lunedì 22 agosto 2011 - Nello Russo

La manovra estiva, tra lacrime di coccodrillo e sangue caldo

Berlusconi e la casta hanno preparato un bel pacco in cui sono contenuti gli strumenti utili per ridurre i lavoratori italiani in schiavitù, come se si seguisse una sorta di cartello sottoscritto in Italia ed in Europa tra le banche, la grande impresa, i partiti e le centrali sindacali, in base a cui si vuole lasciare inalterato l'equilibrio di potere del sistema macroeconomico e sottoporre al suo controllo totale i bisogni reali del cittadino comune.

La manovra finanziaria di questa estate, varata dal governo Berlusconi, procurerà profondissimi tagli al lavoro pubblico e notevoli restrizioni dei diritti e degli istituti negoziali di tutti i lavoratori contrattualizzati, come se questi provvedimenti fossero la soluzione possibile del debito pubblico e dello sfascio economico-finanziario dello Stato. Industria e grande impresa, finanza e borsa, economia del capitale, per nulla toccati dalla manovra. La "democrazia berlusconiana" rilancia la questione del controllo sociale del denaro sull'individuo, l'immanenza del mercato nell'organizzazione della vita e dei bisogni dell'essere umano. Pian piano ci stanno togliendo tutto in maniera avida ed indolente, ma essenzialmente significante nei rapporti di forza della biopolitica, affinché ogni cosa sia ricondotta nell'alveo della necessità, secondo un processo di capillare normalizzazione dei fenomeni dell'esistenza umana e dei comportamenti nei campi del lavoro, del tempo libero, della salute, della cultura e dell'istruzione, della famiglia, dell'ambiente e del territorio e così di tanto altro ancora, fino al punto di ridurre la manifestazione di volontà del soggetto alla pratica dell'adeguamento e dell'assoggettamento ai disegni unidimensionali della politica ultraliberista dell'attuale governo e del pensiero dell'intera casta collaterale. Nel frattempo gli scandali, le bancarotte, le associazioni occulte e la massoneria, la corruzione degli apparati, la violenza istituzionalizzata ed altro hanno invaso l'Italia nello stupore generale (!).

E' innalzata la soglia dell'età pensionistica e si restringe il diritto al lavoro per i disoccupati, si rende il lavoro sempre più flessibile ed aumenta la soglia della precarietà, si contrae il salario ed aumenta il costo della vita, mentre la povertà diviene un valore assoluto di un processo, col quale il capitale e l'oligopolio del profitto stanno sempre di più facendo assurgere la logica mercantilista a motivo trainante dello stesso vivere quotidiano. In pratica qualunque manifestazione della convivenza civile sfugge al controllo del desiderio e della speranza degli uomini e su di essa l'oligarchia industriale e finanziaria esercita la supremazia della volontà potestativa incondizionata. In breve, il governo vuole attuare con l'imposizione ciò che una democrazia compiuta rifiuterebbe e cioè ridefinire l'uomo e la sua preziosa attività in strumenti servili in uso del potere politico. Il tutto nel silenzio e, forse, con la compiacenza intellettuale di quanti dovrebbero essere invece tutelari di un grande movimento antagonista animato dall'etica, dalla cultura, dalla politica e dal sindacalismo dell'alternativa e della tutela dei diritti fondamentali, per essere vissuto nel rigoglio della coscienza ontologica e nella consapevolezza della grande forza trascinante dell'agire progettuale.

Berlusconi e la casta hanno preparato un bel pacco in cui sono contenuti gli strumenti utili per ridurre i lavoratori italiani in schiavitù, come se si seguisse una sorta di cartello sottoscritto in Italia ed in Europa tra le banche, la grande impresa, i partiti e le centrali sindacali, in base a cui si vuole lasciare inalterato l'equilibrio di potere del sistema macroeconomico e sottoporre al suo controllo totale i bisogni reali del cittadino comune. Ad aprire la strada alla furia cieca del Governo stanno contribuendo, in parte, Cgil, Cisl e Uil fin dal momento in cui hanno sottoscritto l'accordo del 28 Giugno 2011 quale appendice della soccombenza sindacale alla Confindustria, nelle cui mani è stato consegnato il destino dei lavoratori e dell'economia sociale.

Ritengo che la stessa Cgil, in questo modo, abbia voluto sconfessare la Fiom e irridere la lotta degli operai protesa allo sviluppo dei livelli occupazionali e salariali. Siamo dunque in pieno clima di "restaurazione" che misura i suoi effetti su tutti gli ambiti costitutivi della società, muovendosi ad oltranza contro la necessità di rivisitare le scelte politico-finanziarie sull'armamento dei militari italiani, sulle missione all'estero, sui costi della politica e sui privilegi stipendiali e previdenziali degli alti burocrati. Sicuramente i tagli in questi settori della pubblica amministrazione non sono risolutivi, ma comporterebbero comunque dei risparmi notevolmente sensibili nel bilancio statale. Ed ancora, la manovra finanziaria dovrebbe intervenire sull'abolizione delle Province superando il range territoriale o della popolazione residente, puntando meglio sui Comuni, favorendo la trasformazione di tutti i capoluoghi di Provincia in città metropolitane ed agevolando negli altri casi la formazione di consorzi sovracomunali, per la gestione di tutto quanto verrebbe così dismesso dalla competenza delle amministrazioni provinciali.

La stessa norma, che nei Comuni fino a mille abitanti assolutizza il ruolo del sindaco e cancella il consiglio comunale, è abnorme sotto ogni aspetto poiché esclude il controllo politico sull'operato del sindaco e nega ai cittadini la forma più elementare di partecipazione, per quanto sia ad essi concesso di fare. Grave è anche la scelta delle privatizzazioni selvagge dei servizi pubblici locali, che resteranno impigliati nell'inefficienza a vantaggio solo del libero guadagno delle imprese. La rimodulazione degli assetti previdenziali e pensionistici, così come prevista dalla recente normazione diventa un modo per annichilire il lavoratore sulla falsa questione della maggiore aspettativa di vita, disconoscendo così all'uomo il diritto-bisogno del riposo fisiologico e del ristoro biologico, per godere della libertà dagli orari preordinati e dalla frenesia delle catene di montaggio. Quindi, ferma restando ogni possibile analisi critica della manovra economica estiva, c'è bisogno di intervenire con forza ed urgenza sugli aspetti biopolitici della problematica e contrastare "la devianza" della politica e dell'economia con la quale esse, insieme, pretendono sia di annientare la produzione sociale e l'autodeterminazione umana, che sono fattori del soddisfacimento dei bisogni concreti contro il processo di accumulazione del profitto, sia di propinare l'idea falsa e surrettizia della necessità dello sviluppo fondato sui sacrifici e sui tagli, costruendo ideologicamente uno scenario in cui opulenza e crescita future collideranno necessariamente con l'assenza di un vero e proprio sviluppo delle risorse e delle qualità umane e naturali, nonchè di un'evoluzione ad esso sincrona.

Dunque, non serve accanirsi sui lavoratori, non serve imbrigliare il lavoro nelle maglie dei giochi di borsa o della tematica monetaria, ma bisogna aprire piuttosto il campo alla scelta del pensiero, sempre più necessario, per una diversa politica economica e sociale, che sia partecipe di una nuova razionalità volta al superamento dell'insolubilità delle contraddizioni intrinseche alla natura della globalizzazione del mondo, abbattendone le aporie.




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