del 1948, poi decise o fu indotta dalla scelta israeliana di ancorarsi al mondo liberaldemocratico, di appoggiare gli Stati arabi anziché gli ebrei). La risposta solo leggendo il libro.

Rapporti camerateschi, una liaison con una bella francese, trame politiche, agenti segreti e militanti di formazioni nostalgiche, arricchiscono la trama di una storia che è individuale e collettiva nello stesso tempo.

Su questa traccia si è sviluppato il libro che contiene, inutile nasconderselo, molti riferimenti all’attualità per quanto traslati nel tempo e nello spazio nella finzione letteraria. Ognuno può poi fare i nessi che vuole con la realtà storica.

Una postfazione cerca anche di spiegare cosa mi passava per la testa durante la stesura del libro. Spero che possa interessare.

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