martedì 17 gennaio 2012 - Zag(c)

L’articolo 18 e l’innalzamento dell’età pensionabile

Perché la riforma dell'articolo 18 cozza con la necessità di creare nuovi posti di lavoro

Il ministro Elsa Fornero ci tiene a sottolineare: "Se un lavoratore che ha più di 50 anni ha difficoltà nell'impresa in cui lavora, questo si sente perso. È un'assurdità",

Ma al di là delle lacrimucce e al di là delle ovvietà esternate cosa intende fare nello specifico per il problema che le è stato sollevato e che la trova concorde nel condannare? 

Propone la sterilizzazione dell'articolo 18 per le aziende che da piccole (meno di 15 dipendenti) si consorziano in modo tale da raggiungere la quota fino a 50 dipendenti. Certo non c'entra nulla con i lavoratori over 50 che non trovano occupazione! Certo! Come altrettanto non c'entra nulla l'articolo 18 per incrementare l'occupazione sia degli over 50 che degli under 40!

Nel novembre del 2011, secondo la periodica rilevazione, l'Istat ha pubblicato uno studio in cui si mette in luce che "Le persone attivamente alla ricerca di una occupazione sono 2.142.000. A questo esercito di senza lavoro, viene sommato 438.000 nuovi scoraggiati che, in questi ultimi 38 mesi di crisi, sono usciti dalle classifiche ufficiali ingrossando la fila degli inattivi. In pratica, i senza lavoro 'reali' sono composti da 2.580.000 persone".

Nel 2010 il Censis (che come è noto è una centrale bolscevica) ha pubblicato dati in cui si evince che sono stati 1,3 milioni i lavoratori transitati dall'area del lavoro a quella dell'inattività o della ricerca di nuova occupazione. Di questi, la maggioranza (il 33%), è uscita perché licenziata o messa in mobilità, il 6,2% a seguito di chiusura o cessazione dell'attività, mentre il 28,1% per mancato rinnovo del contratto a termine. Quindi, complessivamente, più di due terzi delle uscite sono riconducibili a scelte imprenditoriali, siano queste indotte dalle cattive condizioni del mercato o dalla volontà di licenziare o non rinnovare i contratti di alcuni lavoratori. Solo il 19,8% è invece dovuto a cause di altro tipo, quali il pensionamento del lavoratore, o altre motivazioni di carattere personale.

Come si vede, quindi, licenziare è facile, anzi verrebbe da dire che vi è una sovraabbondanza. 

Ma continuando a leggere i dati. La composizione dei licenziati: la maggioranza ha meno di 45 anni (56,2%) e di questi il 33,7% meno di 35 anni. E su 100 licenziamenti che hanno portato a una condizione di inoccupazione 30 hanno riguardato dei giovani con meno di 35 anni e 30 persone con età compresa tra 35 e 44 anni. Solo nel 32% dei casi si è trattato di over 45. Quindi la riconferma che la mobilità è composta per la maggioranza dei casi da giovani under 45. 

Questi dati se visti in altra ottica si potrebbero leggere come una conferma che gli over 45 anni protetti dall'articolo18 sono gli inamovibili. Ma questa conclusione cozza con l'altro dato che dice che il 96% sono aziende sotto i 15 dipendenti e che la media delle aziende ha 4 dipendenti (interessante è che il rimanente 4% di industrie produce il 15% del pil).

"Dopo aver messo mano alle pensioni occorrerà mettere mano al mercato del lavoro, la cui organizzazione nel nostro Paese non è proprio buona", ha detto ancora la Fornero

Ma se il problema fosse dare lavoro ai giovani, come lo è, ma non solo ai giovani, allora come mai proprio nella riforma delle pensioni da fatta si allunga l'età pensionabile?

Logica vorrebbe che si incentivasse l'uscita degli anziani in modo da liberare nuovi posti di lavoro, se il problema che si pongono i nostri governanti fosse veramente questo. Se non si riesce a fare crescita, per le ovvie condizioni internazionali, allora che si ripartisca il lavoro che c'è equilibrando a vantaggio dei giovani la percentuale di occupati. 

Ma evidentemente le priorità della Fornero concretamente sono altre e queste sono solo spot pubblicitari!




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