lunedì 25 luglio 2016 - Paolo Giardina

L’uomo nasce libero, ma ovunque si incatena da solo

... Abbandoniamo totalmente il nostro punto di vista, lo mettiamo in pausa. Questa è la forza del “pensiero unico”, di tutti i “pensieri unici”, il cui tentativo, artisticamente ideato, è quello di svuotare l’essenza dell’uomo: il pensiero.

Adeguarsi agli altri, “buttare” il nostro cervello all’ammasso è forse lo sfregio più doloroso che possiamo infliggere alla natura.

Spesso nel tentativo di essere e dimostrare la nostra coerenza, siamo quasi costretti, da un entità superiore, a seguirne le gesta.

Abbandoniamo totalmente il nostro punto di vista, lo mettiamo in pausa. Questa è la forza del “pensiero unico”, di tutti i “pensieri unici”, il cui tentativo, artisticamente ideato, è quello di svuotare l’essenza dell’uomo: il pensiero.

I depositari del nostro pensiero non sono soltanto i “dittatori”, quello è solo l’ultimo stadio, la soluzione finale di un processo costante, giornaliero, durante il quale viviamo, in una sorta di libertà vigilata, una quasi assoluta dipendenza dai nostri capi.

Non importa se quello che pensano, dicono o vogliono, è sbagliato e non importa neppure se i capi degli altri pensano, dicono o vogliono cose giuste.

Tutto è chiaro, manifesto, inquadrato, propriamente incatenato.

E la chiamiamo pure coerenza.

Siamo incatenati in questa condizione e, forse, per sentirci più liberi, sbandieriamo la schiavitù degli altri attraverso quel metodo inteso “asfaltatura del nemico”.

L’uomo nasce libero, ma ovunque, si incatena da solo, a sua saputa.




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