lunedì 18 marzo 2019 - Alberto SIGONA

Juventus - Atletico: è tutto vero. Cristiano Ronaldo tra gli dei del calcio

Cari lettori di AgoraVox, oggi vorrei farVi partecipi di un sogno che ho fatto qualche notte addietro. Un sogno avente protagonista la Juventus.

 

I bianconeri di Massimiliano Allegri erano impegnati negli Ottavi di Finale della Coppa dei Campioni, e dovevano sfidare l'Atletico Madrid di Diego Simeone, detentrice della Coppa UEFA (preferisco chiamarla alla vecchia maniera, anche perché alla mutazione della denominazione non è mai corrisposta una variazione strutturale significativa) nonché fra le principali accreditate al trionfo finale. Una squadra ruvida, tignosa, dal gioco “antipatico”, una di quelle compagini che tutti vorremmo defalcare dall'agenda degli appuntamenti. Ciononostante i bianconeri vi arrivavano carichi di aspettative, giustificate da un collettivo di prim'ordine, certo, ma anche dalla presenza del più grande bomber europeo di sempre, ovvero Cristiano Ronaldo, il goleador per antonomasia, il primogenito del gol. La Zebra lo aveva vestito di bianconero in occasione dell'ultimo mercato estivo, sottratto, fra lo stupore generale, al Real Madrid, team che CR7 aveva issato sul tetto d'Europa e del Mondo ben 4 volte, in virtù di prestazioni “atomiche”, sfociate in reti segnate ad un ritmo precluso ai comuni mortali, in deroga ad ogni legge scientifica. Tuttavia il prototipo del bomber devastante a tutto tondo, se in Campionato s'era prodigato nel riverire le attese, era in Coppa che aveva in parte tradito le enormi aspettative, esibendosi in performance non proprio all'altezza della sua fama da Re di Champions, alla stregua di un figurante, magari di prestigio, ma pur sempre figurante. Un ruolino di marcia che irrideva l'effige di calciatore della sua caratura, che nel corso degli anni aveva adibito la Coppa dei Campioni a suo habitat naturale. Ed a testimoniarlo vi erano gli oltre 120 gol ed i ben 7 Titoli di capocannoniere, per uno score rassomigliante più ad un uomo dai superpoteri che ad un giocatore di football.

La Juve giocava l'andata a Madrid nel covo dell'Atletico. A dispetto di quanto dettato dalle previsioni, la Zebra giocava in modo remissivo, apparendo smunta, priva d'idee, quasi irriconoscibile, incapace di far breccia nella difesa avversaria. I colchoneros la castigarono due volte, sfiorando le marcature in altrettante circostanze. I bianconeri dovettero inghiottire il calice amaro tutto d'un fiato, compresa l'esultanza, non proprio da educanda, dell'allenatore Simeone (ben poca cosa in confronto a quanto proferì D. Maradona circa dieci anni fa, quando, da CT dell'Argentina, durante una conferenza stampa, “invitò” i convenuti in sala a praticargli una fellatio). Per la squadra di Allegri, che confidava seriamente d'infrangere un tabù ultraventennale, era stato un colpo durissimo, una mazzata alle proprie ambizioni, una randellata alla propria autostima. Quella Coppa che s'erano prefissati di vincere era stata praticamente abbandonata alle prime vere asperità. In vista del retourn match si nutrivano, infatti, pochissime speranze, riposte più che altro nel solito Ronaldo (bestia nera dell'Atletico, a cui, qualche anno prima, aveva rifilato 3 gol in Semifinale di Champions), che però aveva seguitato ad attestarsi su livelli molto distanti dai suoi standard d'eccellenza. Malgrado ciò CR7 rimaneva il “santo” a cui votarsi nei momenti critici, l'unico che aveva nelle sue corde le facoltà di ribaltare le sorti, di sfatare le statistiche, che dicevano che la Juve non aveva mai rimontato nei 180 minuti uno 0-2. Solamente lui avrebbe potuto afferrare Madama per i capelli ed impedirle perciò di essere risucchiata nel baratro delle proprie aspirazioni. Ma la sensazione, o se preferite, il pensiero dominante, era che anche con un Ronaldo formato maxi l'impresa sarebbe rimasta circoscritta nei limiti del proibitivo. Eh già, non sarebbe stato facile segnare tre gol, perdipiù senza subirne, ad una squadra così ostica e esperta, di quelle che sanno chiudere a doppia mandata il reparto arretrato, gettando le chiavi chissà dove (ma nella prima fase avevano perso 4-0 col Borussia D.). D'altronde vincere 3-0 in Coppa è arduo contro qualsiasi compagine, anche la più sprovveduta, figurarsi quando ci si trova al cospetto l'Atletico. Certo, il recentissimo 4-1 appioppato dalla giovane e spumeggiante Ajax ai veterani del Real M., al Bernabeu, avevano insinuato nell'ambiente il bacillo della speranza, ma non era sufficiente a soffocare i comprensibili timori ed il pessimismo della ragione.

Allegri, visto che i quasi venti punti di vantaggio sul Napoli rappresentavano una blindatura a prova di fiamma ossidrica, contro l' Udinese, in campionato, qualche giorno prima,aveva pensato bene di dare spazio alle seconde linee, concedendo un provvidenziale riposo a quasi l'intero undici (Ronaldo compreso) destinato a scendere in campo nella sfida contro gli spagnoli. Il 12 marzo, data di nascita del Presidentissimo Gianni Agnelli (scomparso nel 2003), la Juve scendeva in campo, fra inquietudini, tante, e speranze, poche. Molto poche. Mister Allegri spiazzava tifosi e addetti ai lavori, decidendo di concedere fiducia al quasi esordiente Spinazzola, schierandolo terzino sinistro. Il resto della difesa veniva completato dall'altro terzino di spinta Cancelo e dai ministri della difesa Bonucci e Chiellini, protagonisti di mille battaglie. A centrocampo Allegri optava per Pjanic, Matuidi ed Emre Can, mentre in attacco avrebbero giostrato Bernardeschi (cursore di fascia), Mandzukic e naturalmente lui, l'uomo della provvidenza C. Ronaldo, chiamato ancora una volta a deviare il corso dell'imponderabile. Sin dalle prime battute la squadra piemontese appariva calda e vogliosa, decisa più che mai a sovvertire i pronostici, a mettere alla berlina qualsiasi previsione non ad essa favorevole. L'atteggiamento dei pluricampioni d'Italia veniva premiato dopo circa venti minuti (il minuto esatto non mi sovviene: quando si sogna i ricordi di certi episodi risultano “sfumati”): suggerimento di Bernardeschi, gol di testa di Ronaldo, già proprio lui, l'uomo più atteso, aveva sbloccato il punteggio, indirizzando l'incontro sul binario della speranza. Dopo l'1-0 i bianconeri avrebbero perseverato nel mietere gioco, esprimendo un calcio a tratti sopraffino, volto a mettere a nudo i pochi limiti degli iberici e trovare quindi il raddoppio. 2-0 che difatti arriverà nella prima parte della ripresa, ad opera del solito CR7, sempre di testa, al termine di uno scambio con Cancelo. Il fenomeno lusitano era tornato ad essere decisivo e lo aveva fatto proprio nella partita più importante. Gli avversari erano adesso in ambasce, ma non era ancora finita. Come in ogni bel sogno che si rispetti mancava ancora l'assolo finale, la sublimazione assoluta. Ci separavano ormai pochi minuti dai temibili e snervanti supplementari, quando Bernardeschi, facendosi largo fra le maglie difensive dell'Atletico (messo ormai alle corde da una sequela di azioni martellanti), si guadagnava un rigore. Vi era dunque l'opportunità di dare l'ultima risolutiva pennellata al capolavoro. E chi, meglio di C. Ronaldo, poteva farsi carico di siffatta responsabilità? Sulla sfera va proprio lui. La parte di stadio bianconera da un lato ribolle d'entusiasmo ma nel contempo trattiene il fiato. Sul dischetto CR7 ha un pallone pesante un quintale nonché una responsabilità capace di attentare alla circolazione cardiovascolare. Ma il centravanti juventino è già assuefatto a certe pressioni, immunizzato da 5 Champions League vinte e da un'infinità di campagne belliche concluse da vincente. Non esiste al Mondo (assieme a Messi) un uomo più adatto per calciare il penality della possibile apoteosi. Egli tira di potenza, com'è nel suo stile: è gol!!! 3-0!!! La rimonta quasi impossibile era stata completata, il miracolo si era concretizzato. L'Atletico, al termine di un match a senso unico, era stato surclassato sotto ogni profilo, oserei dire nebulizzato da una Juve tambureggiante e volitiva come poche volte nella storia.

Il merito principale era ascrivibile proprio a Ronaldo, che aveva giocato da vero leader, squarciando con 3 lampi il buio oltre l'orizzonte, regalando ai bianconeri la visione di scenari idilliaci. L'ex centravanti del Real (che ha perciò disputato una sorta di derby) era tornato ad indossare le vesti regali, rientrando in possesso del proprio personaggio da play station. Il super eroe da film d'animazione, il paladino dai super poteri, era tornato. Il dio capace di venire in soccorso nelle situazioni irrisolvibili, aveva ripreso vita. E con lui l'intera squadra di Allegri, restituita all'antico splendore.

Poi mi sono svegliato... E mi sono reso conto che il sogno non era un sogno... Era tutto vero... Anzi...è tutto vero. La Vecchia Signora può rimanere ancorata al porto della gloria. La meta tanto agognata, la terra dell'oro può essere ancora raggiunta. Il sogno può essere convertito in realtà. Ma, come asseriva qualcuno, “Sognare non basta, occorre desiderare ardentemente quel che si sogna”.

Le mie pagelle bianconere:

Szczesny 6; Cancelo 7 Bonucci 7 Chiellini 7 Spinazzola 6.5 (Dybala 6); Pjanic 7.5 Matuidi 7.5 Emre Can 7; Mandzukic 5 (Kean 5) Bernardeschi 7.5 C. Ronaldo 8.5 Allegri 9

 

Alberto Sigona

16 marzo 2019

 




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