giovedì 28 novembre 2013 - antonio cianci 251039

"Ite missa est". Berlusconi è finito

 
La Messa è finita, andate in pace. Berlusconi is dead, è finito politicamente. Non può incolpare nessuno, come fa quotidianamente seguito da una schiera di pappagalli servi, se non la propria insipienza politica, caratteriale e culturale.
 
Ma per ben quattro lustri ha trascinato i suoi avversari, specie i nemici più accaniti sul terreno da lui scelto, per nascondere i veri fini della discesa in campo. Ammantata da dialettica politica appariscente, magniloquente, si è combattuta nell'ultimo ventennio una lotta di potere tra tutti, politici, magistrati, sindacati, associazioni varie di categoria, gruppi di pressione, per non cambiare nulla o meglio conservare privilegi, vantaggi, appannaggi o conquistarne di nuovi e più importanti. Il paese è però ridotto ad un cumulo di macerie. Avremmo dovuto fare una serie di riforme. Ma abbiamo fatto controriforme. Due i pilastri portanti, i cardini di una società civile e moderna, la Scuola e la Giustizia, sono entrambe al dissesto.
 
La Scuola che dovrebbe dare un'istruzione ai giovani (non parlo di cultura o educazione, sono parole troppo impegnative) sforna elementi impreparati, se non proprio analfabeti, privi di qualsiasi mezzo di orientamento in una realtà difficile e complessa. Molti non sanno leggere, scrivere, non comprendono un testo semplice, e quando debbono cimentarsi con le difficoltà quotidiane si smarriscono e vanno in depressione. Salvo rari casi esemplari d'eccellenza, gli altri sono senza speranza e senza prospettive future. Quarant'anni di perniciosa demagogia educativa, in cui si è volutamente ignorato che la scuola è il rapporto tra un docente che ha passione d'insegnare e un discente che ha desiderio di apprendere, hanno distrutto due generazioni di adolescenti.
 
Altro che Pon, Por, i progetti più vari e fantasiosi, gite d'istruzione (!!!), test Invalsi ed altre astruserie. Spreco indecoroso di intelligenza e di risorse pubbliche.
 
La Giustizia, che dovrebbe essere rapida per essere efficace, non riesce a liberarsi dei tanti lacci e lacciuoli, cavilli, discrezionalità, conflitti di attribuzione, procedure macchinose, mezzi obsoleti, tutte cose che nel tempo l'hanno resa insopportabilmente lenta ed ingiusta. Se poi alla lentezza si aggiungono le contiguità con la politica, la faziosità della divisione in correnti, l'inutilità del CSM, il quadro diventa deprimente agli occhi del cittadino che non ha fiducia ma paura della Giustizia.
 
A questo potrebbe aggiungersi il dissesto del territorio, l'arretratezza tecnologica, la pigrizia della pubblica amministrazione, la scarsezza di una ricerca seria, la latitanza degli investitori e dei capitali per completare il quadro.
 
Siamo oppressi, insomma, da uno statalismo invadente, assistenziale e paternalista, in cui prevalgono la politicizzazione e la partitocrazia, con costi esorbitanti ed una fiscalità punitiva di ogni iniziativa, lavoro, risparmio o investimento.
 
Emergono solo potenti caste di politici, burocrati, baroni universitari, personaggi senza qualità e senza meriti. E corruzione e malavita dilaganti in ogni dove. Perché i giovani se ne vanno e spesso non tornano più? Perché solo altrove trovano una sistemazione adeguata alle proprie capacità ed ai propri meriti.
 
Nel nostro Paese, caro presidente Letta, da molto si chiacchiera senza governare. Non v'è più alibi per nessuno. Ci avete ridotti, direbbe Manzoni, a "un volgo disperso che nome non ha".
 
 



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