giovedì 21 ottobre 2010 - Martino Ferrari

La mafia all’ombra delle Alpi

Questa storia è ambientata a Milano.

Lea Garofalo aveva 35 anni. Collaborava con gli inquirenti dal 2002, fornendo informazioni contro gli affiliati delle cosche di Petilia Policastro (Crotone) nel capoluogo lombardo. Nel maggio 2009 il suo convivente (con il quale aveva avuto una figlia), Carlo Cosco e un complice cercano di rapirla, per poi ucciderla, proprio a causa della collaborazione e delle sue dichiarazioni. Ma il tentativo fallisce.

Tuttavia, qualche tempo dopo, Lea scompare. Ad oggi era scomparsa da circa un anno. Aveva rifiutato il programma di protezione (garantitole fino a quel momento), e si era trasferita a Campobasso. Ma si scopre che Cosco, il convivente, l'ha attirata a Milano con il pretesto di mantenere i rapporti con la figlia, molto legata alla madre. E' a questo punto che Lea Garofalo scompare.

E la verità sulla sua sparizione è orribile. La donna è stata rapita, torturata per giorni e uccisa. Il suo corpo alla fine è stato sciolto nell'acido. Queste sono le conclusioni degli inquirenti.

“Le ragioni poste alla base dell’eliminazione della donna, risiedono nel contenuto delle dichiarazioni fatte ai magistrati, mai confluite in alcun processo, con particolare riferimento all’omicidio di Antonio Comberiati, elemento di spicco della criminalità calabrese a Milano durante gli anni ’90, ucciso per mano ignota il 17 maggio 1995″, scrive il gip Giuseppe Gennari nell’ordinanza di custodia cautelare per il convivente ed altri complici.

“Le dichiarazioni fatte all’epoca dalla Garofalo individuavano, infatti, nei responsabili dell’omicidio l’ex convivente della donna, Cosco Carlo, e il fratello di questi, Giuseppe, detto ‘Smith’ pur non fornendo esaustivi elementi di colpevolezza, in ordine al loro coinvolgimento diretto della dinamica omicidiaria”.

Storie di ordinario orrore e di assassini feroci. La mafia al nord non esiste?




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