giovedì 22 giugno 2023 - Phastidio

Italia, la locomotiva che scatena il trenino

Datemi un dato positivo e solleverò la propaganda: piccole cronache dal paese di eroi, santi, navigatori e sceneggiatori

Foto mimit.gov.it

Tocca tornare sul dato di crescita italiana del primo trimestre di quest’anno. Farei volentieri a meno ma noto da parte governativa un martellamento ossessivo che necessita di una piccola e pedante messa a fuoco. Ieri, ad esempio, è uscita su La Stampa un’intervista al ministro per le Imprese e il Made in Italy (per gli amici, Mimit), Adolfo Urso, in cui si esaltano i presunti molteplici motori di crescita di un paese ricco di umane risorse che finalmente il governo dei patrioti sta consentendo di sprigionare.

La premessa d’obbligo, con la quale vi ammorbo da una quindicina di anni, è che prendere un singolo dato (o data point, come direbbero quelli che sanno l’inglese) e scagliarlo nella stratosfera non è metodologicamente corretto. Verrebbe da dire che è una assoluta sciocchezza propagandistica ma restiamo sobri.

LOCOMOTIVA ITALIA

Il ministro Urso commenta il dato sulla forte contrazione della produzione industriale di aprile, giustapponendogli altro:

Venerdì sono arrivate due notizie contemporaneamente: una è quella sulla produzione industriale, che ha avuto una ulteriore contrazione rispetto a quella registrata nei mesi precedenti; l’altra, più completa, è quella di Eurostat che riguarda tutti i fattori che con grande sorpresa degli osservatori internazionali assegna all’Italia il ruolo di locomotiva della crescita in Europa. Perché nei primi mesi dell’anno in termini di Pil complessivo siamo cresciuti più di tutte le grandi potenze occidentali, non solo Francia e Germania ma anche Giappone e Stati Uniti.

Ora, l’affermazione finale è fattualmente corretta ma prendere un trimestre, vedere una locomotiva e fare il trenino mi pare eccessivo. Ciò premesso, gettate un occhio ai contributi alla crescita nazionale negli ultimi quattro trimestri:

Cosa notiamo? Alcune cose. Ad esempio, che nell’ultimo trimestre dello scorso anno i consumi delle famiglie erano molto depressi, davvero preoccupanti (una contrazione annualizzata di oltre il 4% non è cosa da prendere alla leggera), mentre nel primo di quest’anno recuperano una frazione di quanto perso. Non vi viene in mente che possa trattarsi esattamente di quello, un rimbalzo parziale dopo un dato fortemente negativo? Ancora, nell’ultimo trimestre dello scorso anno abbiamo avuto un robusto contributo alla crescita da parte delle esportazioni nette (variazione export meno variazione import), mentre questo trimestre la domanda estera netta si ferma.

Se dovessimo ragionare come gli aedi del boom, diremmo che sta accadendo qualcosa di molto problematico al commercio estero. Per fortuna, noi non ragioniamo così. Urso invece vede molti motori di crescita:

Perché l’Italia è l’unica grande potenza economica occidentale che ha una economia produttiva completa e competitiva in ogni comparto produttivo. Siamo sempre sul podio europeo: secondi nell’agricoltura, dopo la Francia, secondi nell’industria dopo la Germania, terzi nel turismo ma in forte crescita. Questo significa che anche se un settore non traina lo fanno gli altri, abbiamo sempre un motore che marcia, in questo momento soprattutto turismo e servizi.

Okay, vediamo questi settori. In base al valore aggiunto, cioè dal lato dell’offerta, l’agricoltura è a crescita zero nel primo trimestre dopo essersi contratta dello 0,7% nel precedente. L’industria in senso stretto prosegue a decrescere: -0,2% nel primo trimestre 2023 dopo -0,8% nel quarto trimestre 2022. Sono le costruzioni ad attutire il colpo della manifattura, sia “grazie” al trascinamento dei demenziali bonus edilizi che della spesa infrastrutturale per l’avvio delle attività del PNRR, di quelle frutto dello sblocco post pandemico e della coda dei bassi tassi d’interesse.

Allora, la crescita viene dai servizi? Qui l’attività va sicuramente meglio: passiamo, in termini di valore aggiunto, da -0,1% del quarto trimestre 2022 a +0,8% del primo trimestre 2023. Ma la componente “commercio, trasporto, alloggio e ristorazione” passa da -1,4% a zero. Poiché dentro questa componente, oltre alla domanda domestica, alberga (letteralmente) anche l’offerta turistica, non parrebbe qualcosa di cui scrivere a casa.

E sulle esportazioni? Come ricordato sopra, il loro contributo al netto delle importazioni è passato da marcatamente positivo nel quarto trimestre 2022 a quasi invariato nel primo trimestre 2023. Ancora una volta, se io ragionassi come “qualcuno”, dovrei correre a spaccare il vetro e tirare la maniglia dell’allarme. Soprattutto considerando che c’è un evidente rallentamento cinese che interessa anche il nostro export. Eppure, Urso riesce a dire una cosa del genere:

Nel contempo i dati sull’export sono emblematici: quasi il 18% in più nei primi mesi dell’anno, perché i nostri mercati sono i migliori, noi esportiamo più in Austria che in Cina. Purtroppo, risentiamo però della frenata tedesca che è il nostro principale partner, se si ferma questa sono problemi anche per noi.

MA QUALE CINA, ABBIAMO L’AUSTRIA

Ora, poiché contano i contributi alla variazione del Pil reale, e questi nel primo trimestre ci dicono che le esportazioni nette hanno piantato una forte frenata, mi sfugge il senso di questa frase. Ancor più mi sfugge quel “esportiamo più in Austria che in Cina”. Che a me pare un problema vero, comunque lo si guardi. Ma forse il ministro intende che abbiamo appena iniziato a sviluppare l’export verso la Cina. No, vero?

Allora, prendiamo i dati Istat relativi al commercio extra Ue del nostro paese. L’ultimo rapporto mensile è quello di aprile. Si leggono cose di questo tipo:

Ad aprile 2023 si stima, per l’interscambio commerciale con i paesi extra Ue27, una diminuzione congiunturale per le esportazioni (-2,1%) e un marcato aumento per le importazioni (+13,9%).

Ad aprile 2023, l’export flette su base annua del 5,1% (da +6,8% di marzo). A esclusione dei beni strumentali (+10,7%), la riduzione riguarda tutti i raggruppamenti ed è più ampia per energia (-38,5%). L’import registra una flessione tendenziale del 19,5%, determinata dalla contrazione degli acquisti di energia (-37,3%), beni intermedi (-12,9%) e beni di consumo non durevoli (-8,9%).

Che è come dire che, su base annua, la domanda estera netta migliora soprattutto perché è calata la bolletta energetica. Dite la verità: a questo non avevate pensato, vero? Se preferite i disegnini, ho quello che fa per voi:

Mi pare di osservare l’avvio di un trend di ridimensionamento del surplus commerciale netto, che era in precedenza stato aiutato dal calo dei prezzi dell’energia, dal lato import. A questo punto, rispondo a una naturale obiezione: perché focalizzarsi sul commercio estero extra Ue? Perché, se la Ue rallenta, anche il nostro interscambio rallenta. Quindi no, ministro Urso, non ci salverà l’Austria.

Insomma, per farvela breve perché so che mi starete mandando al diavolo mentre proseguite nella lettura (almeno i più tenaci tra voi, quelli arrivati sin qui), poiché il contributo del commercio estero al Pil è fatto dal differenziale tra variazione di export ed import, direi che il dato del primo trimestre (meno 0,1%) è problematico. Peraltro, se i prezzi energetici dovessero tornare a salire, questa sottrazione alla crescita rischierebbe pure di aumentare. E la Cina resta una forte incognita, che l’Austria non riuscirà a controbilanciare (scusate, è stato più forte di me). Per fortuna io non prendo i singoli dati e non li proietto nella stratosfera.

Ma l’energia non è un problema, come ricorda il ministro. Perché

Ora i prezzi dell’energia stanno scendendo ma è grazie al fatto che siamo finalmente riusciti a convincere l’Europa ad introdurre un tetto al prezzo del gas stroncando la speculazione: l’avessero fatto prima la coda non ci sarebbe più.

Quindi, dormite e mangiate tranquilli, la pratica è stata chiusa grazie al tetto anti speculazione, fortemente voluto dalla nostra Nazione. Speriamo ma ho qualche dubbio.

UN RIMBALZO PARZIALE

Quindi, per concludere: è davvero così difficile comprendere che il dato di crescita del primo trimestre è frutto, come detto sopra, di un parziale recupero della spesa dei consumatori, che era finita in un pozzo a fine 2022? Ed è così difficile comprendere che la tendenza dell’export netto (che contribuisce al Pil) è in deterioramento?

La narrazione dell’Italia locomotiva con più motori (diciamo elettrico e diesel) è certamente suggestiva e merita di essere approfondita e, al limite, coltivata. Ammesso di non credere che il valore aggiunto del turismo possa davvero compensare quello della manifattura. Perché non è così, sapete? Anche se qualcuno spergiura il contrario. Nel frattempo, è un vero peccato non avere dati economici ad alta frequenza: pensate i baccanali nei telegiornali, il giorno che dovessimo scoprire che “nelle ultime tre ore, abbiamo battuto il mondo”. Ma confidiamo nel progresso delle tecniche di nowcasting.

Una nuova disciplina olimpionica illustra l’attività dei nostri politici: dopo il lancio dell’Ansa, ecco quello del singolo dato che fa tendenza.

Comunque, niente sconforto né disfattismo: il Mimit c’è per fornire alla nostra economia lo scatto di cui necessita. Come suonerebbe la celebre onomatopea del suo acronimo:




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