mercoledì 8 luglio 2020 - alessandro tantussi

L’insostenibilità dell’assistenzialismo. Primum vivere deinde filosofari.

L’insostenibilità dell’assistenzialismo. Primum vivere deinde filosofari.

Che “di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno” lo sosteneva perfino Karl Marx.

La politica economica italiana si divide sulla base di preconcetti e, invece di ragionare in modo pragmatico, insegue le ideologie.

E’ sempre stato così, ma la situazione è assai peggiorata dal momento che, sottoscrivendo due dei peggiori “inciuci” della storia Repubblicana, sono salite al governo forze ideologicamente contrapposte: prima l’inciucio gialloverde e poi quello giallorosso.

La sinistra ed il M5S s’attorcigliano attorno a diatribe teoriche sui concetti di giustizia ed equità, con il risultato che, mentre l’Italia va a rotoli, il governo non compiccia un bel nulla e alla fine, quando (e se arriva) a prendere una decisione purché sia… invece di ottenere effetti benefici, invece di favorire lo sviluppo economico, invece di favorire il lavoro, invece di abolire la povertà… complica la situazione.

Eterogenesi dei fini? "La sinistra ama talmente i poveri che ogni volta che va al potere li aumenta di numero", Aveva ragione Indro Montanelli o forse si tratta semplicemente di «conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali»? 

Ora i giallorossi si sono buttati a capofitto sulla riduzione del cuneo fiscale aumentando i “bonus”: non bastavano il bonus 80 euro, bebè, cultura, giovani e altro, decine di miliardi spesi in assistenza alla faccia del lavoro (o meglio della disoccupazione) delle giovani generazioni ed alla faccia di chi, in futuro, rischia di non avere una pensione. Oggi, mantenendo il reddito di cittadinanza, quota 100 e tutti gli altri provvedimenti assistenzialistici, il governo ha introdotto, sempre a debito, il reddito di ultima istanza e i nuovi bonus, per i redditi da 8.200 euro a 40.000 euro, che riceveranno una detrazione fiscale a scalare partendo dal luglio.

Dal beneficio fiscale sono esclusi i contribuenti che pagano da soli quasi il 20% di tutta l’IRPEF - pari a circa 34 miliardi, cioè in media 68mila euro a testa ogni anno - dopo aver pagato anche i contributi sociali, (il 33% della retribuzione se lavoratori dipendenti e il 24% se autonomi).

Per contro, giusto per capirci, il 44% dei contribuenti (18 milioni circa) appartenenti alle prime due fasce di reddito (fino a 7.500 euro lordi l’anno e da 7.500 a 15mila euro) paga solo il 2,42% di tutta l’IRPEF, vale a dire 3,5 miliardi che, divisi per i contribuenti, fanno 195 euro a testa l’anno.

In pratica l’1,22% degli “oberati fiscali”, quelli che producono reddito e PIL, paga 349 volte di più del 44%

Ma chi li ripagherà i debiti?

Già prima del virus era già noto il fatto che, nel volgere di pochi anni, il numero dei pensionati supererà quello dei lavoratori e quindi il costo dell’assistenza è destinato ad aumentare ma nel contempo diminuisce il numero di coloro che, con il loro lavoro, contribuiscono a sostenerlo.

Ora ci si è messo pure il COVID, il numero dei disoccupati è destinato ad aumentare a dismisura e la tempesta perfetta del virus rischia di affondare una barca che già faceva acqua da tutte le parti.

Ma dove pensiamo di andare se il peso del carretto aumenta e nel contempo diminuisce il numero dei somari che lo tirano? I somari (i nostri figli ed i nostri nipoti) faranno sempre più fatica e oltretutto, alla fine, si arriverà al punto in cui non ce la fanno più, il carro si fermerà e ci rimetteranno pure quelli che si facevano comodamente trasportare in giro accomodati sul carretto.




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