mercoledì 6 aprile 2016 - paolodegregorio

La guerra alla RAI che Grillo non fa

Su “il Fatto Quotidiano di oggi, 5 aprile, una pagina intera viene offerta a Beppe Grillo che si autopsicanalizza con risvolti di tipo depressivo, e deprimenti per i suoi seguaci, dove la sostanza della seduta di autocoscienza sta nel fatto che egli non capisce come mai tutti gli italiani onesti non diano il voto al suo movimento e addirittura non riconoscono la portata etica e rivoluzionaria dell’aver rinunciato al finanziamento pubblico dei partiti, della consistenza di 42 milioni di euro.

Siccome si tratta evidentemente di un fatto di comunicazione ed essendo Grillo una autorità in questo campo, ci saremmo aspettati da lui una proposta di soluzione del problema, che secondo me c’è, ne ho scritto molte volte, sempre senza risposta. Per l’ultima volta ripeto ciò che sarebbe indispensabile fare, basandomi sulla speranza che qualche correzione possa essere fatta, visto che il divieto ai migliori parlamentari di andare in TV per non omologarsi ai partiti al potere è stato superato e giustamente. La presenza del Movimento solo su Internet non si rivela sufficiente a raggiungere quella consistente parte di italiani che non usano questo mezzo e vengono monopolizzati dalle televisioni, dai giornali cartacei e dalla Chiesa cattolica. Il contrappeso necessario a questo monopolio mediatico si divide in due parti: una partita da giocare è quella sulla RAI, che è usata come proprietà assoluta dai partiti, senza la quale non conterebbero più niente, l’altra è quella di usare il denaro del finanziamento pubblico (42 milioni di euro) per mettere su una televisione privata del Movimento, soprattutto regionale e legata al territorio, atta a rappresentare i problemi reali dei cittadini e a smascherare tutte le porcherie che vengono fatte da un sistema che non è democratico, ma marcio e corrotto a tutti i livelli.

Agli scettici e ignavi che pensano che ciò sia impossibile, vorrei ricordare madre Angelica (suora delle Clarisse, di origine siciliana) che negli USA ha messo su il più grande network cattolico del mondo: Eternal World Television, che oggi trasmette, 24 ore su 24, in 144 Stati, in 11 lingue diverse, con 400 dipendenti e 46 milioni di dollari di fatturato, partendo nel 1981 da un piccolo garage. Per la RAI la strategia dovrebbe essere quella di dichiararla una “public company”, visto che è stata pagata dalle tasse dei cittadini e quindi di loro proprietà, dove il direttore generale, con tutti i poteri, in carica per 5 anni (confermabile una sola volta) viene eletto da tutti i cittadini che pagano il canone, tra personalità indipendenti da politica, da economia, da religione, in regolari elezioni da abbinare a quelle politiche o amministrative. Naturalmente dovrebbe essere senza pubblicità, anzi dovrebbe, con intenti di salute pubblica, smascherare tutte le falsità e la pericolosità di quanto ci propone la pubblicità ingannevole, che ci vuole scimmie ammaestrate a cui ordinare come vestirsi, cosa mangiare, cosa consumare, questione fondamentale, alla base della quale vi è un lavaggio del cervello, senza che oggi vi sia una possibilità di replica, un contrappeso, un contradittorio.

Questo configura la dittatura delle forze economiche che possiedono tutta la filiera: le fabbriche che producono merci, le TV per imporle con la pubblicità, le strutture commerciali per venderle, Tutte le TV, private e pubbliche sono omologate alle esigenze della politica e della pubblicità senza il contrappeso di un servizio pubblico per i cittadini. La battaglia da fare è questa, è una battaglia di legalità e di democrazia, che avvicina il cittadino alla partecipazione politica e alle decisioni che contano, mentre oggi è a tutti gli effetti un suddito oppresso da un incessante bombardamento pubblicitario e di disinformazione che lo allontana dalla comprensione delle cose e ne fa uno che si astiene, anche alle elezioni, prodotto perfetto per la continuità di questa oligarchia politica ed economica. 

 

Foto: Antonella Beccaria/Flickr




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