venerdì 13 dicembre 2013 - Luigi Colella

L’unico padrone del giornalista dev’essere il lettore

E' innegabile che i giornali negli ultimi anni vengano snobbati dalle nuove generazioni, forse non si è indagato abbastanza sui perchè. Una delle cause potrebbe essere rintracciata nel modello tutto italiano che vede gran parte del giornalismo schierato politicamente, fatto di colpi bassi e duelli a fil di penna tra giornalisti di opposti schieramenti.

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Indro Montanelli

Un giornalismo avvelenato, quello con legami politici, che riduce ogni anno i propri lettori e la credibilità verso la categoria rischiando d'inficiare chi non è simpatizzante per questo o quel fronte politico.

Tra gli inquinanti, come non ricordare l'indelebile macchia della "patacca" di Feltri nel Caso Boffo?
Una campagna stampa basata su illazioni e bugie allo scopo di screditare l'allora direttore di Avvenire per ragioni politiche. Un'espressione, quella del "metodo Boffo", che è entrata da allora anche nel lessico della politica italiana.

Non è dato sapere ancora se la politica è stata protagonista anche del recentissimo caso di suicidio del giovane giornalista di Calabria Ora, Alessandro Bozzo. Il padre del giornalista, convinto che il figlio sia stato indotto al tragico gesto, aveva chiesto che si facesse luce sulla morte portando in procura i diari e il computer di Alessandro dai quali si evinceva una forte amarezza per le condizioni di lavoro. La procura di Cosenza ha notificato un avviso di conclusione delle indagini al suo editore ipotizzando il reato di violenza privata.

Il colorito accanimento di Grillo contro giornali e giornalisti, anche se di diversa natura, a torto o a ragione è l'ultima manifestazione che allerta questa categoria professionale che appare sempre più disorientata.

Augusto Minzolini, Michele Santoro, Lilli Gruber, Giuliano Ferrara, Vittorio Feltri, Alessandro Sallusti... e molti altri, intrecciano da anni la professione giornalistica alle carriere politiche (dirette o indirette), un'informazione dipendente dal potere che sicuramente ha qualche responsabilità per la situazione che vive oggi il giornalismo italiano. Chi paga tutto ciò è l'informazione, ma anche la stessa categoria che, in piena crisi di credibilità, vede crescere il numero di giornalisti e peggiorare le condizioni economiche e contrattuali con conseguente aumento di disoccupazione e precariato. Eppure nel '97, Montanelli diceva del giornalismo: "Non posso consigliare a nessun giovane di intraprenderlo oggi, perché credo che il giornalismo sia ormai al capolinea". Era anche lui consapevole delle colpe e delle deviazioni dei giornalisti.

Il cardinale Bagnasco, presidente della CEI e arcivescovo di Genova, intervenuto a Roma in un incontro su "l'etica del giornalista tra la carta stampata e il web", etichetta quest'arte come animata da "professionisti" che oggi pretendono di avere già in sé tutte le qualità che lo rendono tale. Un professionista che si presenta come capace, dotato delle competenze, del saper fare, del know how. Tutto ciò renderà, se non ha già reso, meno nobile il giornalismo, dichiara Bagnasco, se la definizione di professione continuerà a tendere all'autoreferenzialità allontanandola dal suo senso originario, che è anche la sua missione. E' infatti il dar voce a chi non l’ha il compito principe del giornalista credibile, integro, affidabile e coerente.

L'era del web che viviamo da qualche decennio, offre la possibilità di farsi emittenti oltre che riceventi. La mole d'informazioni che transitano in rete, moltiplicando a dismisura le notizie disponibili, rendono difficile orientarsi. Il compito del giornalista non è quello d'arrivare "prima" degli altri nel dare la notizia, è essenziale invece che ci arrivi "meglio" per non cadere nell'uso strumentale e destabilizzante di notizie non verificate allo scopo di sostenere o danneggiare una parte in causa nell'agone pubblico.

E' quindi una professione in crisi quella del giornalista, una crisi prima di tutto deontologica.
"Per uscirne è necessario", continua Bagnasco, "tornare ad essere al servizio della verità nella gestione attenta di quel bene comune fondamentale che è oggi, nella società complessa, l'informazione. Il giornalista non è un demiurgo, un deus ex machina, ma un mediatore, un traduttore, un facilitatore".

Fino a quando il giornalista continuerà a perdere l'aggancio alla verità e a smarrire la responsabilità nei confronti dei suoi lettori, sarà arduo un ripensamento della professione. "Anche il giornalista più dotato può produrre danni culturali gravissimi, contribuendo ad aumentare la cacofonia, la frammentazione, il disorientamento e la confusione, nonché la violenza che così spesso si sprigiona nelle situazioni di incertezza e fragilità".

 

Contributi SBIRCIATI in

  • "L'etica del giornalista tra la carta stampata e il web", Roma 28.11.2013.
  • “Giornalismo e politica SpA. Un sodalizio canaglia”, Ugo Degl’Innocenti, editore Aracne (2013).
  • "Grandezze e miserie del giornalismo: istruzioni per l'uso", Indro Montanelli, ultima lezione di giornalismo tenuta all’Università di Torino il 12 maggio del 1997.



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