venerdì 1 luglio 2022 - Phastidio

La cravatta di seta cinese arriva in Laos

Perché usare i missili quando si possono ottenere risultati più "costruttivi" a colpi di infrastrutture? Chiamatela Debt & Road

L’attuale poli-crisi che avvolge inesorabilmente il pianeta (energetica, finanziaria, economica) sta avvicinando al default un numero crescente di paesi fragili. C’è un paese asiatico di sette milioni di abitanti, dittatura comunista, che sta per finire avviluppato nelle spire di un debito contratto con un potente vicino, che persegue un ambizioso programma di investimenti infrastrutturali internazionali e che, come sottoprodotto dell’incravattamento a cui sono spinti i paesi allettati, finisce a controllarli.

La crisi in Laos

Il Laos è piegato sotto il peso di crescenti prezzi alimentari, penuria di carburanti e un debito che sta per affondarlo. Dollari introvabili, riserve valutarie pari a 2,2 mesi di importazioni, secondo la Banca Mondiale, la banca centrale che sta meditando di vietare il possesso di valuta estera da parte dei cittadini, e un debito di “solo” l’88% del Pil, pur se in crescita di 20 punti percentuali dal 2019, di cui un terzo imputabile alla utility elettrica.

Circa metà del debito del Laos è verso la Cina, con cui il paese condivide un confine terrestre, a nord. A dicembre è stata inaugurata una linea ferroviaria ad alta velocità e alta capacità di 414 chilometri, che seziona il paese longitudinalmente da Boten, vicino al confine cinese, sino alla capitale Vientiane, nell’ambito della Belt and Road Initiative cinese. La linea corre anche in territorio cinese per circa 600 chilometri e origina a Kunming, nella provincia dello Yunnan. L’idea è quella di interconnettere la regione, sino a Singapore. Vi ricorda i corridoi ferroviari europei? La logica è quella; per gli obiettivi, il tempo dirà.

Il costo dell’opera è pari a un terzo del Pil annuale del Laos, per realizzare la quale è stato creato un veicolo d’investimento, posseduto al 70% da aziende statali cinesi e al 30% da omologhe laotiane. Quest’ultime, per finanziare la propria quota, si sono indebitate con la cinese Eximbank per 3,54 miliardi di dollari.

Un treno carico di debiti

Ma non basta: anche per sottoscrivere la propria quota di capitale, i laotiani si sono fatti prestare dalla banca cinese 480 milioni di dollari, mettendone 250 milioni di fondi propri, oltre ad aver sostenuto spese per deportare (pardon, rilocalizzare) gli abitanti delle zone interessate dal tracciato.

Se pensate che indebitarsi, peraltro con lo stesso creditore, per sottoscrivere il capitale di un’azienda sia una mossa un filo stravagante e alquanto rischiosa per non dire avventata, non mi sento di contraddirvi.

Che accadrà se il veicolo di finanziamento non riuscirà a servire il debito? Che “qualcuno” dovrà salvare l’opera infrastrutturale. Ad esempio, la Cina. Che, alla fine dei giochi, avrà chiuso il cerchio e la partita, e avrà messo attorno al collo della dittatura laotiana una bella cravatta di seta, come già fatto in Sri Lanka, dove si è presa la gestione del maggiore porto del paese a seguito dell’incapacità di pagare il debito. E come sta facendo in Montenegro con una simile tecnica.

Peraltro, il programma di inesorabile scivolamento della proprietà delle infrastrutture strategiche del Laos è in corso. Il paese deve pagare, da qui al 2025, 1,3 miliardi di dollari annui per servire il debito. Sapendo che, a maggio, lo stock di riserve valutarie del paese era pari a 1,2 miliardi di dollari, il candidato avanzi ipotesi. Un suggerimento: lo scorso anno è stato ceduto il controllo della rete elettrica nazionale a un operatore cinese. Che strano, un esito del tutto inimmaginabile.

Anche qui, la premessa era che il Laos esporta elettricità (alla Thailandia), e quindi gli investimenti per aumentare la capacità di generazione sono stati finanziati dall’estero. Quando hai un deficit delle partite correnti che finanzi con investimenti diretti esteri, può accadere che qualcosa vada storto. Anche quando hai un terzo della popolazione in povertà ufficiale e non sviluppi l’export con cui pagare le importazioni, la tua esistenza è grama. Se poi sei un paese emergente e incappi in un ciclo rialzista dei tassi sul dollaro (che affonda le valute emergenti) e in un aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime, il tuo destino è segnato.

Debt and Road Initiative

Ma forse non è tutto imputabile alla “debt-trap diplomacy” cinese. Dopo tutto, le colate di cemento sono la via più breve per dare lavoro e credere di poter accrescere il Pil, oltre ad arricchire di tangenti i funzionari pubblici. Soprattutto in contesti dove il settore privato non esiste o si trova in condizioni di mera sussistenza. Come che sia, il Laos ha anche minerali e foreste, che possono sempre servire a Pechino.

Oggi, il debito laotiano è di livello tripla C, quindi in pre-default. Le autorità hanno proibito la pubblicazione del rapporto annuale che il Fondo Monetario Internazionale realizza per i paesi associati, il cosiddetto Articolo IV. Una forma di privacy, evidentemente.

Prosegue quindi l’avanzata della Belt and Road, e il debito al collo degli entusiasti partner. Molto meglio di guerre di conquista, che fanno più rumore e distruggono cose e persone. Con la Belt and Road, ogni infrastruttura che si eleva al cielo in un paese emergente è più efficace di un missile ipersonico. Tenete gli occhi sul Pakistan, a proposito.

 




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