sabato 28 gennaio 2012 - paolodegregorio

La civiltà multinazionale... da sconfiggere

Secondo una inchiesta pubblicata dal New York Time, basata su documenti della multinazionale Apple e su testimonianze di ex impiegati e dirigenti, le condizioni di lavoro nelle fabbriche cinesi, dove si producono i gioielli della “mela”, sono le seguenti:

  • 12 ore al giorno per 6 giorni la settimana
  • paghe al di sotto della minima
  • trattenute sul salario in caso di punizioni
  • dormitori con 7 lavoratori per stanza
  • assunzioni di minorenni
  • centinaia di operai intossicati dalla sostanza velenosa utilizzata per pulire gli schermi degli iPhone
  • un ex lavoratore ha detto: “ad Apple non è mai interessato null’altro che incrementare la qualità del prodotto e diminuire il costo”.

Il vero “spirito del capitalismo” e il “comunismo cinese” vanno a braccetto nello sfruttamento bieco della classe operaia, non c’è distinzione se quello che ti sfrutta è il padrone o il Partito, ma sempre in nome dello “sviluppo” e della “inevitabile” globalizzazione.

Tornando dalle nostre parti, mi piacerebbe domandare a Monti e ai suoi professori, che parlano tanto di ripresa e sviluppo, su quale base pensano di conquistare mercati, se vi sono paesi come la Cina, l’India, l’Indonesia, il Vietnam, che producono merci, anche di qualità e con marchi occidentali, a costi 10 volte inferiori a quelli italiani e sono presenti in tutti i settori.

Se la matematica non è una opinione, ciò è impossibile e la tendenza visibile è (se restiamo nelle logiche della globalizzazione) che anche altri settori saranno conquistati dai paesi emergenti, come è già successo per il settore tessile italiano, i cantieri navali, quello siderurgico, che sono spariti, e molti altri settori ridimensionati o in difficoltà..

La risposta di migliaia di imprenditori italiani è stata quella di delocalizzare in paesi tipo Romania, Albania, Tunisia, ma è una fuga dalla responsabilità verso quei cittadini italiani rimasti senza lavoro e il declino dell’Italia è assicurato comunque.

A me è chiara una cosa: la globalizzazione conviene a chi ha materie prime, lavoro a basso costo, strutture produttive multinazionali. All’Italia, che non possiede nemmeno una di queste caratteristiche, la globalizzazione non conviene, e in fondo nemmeno all’Europa, che ha costi di lavoro simili, alti, poche multinazionali, poche materie prime.

Passare attraverso una assurda e letale competitività globale, di tutti contro tutti, decretando il successo per chi sfrutta con più cinismo i lavoratori o per chi si impadronisce delle materie prime a costo di guerre di aggressione, è una follia che fa regredire il genere umano verso la barbarie, la completa instabilità e assenza di futuro.

L’unica via d’uscita è quella di ritirarsi dalla WTO e poter mettere dazi o divieti di importazione per tutte quelle merci che possono essere prodotte localmente, dando certezze a imprese e lavoro, mettendo al primo posto i consumi interni e la piena occupazione, con la strategia di gettare le basi per una solida autosufficienza energetica ed alimentare, che sono i soli fattori che ci possono mettere al riparo da speculazioni, crisi petrolifere, crisi finanziarie.

Sarebbe ora che si pensasse seriamente ad abbandonare la dittatura dei mercati e delle banche, poiché di vera dittatura si tratta, pensare al consumismo come ad una orgia che è finita, e occuparci di sostenibilità, energie rinnovabili, agricoltura biologica, riutilizzazione dei rifiuti, ritorno massiccio alle campagne, fine delle spese militari.




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