lunedì 28 febbraio 2022 - Giuseppe Aragno

La guerra purtroppo è una costante della Storia

Nel linguaggio vile e servile della nostra stampa, i territori che da qualche anno si sono staccati dall’Ucraina sono definiti “autoproclamate repubbliche” del Donetsk e Luahnsk e il recente loro riconoscimento da parte della Russia è descritto come un gesto criminale e senza precedenti.

In realtà, solo trent’anni fa, nel 1991, mentre la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia si dissolveva, proprio l’Ucraina si affrettò a riconoscere la Croazia, seguita a ruota della Germania che, nonostante la CEE avesse chiesto di non procedere a riconoscimenti separati, riconobbe unilateralmente la Croazia e la Slovenia. Naturalmente la foglia di fico di questa infamia divenne il rispetto del principio dell’autodeterminazione dei popoli. Un principio che la pericolosa Germania e la filonazista Ucraina hanno improvvisamente dimenticato.

Se si volesse discutere seriamente di ciò che accade oggi al confine russo, bisognerebbe avere l’onestà intellettuale di cercare la radice dei fatti nella Storia e non nella propaganda. Discutere però, a quanto pare, non si può e non si vuole; c’è la guerra e il massimo che puoi aspettarti da una sinistra fragile e ininfluente è la scelta dell’equidistanza. Gridiamo come al solito “no alla guerra” e là, volenti o nolenti, finiamo col fermarci. Purtroppo però la guerra è una costante nella storia dell’umanità e se vogliamo davvero ripudiarla, occorre definire le responsabilità politiche di chi ci ha condotti dove siamo. E’ l’unico modo di essere davvero solidali con gli sventurati che, impacchettati in una divisa, uccidono e sono uccisi, con tutte le vittime, militari e civili, russe o ucraine. Con loro abbiamo un nemico comune: chi la guerra l’ha voluta.

Senza voler fare azzardati paragoni, occorre anche avere il coraggio di riconoscere che non sempre i responsabili principali sono quelli che la guerra la scatenano e talora è necessario schierarsi.
Ai capi della morente Unione Sovietica Francia, Inghilterra e Germania assicurarono che la NATO non avrebbe acquistato complici nell’Europa dell’Est. Dopo il losco affare delle Torri Gemelle, gli Usa però hanno spinto la NATO verso Est. L’Unione Europea avrebbe potuto impedirlo, avrebbe potuto riconoscere nella Russia un Paese con cui intendersi e cooperare, ma non lo ha fatto. Sarebbe stata una maniera concreta e realistica di lavorare per la pace, ma si volle invece fare della Russia un nemico e cominciò l’accerchiamento. In questo senso, l’Ucraina è l’anello mancante della catena di ferro e di fuoco in cui è stata stretta la Russia.
Putin è un nazionalista, sogna la “madre Russia”, ma dovremmo sapere che questo non vuol dire ripristinare territorialmente l’URSS. La Russia ha la sua storia e la sua dignità e Putin è tutto, tranne che un folle a caccia di fantasmi. Da anni ripete in tutte le lingue che la Russia si sentirebbe minacciata dai missili e dalle atomiche della NATO a quattro passi da casa. Fin quando ha potuto, ha trattato, poi ha messo mano alle armi. L’avrebbero fatto anche gli USA, come accadde per Cuba, ancora stretta d’assedio.

Può apparire una bestemmia, ma è probabile che la risposta militare russa alla cecità degli USA, sempre più declinanti e perciò sempre più pericolosi, sia un contributo doloroso alla creazione di un equilibrio pacifico per il futuro. Una nuova “guerra fredda”? Questo dipende soprattutto dall’Europa. In ogni caso è un equilibrio che la sinistra dovrebbe avere a cuore.
Contro la guerra ciò che resta della sinistra avrebbe agito più efficacemente, se mesi fa avesse cominciato a scendere in piazza contro il vetero atlantismo di Draghi, per il ritiro della NATO dall’Ucraina e per il suo scioglimento. Non l’ha fatto, ma oggi può ancora chiedere a Putin di far tacere le armi e all’Occidente di impegnarsi a non consentire all’Ucraina di entrare nella NATO. Si riaprirebbe così il discorso sulla necessità di sciogliere la Nato. Se si partisse da qui, si potrebbe parlare in maniera franca e leale con la Russia, per creare assieme uno spazio comune che, dall’Atlantico agli Urali, fosse garanzia di pace. Questo vorrebbe dire davvero schierarsi concretamente contro la guerra.




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