giovedì 13 dicembre 2018 - Gerardo Lisco

L’Italia laboratorio politico della protesta sociale

In Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svezia masse di esclusi scendono in piazza. In Italia, almeno fino ad oggi, non abbiamo piazze in fiamme e questo grazie al M5S e alla Lega. La protesta sociale che interessa i Paesi dell’UE che ho citato in Italia è arrivata prima trovando approdo in Parlamento.

 Il sistema politico italiano per essere riuscito a “parlamentarizzare” la protesta sociale è da considerare come una sorta di laboratorio che vede due forze politiche: Lega e M5S, tra di loro alternative, che nell’ambito delle istituzioni proprie di una Democrazia parlamentare provano a mediare la protesta sociale dovuta alla crisi economica. Per capire ciò che sta succedendo nel nostro Paese bisogna riflettere sugli eventi che si sono succeduti dal 2011 in poi partendo dalle dimissioni di Silvio Berlusconi da Presidente del Consiglio.

L’allora Presidente della Repubblica Napolitano, rappresentate dell’establishment, pensò di risolvere la crisi incaricando Monti. La fiducia che il Parlamento diede al Governo Monti fu così ampia che si tradusse nell’approvazione di provvedimenti quali la modifica dell’art. 81 della Costituzione in materia di bilancio dello Stato e la riforma Fornero sulle pensioni che hanno inciso profondamente sulle condizioni economiche e sociali degli italiani.

L’establishment nazionale, attraverso un’abile narrazione orchestrata dai media, convinse gli italiani che i sacrifici erano necessari e questi, responsabilmente, accettarono sperando che passata la fase buia le cose sarebbero cambiate. Il centrosinistra, rappresentato dalla foto di Vasto che vedeva insieme Bersani, Vendola e Di Pietro, divenne nell’immaginario collettivo delle fasce sociali deboli ed escluse la speranza del cambiamento.

A confermare la speranza che gli esclusi riponevano nel centrosinistra c’erano i sondaggi che, all’indomani della a caduta del Governo Monti ad opera di Berlusconi, davano il centrosinistra al 42% dei consensi e il M5S all’11%. Durante la campagna elettorale il consenso degli italiani cambiò progressivamente anche se ancora a fine gennaio 2013 i sondaggi davano al centrosinistra una percentuale di consensi pari al 34% e il M5S al 17%. La svolta venne quando Bersani dichiarò che, anche nel caso di una vittoria tale da rendere il centrosinistra autosufficiente ai fini della formazione del Governo, avrebbe fatto un accordo con Monti per proseguire con le stesse politiche economiche e sociali. Con questa dichiarazione, a una settimana dal voto, gli scenari politici cambiarono completamente. Gli elettori di sinistra considerarono le parole di Bersani come un tradimento e in massa scelsero di votare M5S che, solo per il voto all’estero, mancò di poco il successo.

Dopo le dimissioni di Bersani da Segretario del PD il popolo di sinistra e di centrosinistra stanco dei vari Bersani e D'Alema, ritenuti rei di tradimento, grazie ad una attenta costruzione mediatica si affidò a Matteo Renzi. In nome della rottamazione Renzi venne eletto segretario del PD in competizione con un mediocre Cuperlo e una nullità politica come Civati. L'elezione di Renzi a Segretario del PD è la rivolta della “base” contro la nomenklatura di partito. L'establishment attraverso i media ha utilizzato il populismo di Renzi per combattere quello del M5S. Questa operazione condotta dai media, dal ceto politico e dal potere economico e finanziario cela un errore di valutazione non da poco. Gli interessi che sostengono Renzi, ispirati dall’ideologia europeista neoliberale che baratta i diritti sociali con quelli civili, sono convinti che la cultura neoliberale abbia ormai “disciplinato” gli italiani al punto tale che potranno continuare indisturbati con le stesse politiche condotte sino ad allora.

La convinzione scaturisce dalla mancanza di un modello alternativo a quello neoliberale. Per l’establishment economico, culturale e politico che sostiene Renzi,  il M5S è solo un fuoco di paglia, espressione di istanze populiste già manifestatesi in Italia con L’Uomo Qualunque, che nell’arco di qualche anno si sarebbe esaurito di fronte ai cambiamenti in positivo che il Governo Renzi avrebbe introdotto e che larga parte degli italiani si aspettavano. 

Il dato delle elezioni europee del 2014 sembra dare ragione ai sostenitori del nuovo corso politico rappresentato dal PD di Renzi. Il M5S perde elettori rispetto alle politiche e il PD renziano ha un successo enorme superando il 40% dei consensi. Il PD diventa punto di riferimento per l’establishment europeo e Renzi diventa “el matador” per dirla con la Merkel dell’opposizione populista e antieuropeista. La luna di miele di Renzi con gli italiani durerà un paio di anni. In questo arco di tempo Renzi diventa riferimento della politica europea e di questo ne è prova l'incontro in "camicia bianca” con Valls e Sanchez.

Il Governo italiano a guida Renzi appare sempre di più la soluzione. Il populismo di Renzi è funzionale all’establishment che vede in esso lo strumento per la costruzione di un sistema politico neoliberale e antidemocratico. Renzi da Presidente del Consiglio fa approvare una serie di provvedimenti che incidono nella società italiana. Il completamento del processo di trasformazione radicale della Società italiana con la sua definitiva destrutturazione in senso individualista doveva essere, secondo le indicazione che venivano da JP Morgan e dalla teorica di von Hayek, la riforma della Costituzione. Con le modifiche alla Costituzione Renzi sarebbe riuscito a fare ciò che non era riuscito al primo governo guidato da Silvio Berlusconi e cioè modificare i valori e la cultura politica della Resistenza.

Il sistema politico italiano da sistema Democratico – Sociale e Parlamentare sarebbe stato trasformato in ordoliberista e individualista all’insegna di una governamentalità funzionale all’establishment europeista e sovranazionale. Macron con la fondazione del movimento politico En Marche! si ispira a Renzi. Macron completa il processo di trasformazione che stava interessando il PD in Italia. Il processo di trasformazione guidato da Macron in Francia viene favorito dal sistema elettorale e dalla Costituzione. Mentre in Francia il PS si riduceva ai minimi termini e a sinistra nasceva la formazione politica guidata da Melenchon in Italia gli elettori avevano già abbandonato il PD di Renzi a favore del M5S e in parte della Lega.

L’elettorato di sinistra aveva iniziato a farlo progressivamente alle elezioni regionali rifugiandosi nell'astensione. E’ solo con il referendum sulla Costituzione voluto da Renzi che si pronuncerà in modo forte bocciandolo. Le elezioni politiche del 2018 segnano il crollo di Renzi e del suo PD con la perdita del 50% degli elettori rispetto alle politiche del 2008 e del 30% dei consensi rispetto alle politiche del 2013. La fine del ciclo politico neoliberale di Renzi è solo apparentemente la fine del centrosinistra. Il centrosinistra è finito con il sostegno al Governo Monti. Il PD renziano e le alleanze di governo che hanno sostenuto Letta, Renzi e Gentiloni sono governi sostenuti da forze politiche un tempo riconducibili alle categorie Destra/Sinistra e che realisticamente sono da ascrivere alla sola cultura politica neoliberale e globalista.

I media continuano a narrare una realtà che non esiste da tempo. Il quadro politico vede in competizione due destre e un movimento politico post ideologico come il M5S. La Sinistra è ridotta ai minimi termini e si confonde con la difesa tout court dei diritti civili e individuali cioè con la difesa di istanze individualiste che poco o nulla hanno a che vedere con la propria Storia fatta di battaglie politiche per il sociale. Lo spazio elettorale occupato dalla Sinistra e dal Centrosinistra è stato occupato dal M5S il quale ha intercettato il malessere sociale proveniente dalle periferie urbane, sociali e territoriali. Ciò che sta succedendo in Francia in modo violento in Italia è maturato lentamente nel corso degli ultimi anni.

Oggi al governo in Italia ci sono le periferie sociali che in Francia occupano le piazze. Questo è stato possibile grazie al fatto che l'Italia è una repubblica parlamentare e grazie anche un sistema elettorale in parte proporzionale. Ad aver intercettato il malessere sociale è stato tanto il M5S quanto la Lega. In questi giorni ci sono state due grandi manifestazioni una a Roma organizzata dalla Lega, l’altra a Torino organizzata da i No TAV. Entrambe le manifestazioni, anche se di segno opposto, rappresentano il disagio sociale ed opzioni possibili. Se non ci fosse stata la Lega quelle 50 - 60 mila persone presenti in piazza a Roma chi le avrebbe rappresentate? Prive di rappresentanza politica siamo proprio sicuri che non sarebbero scese in piazza?. Su questi aspetti, soprattutto a Sinistra bisognerebbe ragionare in modo meno ideologico. Per il momento, a conclusione del ragionamento, mi viene da pensare che la Democrazia italiana, a dispetto della narrazione fatta in questi anni dai media mainstream, è forte proprio grazie all’essere un sistema parlamentare e ad avere una legge elettorale seppure in parte proporzionale.

Foto: Sébastien Huette/Flickr




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