venerdì 18 ottobre 2013 - Terenzio Davino

Italianità diffusa e confusa nelle larghe intese

L’Italia perde quota sulle riforme, ristrutturazioni, nelle azioni dinanzi alla crisi e in vista di una ripresa futura ma ancora lontana.

Leggendo la nota di aggiornamento del DEF 2013, nel corso della recessione l’Italia ha perso più di 8% di PIL. La politica economica deve ora rafforzare la ripresa, intervenendo sui fattori d’ostacolo alla competitività e produttività per accrescere lo sviluppo economico e l’occupabilità della forza lavoro.

Green economy, giustizia civile e carceri, sviluppo economico e semplificazioni, lavoro, tempestiva attuazione delle riforme sono i cardini sui quali muoversi bene.

L’Italia perde quota sulle riforme, ristrutturazioni, nelle azioni dinanzi alla crisi e in vista di una ripresa futura ma lontana. La crescita italiana va stimolata e ci vogliono soldi e coraggio per finanziare semplificazione fiscale, riequilibrio della spesa pubblica improduttiva, debito, cultura politica, consolidamento spending review, management pubblico, visione e slancio collettivi. Le “spuntatine”, illudono di aver fatto un buon taglio di capelli ma la “sfumatura” è ben altra cosa al senso di pulizia che può dare dalle lungaggini operative attuate dal nostro paese in anni di autoreferenzialità nazionale. La ripresa potrebbe saltarci sopra e noi sotto a nasconderci per la pusillanime abilità di rinviare ciò che va fatto adesso e di fare presto ciò che non andrebbe fatto.

Le vicende politiche delle ultime settimane mostrano compromessi al ribasso, uomini succubi dei loro partiti, partiti che non decollano verso la trasparenza e la democrazia interna, fiumi di parole e litigiosità diffusa in forma di “populitiga” che offusca il pensiero lucido e confonde l’opinione pubblica sulle responsabilità mancate dalle varie parti politiche. Gli esponenti di punta degli schieramenti politici dimostrano l’incompiutezza dei loro proclami, della loro azione riformatrice, del loro desiderio di bene comune, delle intenzioni di portare bene fuori il Paese dalla recessione economica. Ci sono uomini inceppati sulle azioni politiche, parlano di politica ma oramai slegati dal buon agire e le larghe intese sono un flop e trattengono dal fare ciò che è prioritario per la condotta responsabile della Nazione. Ci si appresta a varare la Legge di Stabilità, tutto a posto per i proponenti del Governo ma niente è in ordine per commentatori, leader politici, sindacali e imprenditoriali e per gli osservatori esterni che iniziano a vedere crepe profonde negli accenni timidi d’interventi che richiederebbero invece più forza e coraggio.

Nei giorni scorsi si è visto come i “Capitani coraggiosi” di Alitalia hanno fallito malamente e in modo disastroso la loro missione. Cinque anni e più di cinque miliardi di euro sono stati bruciati. I “comandanti politici” non sono coraggiosi e falliscono ancora prima e una volta di troppo il tempo vincente per ridestarsi dal torpore provocato dalle chiacchiere e dalla “mucillaginosa” voglia di lasciare tutto come prima in difesa di posizioni acquisite. Con rinvii e governabilità sempre a rischio e continuamente minacciata dalle parti politiche, deficit di bilancio e politico si sta affossando l’Italia che invece di rialzarsi dalla batosta della crisi, giace ancora a terra tramortita e paurosa, inerme dinanzi ai colpi sferzanti dell’economia produttiva in ginocchio e di quella improduttiva dritta in piedi.

I capisaldi industriali del Paese sono in forte difficoltà. Telecom, Alitalia, industrie farmaceutiche e tessili prese dai cinesi, aziende che chiudono e delocalizzano all’estero per troppe tasse e tortuosità burocratiche dell’Italia che non sa fare affari in tempo di crisi. Cultura e turismo, sole a diffondere l’italianità dei paesaggi dall’indiscutibile bellezza architettonica, ma non basta per nulla.

C’è lamentevole consapevolezza di stare male e impotenza di fare di più per modificare tale malessere sociale e la politica vuole ancora pensare e agire con la stessa mentalità con la quale ha prodotto guasti e disastri. Italianità diffusa e confusa anche tra le fila dei “riformisti coraggiosi” mentre sono evidenti i lembi strappati del tessuto sociale non considerando le azioni di riqualificare e riallocare la spesa arrivando a introdurre standard sociali e ambientali per capitali, merci, persone e servizi.

 

Foto: Olivier (M)/Flickr




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