martedì 19 agosto 2014 - alfadixit

L’Italia e il malaffare

Il malaffare ha ormai occupato tutti i gangli vitali della società. Ma è la supina accettazione di questa degenerazione a bloccare il paese trascinandolo lungo una china irreversibile. 

Certo che lo spettacolo offerto dalla politica negli ultimi tempi non è proprio edificante. Anzi, a dirla tutta il parlamento sembra più un pollaio variopinto e rissoso piuttosto che “l’agorà” di un paese civile. In altre parole tutti cercano di perseguire il proprio interesse di bottega piuttosto che quello comune. E sia i media, come pure i cittadini, si sono affrettati a prendere le distanze, a gridare a squarciagola che la politica è ormai lontana dal paese, che questa “cosa pubblica” non ci rappresenta.

Eppure non si può certo dimenticare che l’attuale parlamento è stato democraticamente votato dai cittadini. Forse non i parlamentari, ma i partiti si. E tutti i cittadini, perfino i più distratti, erano a conoscenza che all’interno di alcune compagini politiche gravitavano mafiosi, pregiudicati, prostitute, clown e comici esibiti a bella posta nei vertici della nomenclatura, addirittura sbandierati con calcolo e sottile premeditazione. Diciamo piuttosto che l’indegno spettacolo urta qualunque normale coscienza e che quindi è meglio prenderne le distanze, disconoscerlo insomma per non avere responsabilità, per chiamarsi fuori e fuggire lontano dietro il comodo paravento degli “altri”. 

E come ci affrettiamo a dire che questa politica è altro da noi con la stessa solerzia giustifichiamo l’evasione fiscale come conseguenza delle tasse troppo alte, dello stato vampiro o di Equitalia, o ancora che la crisi del nostro paese è colpa dell’euro, dell’Europa o della Germania. Questo giusto per fare qualche facile esempio.

Scuse, paraventi come si diceva, per fuggire un po’ vigliaccamente dalla realtà scomoda, dal senso di colpa che ci ferisce la coscienza e ci renderebbe difficile la vita. Perché fra la corruzione dell’Expo o del Mose perpetrata dai politici e il pagamento in nero dell’idraulico o del dentista il parallelo c’è, eccome. Cambiano solo le proporzioni ma la declinazione etica è la stessa. Perché lamentarci quindi.

Il fatto è che non può certo prosperare un paese assolutamente privo di senso di comunità e dello stato, dove egoismo personale e malaffare sono tollerati, purchè a danno degli altri. La cronica questione meridionale parla da sola.

Per questo bisogna cambiare le regole e il pensiero comune, scompigliare le carte rapidamente, riportare al centro la maggioranza silenziosa di quegli uomini della strada che fanno il loro dovere tutti i giorni, con pulizia e senso civico e forse sono anche un po’ scoraggiati di fronte al silenzio assordante del malaffare condiviso che, come un cancro, non fa notizia.




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