sabato 19 settembre 2009 - Enzo Di Micco

Kabul, Afghanistan...

Una Tayota bianca carica di esplosivo riesce ad infiltrarsi in mezzo fra i due blindati e si fa esplodere. La deflagrazione violenta scaglia il primo blindato all’esterno della carreggiata e danneggia il secondo sulla parte anteriore. Ogni mezzo trasporta cinque militari italiani; cinque i morti sul primo blindato. Un morto e quattro feriti sul secondo. Sul selciato senza vita in un lago di sangue anche venti civili, cittadini di Kabul. L’attentato lo rivendicano i talebani qualche ora dopo con un comunicato: "Possiamo colpire ovunque".

di Enzo Di Micco

KABUL (AFGANISTAN) - Abbiamo pianto dopo l’attentato di Nassiriya , il 12 novembre 2005. Stiamo piangendo ora dopo la morte atroce di altri sei soldati italiani schierati a Kabul. Un attentato suicida, l’ennesimo, ma il più grave subito dopo quello in Iraq. Un auto-bomba con 150 chili di tritolo si scaglia contro due automezzi e semina la distruzione nella piazza affollata. Sei paracadutisti della Folgore uccisi, dilaniati , strappati alla vita giacciono ora nel sonno eterno.La dinamica dei fatti vede una colonna mobile di due blindati "Lince", che scortano un veicolo lungo la strada che collega l’aeroporto a Kabul. Sono le ore 12 .10 (in Italia le 9.40). Una Tayota bianca carica di esplosivo riesce ad infiltrarsi in mezzo fra i due blindati e si fa esplodere. La deflagrazione violenta scaglia il primo blindato all’esterno della carreggiata e danneggia il secondo sulla parte anteriore. Ogni mezzo trasporta cinque militari italiani; cinque i morti sul primo blindato. Un morto e quattro feriti sul secondo. Sul selciato senza vita in un lago di sangue anche venti civili, cittadini di Kabul. L’attentato lo rivendicano i talebani qualche ora dopo con un comunicato: "Possiamo colpire ovunque". Sono queste le parole dal sapore amaro, taglienti che ti penetrano nello stomaco fino a farti sentire impotente. Sei in ginocchio preghi il Dio che la storia finisca , anche se, pare, sia destinata a non stabilizzarsi. Il conflitto afgano nasce all’indomani dell’attentato alle torri gemelle di New York, l’11 settembre del 2001. Di li a poco gli americani effettuano un’operazione punitiva contro i talebani di Mullh Omaar che si rifiuta di consegnare Bin Laden rifugiato in Afganistan. Una dura lezione, che pur non avendo visto catturato Bin Laden, i talebani hanno smesso di avere predominio in un paese tartassato dalla povertà e dall’arretratezza. Rimangono però da ingoiare i bocconi amari del terrorismo suicida, preso dall’odio verso l’occidente e dal compiacimento contestuale dei kamikaze verso i loro referenti , compiendo atti brutali e anti-islamici, perfino nel sacro mese del ramadan. A questo si aggiunge la figura del presidente dell’Afgnistan Hamid Garzai, bersaglio in questi giorni anche dell’opposizione e di ex alleati per l’accusa di aver indirizzato i risultati elettorali a suo favore. Su Garzai la scommessa nel 2004 di George Bush. Un storia senza fine, ancora, nella quale si vedono gli italiani a dare prova di maturità riscuotendo grande considerazione e rispetto da parte delle organizzazioni internazionali come l’Onu, Ue e Nato. Un rispetto però che ti porta ad accettare anche perdite, costi e rischi. Ed è qui che entra in gioco l’etica militare del soldato italiano costituita da valori di riferimento, dall’aspetto comportamentale, dal dovere, dal servizio, dalla disciplina. Per non parlare dell’onore quale aspirazione intima derivante dalla propria onestà valoriale di questi soldati che sacrificano la vita lontano dalle famiglie. Dio aiutali che stanno con te, fa che il loro coraggio come forza morale consenta a se stessi di affrontare qualsiasi situazione in condizione di autocontrollo e di responsabilità. I valori che derivano dalla cultura nazionale e dalle nuove esigenze che riguardano il processo di integrazione femminile , le missioni umanitarie e la completa professionalizzazione fa di questi ragazzi uomini che amano il prossimo, e perché no , che danno alle loro famiglie la possibilità di vivere dignitosamente, guadagnando anche qualche soldo in più. Non è una vergogna è onore. Questi uomini, sono morti da eroi. E le loro famiglie hanno il diritto di essere onorate. Nella credibilità dell’ identità militare e nella competenza, sei vite spezzate dal fato, sei martiri della pace saranno "avvolti" in un grande fazzoletto tricolore al fine di esaltare la predisposizione d’animo di ognuno di loro, al rispetto di culture, ideologie, opinioni , religioni e caratteristiche diverse dalle proprie. Il tutto è racchiuso nella parola "tolleranza". Il rimpatrio delle loro salme è previsto domenica mattina a Ciampino con un C 130 dell’Aeronautica Militare. E si tratta di Antonio Fortunato (tenente); Roberto Valente (sergente) e tutti gli altri rispettivamente primo caporal maggiore: Matteo Mareddu, Giandomenico Pistonami, Massimiliano Grandinò, Davide Ricchiudo.




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