martedì 19 ottobre 2010 - alessandro tantussi

La contestazione e le uova 2

L’occasionario lancio di uova non è un fatto rilevante, quantomeno non è un fatto grave, tutto sommato persino risibile. Certo, non è un esempio di bon ton, ma da lì a farne un caso nazionale il passo è lungo. Lo sa bene anche Maroni, che qualche uovo in gioventù pare lo abbia pure lanciato.

Il fatto è un po’ più degno di attenzione quando la pratica diventa sistematica

Roma, facoltà di Architettura, via di Valle Giulia,1° Marzo 1968, questa data è da tutti considerata l'inizio del Sessantotto, cioè della contestazione contro il “Sistema e i suoi difensori”.

Racconta Oreste Scalzone, leader tra i più carismatici nell'organizzazione, a quei tempi ancora "pacifica", della protesta: "Arrivammo sotto quella scarpata erbosa e cominciammo a tirare uova contro i poliziotti infagottati, impreparati, abituati a spazzar via le manifestazioni senza incontrare resistenza. Quando caricarono, non scappammo”.

Ben presto la pratica cominciò a diventare sistematica nella contestazione del 1968.

In occasione della "prima" al Teatro alla Scala, il movimento studentesco guidato da Mario Capanna si presentò davanti al tempio della lirica armato di uova e ortaggi, che furono scagliati contro i "borghesi" che si apprestavano a partecipare alla più mondana delle serate milanesi.

La notte del 31 dicembre le uova non rimasero le uniche protagoniste. Per contestare la mondanità dei borghesi, un gruppo, oramai composto non da soli studenti, si recò alla "Bussola" - locale che contribuì a creare il mito di Mina -, dove si festeggiava il nuovo anno con una cena non proprio a buon mercato. La "goliardata" provocò l’intervento dei carabinieri, al quale seguirono tafferugli, barricate, auto danneggiate. Tutto sommato cose già viste. Ma quel che fece la differenza dagli altri episodi di protesta studentesca è la presenza - per la prima volta - delle pallottole. Una di esse si conficcò nella schiena di Soriano Ceccanti, studente pisano, che rimase paralizzato.

Sebbene le rivendicazioni degli studenti del ’68 fossero sostanzialmente condivisibili, o quantomeno ammissibili, non si può condividere l’evoluzione della protesta che da quasi “pacifica” diventò “protesta armata”

Alla “contestazione” seguirono, sebbene il nesso temporale non possa essere dimostrazione di un nesso causale, i cosiddetti “anni di piombo”.

Ripetuti episodi di lanci d’uova marce non costituiscono motivo d’allarme rosso. Ma non è neppure il caso di buttarla in coglionella.




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