martedì 14 luglio 2020 - UAAR - A ragion veduta

La chiesa è naturalmente di destra

Da una parte la popolarità del papa, dall’altra l’avanzata elettorale dei populisti. Due fenomeni che hanno caratterizzato gli ultimi anni, due fenomeni che possono sembrare in contraddizione. I più accesi sostenitori di Bergoglio sembrano però aver già trasformato l’apparente contraddizione in una contrapposizione frontale, una polarizzazione nettissima.

Lo si nota molto bene in due libri recentemente pubblicati, scritti da giornalisti. Quello di Iacopo Scaramuzzi ha individuato nel papa “l’antidoto” al virus dei populisti di destra: rapidissimi, a suo dire, a sbandierare la loro appartenenza religiosa, ma con modi che finiscono per abusare della fede autentica. Riccardo Cristiano, già coordinatore dell’informazione religiosa di Radio Rai (e pertanto corresponsabile della sua totalitaria occupazione cattolica), è andato persino oltre. Il suo è un aut-aut dal sapore rivoluzionario: Bergoglio o barbarie.

Ma un papa non può certo abbassarsi a presentarsi alle elezioni. Di candidati che rivendicano la bontà delle sue indicazioni politiche ce ne sono già stati parecchi, ma i consensi raccolti sono stati molti meno. È una constatazione che possiamo cogliere nella presentazione di un terzo libro (ancora in via di pubblicazione) scritto da un esponente del Pd lombardo, Fabio Pizzul: Perché la politica non ha più bisogno dei cattolici. Caspita: quale sarà mai, allora, la fede di Salvini, Meloni, Berlusconi, Renzi, Mattarella e Di Maio?

Pizzul lamenta che «oggi neppure Aldo Moro batterebbe Salvini». E qui si capisce che in realtà non considera Salvini un ‘vero’ politico cattolico quanto lo si ritiene lui. Che poi, a ben vedere, a Palazzo Chigi c’è un uomo che somiglia non poco allo statista Dc: Giuseppe Conte è infatti un giurista pugliese e un devoto cattolico. E se Moro è passato alla storia (anche) per le convergenze parallele e il compromesso storico, Conte può vantarsi di essere l’unico premier confermato nell’incarico dopo un ribaltone. Tra l’altro, secondo i sondaggi piace molto più di Salvini. Non sempre però i sondaggi sul gradimento dei politici (e dei papi) sono significativi, perché i voti raccolti nelle urne sono spesso assai inferiori. La realtà con cui dobbiamo fare i conti è che la destra cristianista governa già tante nazioni: Trump, Putin, Bolsonaro e Orban sono lì a ricordarcelo. E a ricordarci che l’alleanza tra la destra e il cristianesimo non è un’eccezione: è la regola.

Il Gesù “socialista” era infatti soltanto un mito propagandistico di fine ottocento. Due millenni di storia cristiana ci mostrano invece che le chiese sono quasi sempre state al fianco del potere, spontaneamente, perché proprio al potere dovevano e devono il loro ruolo predominante. Non a caso si sono opposte al potere soltanto quando il potere ha cercato di limitare la loro influenza. Non certo quando il potere era colonialista, schiavista, liberticida.

Destra e sinistra sono schieramenti nati con la rivoluzione francese, che aveva esautorato il ruolo politico del clero e dell’aristocrazia. All’assemblea nazionale i conservatori si collocarono a destra, i radicali dalla parte opposta: e così si usa fare ancora oggi. A destra si è più sensibili ai poteri economici, all’ordine pubblico, alla nazione, alla tradizione, alle differenze sociali, al privato. A sinistra si è più sensibili ai diritti dei lavoratori, all’uguaglianza, alla redistribuzione dei redditi, al pubblico. Negli ultimi due secoli, ogni paese e ogni epoca hanno rimodulato questi concetti, ma il nucleo centrale è rimasto ed è comprensibile pressoché da chiunque, pressoché ovunque.

Come si schierò la chiesa cattolica, una volta che era nata questa (reale) contrapposizione? Le fu subito naturale schierarsi con gli esponenti più a destra della destra. Per rendersene conto basta rileggersi il Sillabo del beato Pio IX: è un autentico manifesto politico di estrema destra – estrema anche per quei tempi.

Il risultato fu che persino le élite borghesi divennero largamente anticlericali. La crescita dei movimenti socialisti, comunisti e anarchici spinse a un’alleanza tattica i cattolici e i liberali, ma durò però poco. I partiti cristiani votarono la nascita dei governi guidati da Mussolini e Hitler, e la chiesa non trovò nulla da ridire nemmeno quando, molto presto, si trasformarono in autentiche dittature – con cui stipulò concordati molto vantaggiosi. Ancora peggio, sostenne con malcelato entusiasmo la nascita di altre dittature programmaticamente clerico-fasciste: il salazarismo portoghese, il franchismo spagnolo, il regime ustascia nella Croazia del beato Stepinac, la Francia di Vichy, la Slovacchia guidata da monsignor Tiso. Fin quasi alla fine della seconda guerra mondiale, l’opzione preferenziale del venerabile Pio XII fu a ricerca di un accordo tra gli alleati occidentali e la Germania nazista. Non scomunicò mai Hitler: finito il conflitto, scomunicò invece i comunisti. Tutti.

Il dopoguerra italiano fu lungamente dominato dalla Democrazia Cristiana, un partito apertamente sostenuto dal Vaticano che amava presentarsi come una forza di centro. A un certo punto fu costretta ad accettare un’alleanza col partito socialista: ma accadde soltanto dopo il fallimento del governo Tambroni, un monocolore Dc che godeva dell’appoggio esterno dell’Msi di Michelini e Almirante. Anche il lungo pontificato di san Paolo VI, da un punto di vista politico, ben difficilmente può essere considerato progressista: non possiamo facilmente dimenticare le durissime condanne, tuttora vigenti, contro la contraccezione e l’aborto, e la battaglia referendaria combattuta per abrogare la legge sul divorzio. Un grande impegno, il suo, che stride con l’assordante silenzio nei confronti delle dittature clerico-fasciste, vecchie e nuove che fossero. Nei decenni successivi, caratterizzati dalla lunga stagione di Wojtyla e Ruini prima, da quella di Ratzinger e Bagnasco poi, lo sbilanciamento a destra è stato indiscutibile.

Se oggi qualcosa sembra cambiato è soltanto perché la destra si rifà all’identità cattolica molto più esplicitamente di quanto facesse l’Msi. In particolare, richiama in continuazione il cattolicesimo più popolare, quello fatto quasi esclusivamente di riti, precetti, simboli, tradizioni e devozioni, che è sempre stato più sentito dai fedeli e che continua a esserlo tra le fasce più anziane, meno colte e meno moderne della popolazione. Vi sono dunque cattolici anti laici e identitaristi che si riconoscono in politici anti laici e identitaristi, e li votano: dove sarebbero la novità e la sorpresa? Nel fatto che i politici non sono così fedeli come si dipingono? Ma a questi elettori non importa proprio nulla! A riprova, un recente sondaggio Usa ha confermato che gli evangelicals e i cattolici bianchi continuano a voler votare Trump pur consapevoli che non è esattamente un modello di buon cristiano. Ma agisce come piace loro, e tanto basta. Perché mai dovrebbero votare chi non lo fa?

Non dimentichiamo che il massiccio uso politico delle madonne pellegrine fu determinante nella vittoria elettorale democristiana del 1948, e che il primo a ricorrere a piene mani alla retorica delle radici cristiane è stato proprio san Giovanni Paolo II. Vogliamo poi andare a fare pelo e contropelo su quanto sinceri siano stati Costantino, Clodoveo e tutti gli altri grandi regnanti convertiti? Se i populisti attuali devono essere considerati ipocriti, allora va considerata ipocrita l’intera storia politico-religiosa del cristianesimo.

Se sembra sussistere una contrapposizione con la narrativa bergogliana, dunque, non è perché il papa (che in gioventù fu peronista) ritiene che i populisti vendano merce diversa, o avariata. Il papa si arrabbia perché i populisti di destra vendono la sua merce senza riconoscergli il copyright, usando per di più aggressive strategie commerciali che funzionano efficacemente su buona parte del suo mercato. Se i populisti sono liberi di dichiarare esplicitamente la loro appartenenza politica, Bergoglio è invece costretto a tenere in considerazione che una parte della sua chiesa (minoritaria, ma più attiva, soprattutto nel mondo del volontariato) la pensa in modo politicamente differente, e deve quindi trasmettere un messaggio più sfumato. Inoltre, poiché si rivolge al mondo intero, deve anche cercare di accreditarsi come un leader morale (e a questo fine sono molto funzionali le campagne pauperiste). È una preoccupazione che non sfiora minimamente i populisti, perché è loro sufficiente evocare vagamente qualunque comportamento sia ritenuto tradizionale – e quindi eterno e immutabile. Tra l’altro, è un’impostazione che piace anche a molti “cattolici non praticanti”: che rappresentano un terzo della popolazione italiana, oggi.

Può dunque essere comprensibile che, per reazione, lo storytelling bergogliano abbia attecchito su parte della sinistra e della galassia liberale. Non era però immaginabile che si arrivasse a sorvolare con non chalance sulla beatificazione di oltre 500 “martiri” franchisti o sull’accordo Caritas-Porsche. O su quanto accade in un paese simile al nostro, in cui vescovi e autorità sovraniste hanno proclamato insieme Cristo “re della Polonia”, mentre istituiscono intere zone lgbt-free e tentano a ripetizione di negare il diritto all’aborto. Nell’inerzia complice della Santa sede.

In fondo, per capire come stanno le cose dovrebbe essere sufficiente osservare con onestà la realtà che si presenta sotto i nostri occhi, nel nostro stesso paese. Dove, come negli anni sessanta, una chiesa che vuole darsi un’immagine di centrosinistra avvia iniziative che vanno nella direzione opposta. C’è solo l’imbarazzo della scelta: dai Family Day organizzati contro una moderatissima legge per il riconoscimento delle unioni civili alla guerra indetta contro una proposta di legge anti-omofobia; dalla battaglia per la riapertura delle chiese (prima di qualunque altra riapertura) alle continue ed esose richieste economiche per le scuole del più grande proprietario immobiliare mondiale. A proposito: un’ulteriore stanziamento di 150 milioni è stato appena approvato grazie a un emendamento presentato dalla Lega. Criticarla è come minimo da ingrati.

Ma se vogliamo la prova del nove delle tendenze politiche del cattolicesimo reale, basta studiare come è governato lo stato della Città del Vaticano, il cui sovrano assoluto (e assolutista) è lo stesso papa Francesco. Scopriremo che vige una legge sulla cittadinanza tra le più restrittive al mondo, e che i diritti dei lavoratori lasciano il tempo che trovano. La sinistra è pronta a riproporre, tali e quali,questi provvedimenti in Italia? Non credo.E la destra? Le possibilità sono molto maggiori.

Per fortuna c’è un terzo fenomeno, che desta decisamente meno attenzione mediatica ma che è molto meglio attestato: la continua avanzata della secolarizzazione. Bergoglio piace (per quanto un po’ meno che all’inizio) ma non converte, anzi. Meloni e Salvini godono di ampi consensi elettorali, ma non arrivano ancora al 50% dei votanti (e men che meno degli elettori). In compenso, la pratica religiosa declina e un italiano su due, per restare all’inchiesta più recente, non ha pregato nemmeno una volta durante la pandemia: ce lo fa sapere, autorevolmente, il rapporto annuale dell’Istat. Come questo si possa tradurre in una leadership politica laica è tema su cui dovremmo seriamente riflettere, ma è una premessa importante per costruire un paese migliore.

La fede non si basa sulle prove. I suoi esponenti progressisti, a quanto sembra, nemmeno. Liberi tutti di credere ciò che si vuole, filosoficamente e politicamente. Liberi anche di lavorare per una politica sempre più clericale anziché per forze politiche laiche, a destra,al centro e a sinistra. Libera pure la chiesa di cambiare rotta nella sua storia bimillenaria – purché il cambiamento sia reale, e non una contingente necessità di marketing. Il cattolicesimo è indubbiamente un fenomeno plurale, e sono esistiti movimenti notevoli come i “Cristiani per il socialismo” e la teologia della liberazione. I vertici ecclesiastici non li hanno però mai degnati della minima considerazione, e talvolta hanno pure messo loro la mordacchia.

Evidenze alla mano, la chiesa è naturalmente, storicamente, strutturalmente di destra.

Raffaele Carcano

 




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