sabato 19 marzo 2011 - Trilussa

Italiani, brava gente

Siamo diventati cinici, indifferenti, individualisti senza speranza o in fondo, ma molto in fondo, siamo rimasti ancora quelle brave persone che eravamo un tempo, magari poveri e analfabeti ma sempre con un grande cuore?

”Questa storia comincia con un malato cardiaco che sta morendo in ospedale. E con un cuore nuovo a bordo di un aereo ambulanza, fermo sulla pista in attesa di spiccare il volo. Fra il malato e il cuore ci sono 400 chilometri e un cielo pieno di neve. In sala operatoria dutto è pronto per l’espianto del cuore guasto, eppure il chirurgo frena: prima, dice, assicuriamoci che l’aereo parta davvero. Scelta giusta numero 1: la saggezza. Sulla pista nevica fitto, non ci sono le condizioni per decollare, ma il pilota e l’équipe medica sanno che è questione di vita o di morte e così decidono di mettere in gioco la loro, di vita. Scelta giusta numero 2: il coraggio.

L’aereo prova ad alzarsi, ma la tormenta lo sbatte a terra, costringendolo a piegarsi su un’ala. Tutti sani e salvi tranne il cuore, che l’urto ha reso inservibile. Nessuno recrimina, nessuno perde la testa. Viene lanciato un appello per un cuore nuovo. Scelta giusta numero 3: il carattere. La fortuna ha un debole per i forti: il cuore viene subito trovato e condotto a destinazione in tempo utile per salvare il paziente. Intanto ha smesso di nevicare e l’aereo azzoppato può decollare: dal cuore inservibile i medici riescono comunque a recuperare due valvole. Serviranno ad altri malati. Il gesto di un eroe dipende, in fondo, da un uomo solo. Mentre questa storia è meravigliosa perché allinea una serie ininterrotta di gesti giusti compiuti da un numero rilevante di persone. Che sia potuta succedere in Italia (fra Torino, Lecco e Forlì) è una di quelle notizie che fanno davvero bene al cuore.”

Forse, in fondo, leggendo questa storia raccontata da Massimo Gramellini, non siamo come ci vogliono far credere. Forse, sempre in fondo, se possiamo decidere il da farsi senza troppi condizionamenti ma seguire solo quello che ci dice il cuore, se ci lasciamo guidare solo dal nostro animo, dalla nostra coscienza mostriamo veramente il nostro lato buono, il lato migliore di noi. Un lato di solito nascosto sotto uno spesso strato di ipocrisia televisiva, offuscato dai cattivi esempi di una politica spettacolo, sminuito a livello internazionale da comportamenti da operetta di alcuni nostri rappresentanti, condizionato in parte anche da una situazione economica molto difficile dove i gesti di altruismo sono diventati merce rara. Perché quando c’è poco da dividere è assai difficile farlo.

Ci vogliono queste occasioni particolari, le emergenze, le situazioni critiche o drammatiche in cui emerge prepotente la vera indole dei nostri connazionali. Situazioni di emergenza o di urgenza dove noi diventiamo diversi dagli altri, ci scopriamo pronti al sacrificio, disposti all’empatia con chi soffre, con chi ha bisogno, con chi è in difficoltà.

Un esempio abbastanza illuminante è il nostro comportamento nelle missioni internazionali di pace, dove i nostri soldati sono universalmente considerati i migliori in assoluto nel difficile compito di mantenere i rapporti con le popolazioni indigene.

Rimaniamo comunque invasori ed io resto di questa opinione anche se non mi spingo, come fa qualcuno, a chiamare “partigiani” i talebani e tutti gli altri che mettono gli ordigni sulle strade e fanno strage di civili innocenti. Devo però ammettere che questi sono a casa loro e siamo stati noi ad andare con le armi nel loro paese. Così come non mi sembra che siamo lì per portare loro la democrazia ma ritengo molto meno nobili i motivi che hanno spinto la coalizione ad occupare il loro paese. Tuttavia tutti riconoscono che i militari italiani abbiano un modo di comportarsi nei confronti delle popolazioni indigene tale da renderli ben accetti o almeno apparentemente meno sgraditi rispetto ai contingenti degli altri paesi.

Rimaniamo quindi, pur nella momentanea crisi economica del paese, un popolo di persone generose, pronte a mobilitarsi nelle sciagure, a dare aiuti nelle difficoltà.

Questo è vero specie al sud dove possiamo vedere giornalmente nelle interviste rilasciate dalla popolazione residente la compostezza e la partecipazione dei cittadini di Lampedusa all’arrivo massiccio degli immigrati. Nonostante sia una specie di invasione i cittadini hanno sempre usato parole di comprensione nei confronti di queste persone in grave difficoltà che fuggono dalla guerra nei loro paesi d’origine, giovani che cercano un futuro nel nostro bel paese condannati, nel migliore dei casi e se riescono a fuggire al richiamo della criminalità, a sopravvivere facendo lavori da schiavi in Puglia o vendendo scadenti orologi e occhiali da sole sulle nostre marine.

Eppure in quelle genti del sud trovi una grande solidarietà, una grande partecipazione emotiva alle sventure di questi poveri immigrati, una solidarietà che sembra però diminuire ma mano che si sale su per lo stivale fino a scomparire completamente nelle regioni del nord, specie in quel nord-est che li vede come invasori, delinquenti, assassini e ladri di lavoro al buon cittadino padano.

Poi se alla richiesta di 50 panettieri con un contratto di lavoro che comprende turni di notte c’è un unico aspirante anche al nord dovrebbero riflettere sulla necessità della presenza di questi immigrati in alcuni settori produttivi disertati da tempo dai padani.

Comunque gesti di una tale generosità ed intelligenza ci fanno ricredere sulla nostra condizione di svagati e ci danno la speranza che oltre questo momento di individualismo, egoismo e apatia, sotto la scorza ora obbligatoria del furbismo e dell’ apparire qualcosa di buono nell’italiano medio sia rimasto.

Perché è sempre più difficile sfuggire all’omologazione, alla cattura e all’adeguamento anche involontario a modelli comportamentali che non sono mai stati nostri, una freddezza di comportamento e di cinismo che non sono nella nostra storia. Una storia piena di atti di eroismo e di partecipazione non solo per la difesa della patria ma anche nei confronti delle popolazioni più deboli o perseguitate come gli ebrei durante il secondo conflitto mondiale, come le donne in molte parti del mondo, per chi ha subito eventi calamitosi, per chi ancora oggi subisce soprusi.

L’onestà, l’onore, e anche un sentimento nobile come la vergogna sono diventati sempre più rari ed il mito del denaro, del potere condiziona sempre più profondamente i nostri comportamenti. Anche le vicende più altruistiche, le storie dove emergono sentimenti di solidarietà e bontà sono sempre più spesso viste come se in fondo ci fosse comunque un interesse personale; la politica non è più vista come una missione nobile o un incarico temporaneo al servizio del paese ma semplicemente finalizzata al proprio arricchimento, alla realizzazione dei propri affari, alla sistemazione dei propri affiliati o parenti, al raggiungimento di una permanente posizione di privilegio sociale ed economico.

Sembra scomparsa la figura del buon samaritano e i buoni sentimenti sono spesso nascosti o repressi per non apparire diversi e qualche volta anche per non correre dei rischi di cattiva interpretazione: un complimento ed un gesto di affetto ad un bambino sconosciuto oggi può essere rischioso, una gentilezza ad una signora può essere considerata un’avance, mentre in ambito civile la richiesta di una ricevuta appare una provocazione, la pulizia di un tratto di strada pubblica un ingerenza, una richiesta di contributo per un ente caritatevole una truffa, una donazione di sangue un commercio, un comportamento gentile una eccezione, una risposta ad uno sportello pubblico quasi un miracolo.

In questa nostra società individualista e decadente un gesto come quello riportato all’inizio fa sentire bene, ci riappacifica con il mondo e alimenta una speranza, quella che non tutto sia perduto e che possiamo tornare ad essere quello che siamo stati per tanti anni: poveri, maleducati, spacconi, analfabeti, disorganizzati, ma sempre e comunque “italiani brava gente”




Lasciare un commento