lunedì 3 febbraio 2020 - Pino Mario De Stefano

L’informazione non esiste più?

Sarebbe ora di prenderne atto: nel mondo delle comunicazioni globali e dell’interconnessione permanente, la questione seria, anche più di altre, pure urgenti, è quella dell’informazione.

Siamo soliti pensare alla informazione solo come un “mezzo” (indotti in questo errore dal termine “media”), ma oggi non è più così, occorrerebbe cambiare prospettiva
Oggi la questione dell’informazione è la questione prioritaria, e la condizione per un approccio efficace alle altre importanti questioni che travagliano le società e il mondo, e che sono tutte, diversamente dal passato, inestricabilmente intrecciate e dipendenti dalla questione dell’informazione.
 
Tuttavia, credo che molti, anche i professionisti dell’informazione, non ne siano consapevoli. Anche se non mancano però gruppi e forze sociali che colgono la centralità e il ruolo decisivo e “produttivo” della questione dell’informazione, così come in altre epoche ci sono sempre stati quelli che hanno compreso prima degli altri la centralità, per esempio, della questione borghese, o della questione commerciale, o della questione industriale. Esistono e sono attivi, anche oggi, forze del genere, altrimenti non si spiegherebbe la corsa senza risparmio di mezzi al controllo dei network dell’informazione.
 
È una questione, questa, difficile da mettere a fuoco e rendere comprensibile, senza analisi troppo complesse, però, come per altre importanti questioni della vita, credo che la letteratura possa aiutarc molti a entrare nel cuore dei problemi, forse più delle indagini sociologiche. 
E, oggi, letteratura è anche la fiction o il cinema
 
E allora se fossi in voi, cari lettori, per capire meglio la centralità e il ruolo, nella vita individuale e collettiva, della questione dell’informazione, mi guarderei con attenzione, per esempio, The Loudest Voice, e The morning Show. Serie tv prodotte e trasmesse da due grandi piattaforme come Sky e Apple TV+. fatto, questo, che rivela come ormai anche che le criticità e i problemi connessi all'informazione sono sempre più parte del sentire comune.
 
La frase che fa da titolo a questo post, ma senza punto interrogativo, è infatti una perentoria affermazione di Roger Ailes, CIO di un grande network televisivo, interpretato in questa miniserie da Russell Crowe. Infatti, per lui, l’informazione non esiste più.
 
Seguendo il dipanarsi delle puntate delle serie tv, veniamo informati di un presupposto che sembra guidare i comportamenti dei “gestori” dei network e dell’informazione
Secondo questo presupposto che regola poi le “scelte” dei suddetti gestori, la gente non vuol essere informata, vuole solo “sentirsi” informata.
 
Per coloro che “regolano” e “distribuiscono” l’informazione, non è necessario, né utile, preoccuparsi, di cosa sia giusto o sbagliato quando si costruiscono o comunicano delle “news”.
Si tratta solo di far “vedere” il mondo come i cittadini-spettatori vorrebbero che fosse. Anzi, casomai, si tratta di dire alla gente quello che “deve” sentire
Perciò il compito fondamentale dei “gestori” o degli “amministratori” delle notizie (news-nuove-novelle: non sarebbe male forse tenere a mente che l’etimologia lega sempre ambiguamente ma inestricabilmente, notizia con novità con cose inaudite e alla fine con favola e fantasioso; ma questo non è forse il limite “ontologico” di ogni news?) diventa quello di ”pilotare” le notizie, non solo “riportarle”. O magari riportarle, ma con “qualche aggiuntina” e scegliendo il momento preciso in cui riportarle, come sostiene anche un disperato giornalista nel film Vivere di Francesca Archibugi.
 
Man mano che si procede nella visione delle puntate di quelle serie tv, sorgono due tipi di domande
La prima: ma è possibile? Non sarà tutto inventato per fare spettacolo? Non sarà “solo” un film? Poi si va ad approfondire e si scopre che si parla di cose realmente avvenute in grandi network, si parla di una prassi abituale e consolidata difficile da contrastare. Si tratta di una vera guerra con massacri e vittime, anche interne ai network (aspetto quest'ultimo indagato ampiamente soprattutto in ThMorning Show) oltre che esterne. Con conseguente “caccia ai traditori”. 
Si, perché “chiunque è fuori dal network è il nemico e, all’interno della redazione o dello staff, non parliamo di quello che facciamo”!
 
La seconda domanda: e la politica? e i politici? e la democrazia? e il “ popolo”?
Anche a questa c’è una risposta in quelle serie tv. Infatti, “noi non seguiamo le notizie, le fabbrichiamo” o modifichiamo “in modo selettivo le notizie che abbiamo”. “Se tutti ne parlano è vero... allora facciamo in modo che tutti parlino di un atto”.
Magari “scegliamo due o tre concetti semplici e li ripetiamo all’infinito, finché la gente si convince che è la verità”. Infatti, il nostro network deve “ far prendere alla gente una posizione”
Ma questo non è compito dei partiti? Non è il ruolo delle campagne elettorali? Non funzionava così la democrazia? 
Beh, risponde il CIO di cui sopra, “la tv ha sostituito i partiti politici”. E “la campagna elettorale è uno spettacolo televisivo”. E continua, rivolgendosi al suo sottoposto, “non l’hai ancora capito? L’informazione non esiste più!”
Al massimo, c’è uno strano supermercato dell’informazione: ognuno si sceglie quello che vuole, come sostiene una disincantata consulente politica, nel film Doubles vies, del regista Oliver Assayas.
 
Mi veniva quasi da avere pietà per i politici che oggi vengono collocati all’origine di tutti i mali, se non fossero evidenti i complessi e torbidi rapporti tra i padroni dei network dell’informazione e la politica. Anche se non credo che i politici oggi, nel rapporto con l’informazione, siano sempre in posizione up. Nonostante gli effetti di potere dell’ambiguo meccanismo del “sourcing”.
 
Ecco perché a mio parere la questione dell’informazione sembra oggi “la questione” da cui dipendono tutte le altre. E se questa questione oggi è posta in modo così drammatico, non più in qualche film di nicchia, ma in serie tv prodotte da importanti reti (com Apple TV+ e Sky) e destinate a un pubblico mondiale, vuol dire che quella questione è davvero una cosa seria, e faremmo bene a prenderne atto.
 
Julia Kristeva, nella sua autobiografia, ha una annotazione decisamente drammatica, sul tema dell'informazione: “So bene che l’impero mediatico, oggi, invaso dalle ICT, ha rimpiazzato il totalitarismo, nel bene e nel male, e i suoi poteri sono di un’efficacia altrettanto terribile..... Da quando non vi è più un solo potere, ma reti di poteri <<in essere>>, se così possiamo definirli, come minimo serve trasformarsi in agente doppiogiochista. Quindi invento e mi assento” (La vita, altrove. Donzelli).
Julia Kristeva ritiene che in questa situazione non si possa fare nulla, ma io spero che sia ancora possibile fare qualcosa, cominciando dal riconoscere che l’informazione è un’altra cosa!
 
 



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