venerdì 5 marzo 2021 - UAAR - A ragion veduta

La laicità (in Svizzera) è rimasta offesa

Domenica 7 marzo al di là delle Alpi si svolgerà il prossimo giro di referendum e «Sì al divieto di dissimulare il proprio viso» è una delle tre iniziative in esame.

Di cosa si tratta? Citando l’opuscolo informativo ufficiale della Confederazione: «L’iniziativa popolare chiede che in Svizzera nessuno possa dissimulare il proprio volto. Tale norma sarebbe applicabile in tutti i luoghi accessibili al pubblico come ad esempio per strada, negli uffici amministrativi e nei trasporti pubblici, negli stadi di calcio, nei ristoranti, nei negozi o all’aperto nella natura. Sono previste eccezioni unicamente per i luoghi di culto e per motivi inerenti alla salute, alla sicurezza, alle condizioni climatiche e alle usanze locali. Sono escluse ulteriori eccezioni ad esempio per le turiste che indossano il velo integrale.»

L’iniziativa ha naturalmente sollevato un intenso dibattito, tra chi la vede come una legge per emancipare le donne costrette ad indossare il velo integrale e chi invece la ritiene una norma razzista.

Dal punto di vista dei diritti universali, la motivazione data dal comitato promotore è musica per un orecchio uaarino: “Negli Stati che hanno conosciuto l’Illuminismo come la Svizzera le persone libere, donne e uomini, si guardano in faccia quando si parlano. La dissimulazione del viso nello spazio pubblico non è compatibile con la coesistenza in libertà: i nostri valori vengono calpestati se nella nostra società non si permette più alle donne di essere riconosciute nella propria individualità. Che le donne, proprio come gli uomini, mostrino sempre il proprio volto in pubblico è un elementare principio della parità di diritto. In tutto il mondo le donne lottano per questa libertà e anche a costo di grandi sacrifici cercano di sfuggire all’obbligo di dissimulare il viso e di sottomettersi. Ridurre ironicamente il divieto di dissimulare il viso a una «norma sull’abbigliamento» è una beffa ai danni di tutte le donne che subiscono le derive di un Islam radicale.»

Illuminismo, emancipazione della donna, libertà! Tutto bene quindi? Purtroppo no, vige una certa confusione ai piedi dello Jungfrau e il quesito referendario si inserisce in una diatriba più ampia. Innanzitutto Il comitato promotore dell’ iniziativa ha come membro principale l’UDC, un partito xenofobo che negli anni ha lanciato molteplici campagne referendarie contro gli stranieri, promuovendole con soverchia eleganza. L’UDC poi nel suo programma sostiene esplicitamente di difendere i valori cristiani e i suoi simboli religiosi nei luoghi pubblici. Il riferimento a laicità e diritti universali è di conseguenza meramente strumentale.

Seguendo il terzo principio della dinamica, le opposizioni, Verdi e Partito socialista in testa, si sono invece schierate con forza contro il referendum. Con un approccio molto à la “islamo gauchisme” lo hanno tacciato di islamofobia e alcune associazioni femministe hanno definito l’iniziativa come sessista.

Ricapitolando: un partito conservatore di chiara ispirazione cristiana promuove un referendum ispirandosi ai valori laici illuministi e di emancipazione della donna, mentre le associazioni femministe e i partiti di sinistra si scagliano contro l’iniziativa difendendo nella pratica il velo, un simbolo di oppressione ed umiliazione della donna.

E come detto in precedenza la confusione è ancora più grande perché al contempo a favore del referendum si sono schierati partiti di ispirazione femminista e anche all’interno del partito socialista la discussione è stata tesa.

Ma perché interessarci a quello che fanno in un altro paese? Perché gli andamenti appena descritti si sono visti anche in Italia, in primis la codardia della sinistra che rigetta la laicità e abbraccia il multiculturalismo per paura di apparire (scegli-la-minoranza)foba. A tal proposito ricordiamo il popolo delle sardine che fa parlare sul palco la povera musulmana discriminata col velo o Amnesty International Italia che produce un articolo delirante (e poi ritirato di nascosto) dove paragona il velo imposto per motivi religiosi alla mascherina che si indossa per non tirarci le cuoia. Naturalmente ogni persona deve essere libera di vestirsi come preferisce, ma è ipocrita ignorare che questa grande voglia di coprirsi il capo venga sempre alle donne cresciute in famiglie musulmane.

Queste posizioni sono per l’appunto perfettamente in linea con quelle del comitato per il No al referendum svizzero e dall’altra parte anche la destra italiana adatta la laicità ai propri comodi, ergendosi a novelli Marat quando si tratta dare contro ai musulmani ma ostacolando strenuamente la laicità dello Stato quando bisogna difendere il crocifisso in classe e boicottare l’interruzione volontaria di gravidanza.

Strumentalizzata da un lato e abbandonata dai suoi storici sostenitori dall’altro, non rimarremo inermi di fronte all’assenza di una discussione razionale su cosa significhi laicità. Continueremo con forza a promuovere gli obiettivi che si leggono sulla nostra pagina dedicata: laicità dello Stato, laicità della spesa pubblica, laicità della scuola di tutti, laicità delle istituzioni pubbliche. E ad ogni elezione continueremo a porre ai candidati domande sui temi legati alla laicità dello Stato.

Ai nostri soci e simpatizzanti chiediamo di non farsi ingannare dalle false sirene progressiste del multiculturalismo e di continuare a sostenere i diritti universali. L’unica via che possa portare ad una società giusta per tutti: libertà, uguaglianza e fraternità.

Manuel Bianco

Foto di Вадим Гайсин da Pixabay 




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