martedì 22 dicembre 2015 - Entità astratta

Isis, Abaaoud è il simbolo di come è cambiata la strategia del terrore

Abdelhamid Abaaoud aveva 28 anni quando e morto. Ma quella di Abaaoud non è stata una tragica sorte voluta dal destino. Abaaoud è morto durante un raid della polizia francese in un appartamento nel quartiere di Saint Denis, nella periferia nord di Parigi, in Francia. Prima di morire, il 18 novembre, Abaaoud si era nascosto per 4 giorni in un cespuglio sotto l'autostrada 86, una delle più trafficate arterie dell'Île de France, la regione della capitale.

Poi ha preso un taxi e si è diretto a Saint Denis, al civico 8 di Rue Corbillon. La polizia, venuta a conoscenza della notizia tramite una soffiata, lo ha spiato per giorni e poi lo ha seguito. Per le forze dell'ordine Abaaoud era in fuga e molto probabilmente pianificava un nuovo attentato terroristico a la Défense, il più importante centro finanziario della Francia. E' scappato – secondo quanto ricostruito – dopo aver studiato in ogni minimo dettaglio una serie di attentati in sette luoghi della vita mondana parigina. Quelli con cui dalle 21.16 alla mezzanotte inoltrata dello scorso 13 novembre, sono stati uccise oltre 130 persone, per lo più di giovane età. Abaaoud è morto assieme ad altre tre persone, trafitto da alcuni dei 500 proiettili di arma da fuoco esplosi dalle forze dell'ordine.

Per molti Abaaoud era la “mente degli attentati”. Pochi giorni prima i giudici del Belgio lo avevano condannato a 20 anni di carcere per aver messo su una rete terroristica a Veviers, a mezz'ora da Liegi, in Vallonia. Una cittadina a oltre 130 chilometri dal quartiere Molenbeek Sain-Jean dove Abaaoud è cresciuto. Abaaoud è riuscito a sfuggire all'arresto perché in alcuni casi la legge belga permette ai giudici di emettere la sentenza in assenza dell'imputato.

Le impronte di Abaaoud sono state trovate all'interno della Seat Leon nera usata dal commando terrorista durante gli spari ai ristoranti. Probabile che fosse proprio lui alla guida della monovolume. Nell'auto, poi abbandonata, è stato ritrovato un kalashnikov (AK47) con impresse le sue impronte digitali. Abaaoud sarebbe implicato anche negli omicidi del museo ebraico del 24 maggio a Bruxelles e a quello (sventato) a bordo del treno Thalys numero 9364 diretto da Amsterdam a Parigi il 21 agosto scorso.

Prima di questa escalation di attentati Abaaoud si era macchiato perlopiù di piccoli furti, necessari a finanziare i suoi viaggi in Siria, dove ha combattuto a fianco dei miliziani tagliagole di Daesh (Isis). I guerriglieri che da anni cercano di strappare la Siria a Bashar al Assad, l'attuale presidente siriano. Abbaoud è diventato celebre nelle comunità islamiche europee per via di alcuni video diventati virali sul web. Questi video ritraggono Abaaoud mentre trascina a bordo di una Nissan Dodge 4x4 i corpi sanguinanti di alcuni «infedeli». Abaaoud è stato definito dai media «uno dei più grandi reclutatori dell'Europa». Tra gli affiliati c'era anche suo fratello Younes, portato a 13 anni in Siria e che può esser considerato il più giovane foreign fighters che l'Isis abbia finora affiliato. Fortunatamente oggi Younes, che è in attesa di giudizio, è tornato sotto la tutela dei suoi genitori.

La rete di Abbaoud era molto vasta ed era estesa fino alla Francia. Tra quest'ultimi i jihadisti coinvolti nella strage di Parigi, la seconda del 2015 dopo quella di gennaio allo Charlie Hebdo, sono: Samy Amimour (28 anni), Omar Ismaïl Mostefaï (29 anni), Bilal Hadfi (20 anni), Brahim Abdeslam (31 anni) e Salah Abdeslam (26 anni). Quest'ultimo, che Abbaoud ha conosciuto in carcere, è l'unico del commando ancora in vita, è tutt'ora in fuga ed è in cima alla lista dei criminali più ricercati d'Europa.

In questi giorni il “Washington Post” ha analizzato come sia cambiato il reclutamento dei foreign fighters rispetto ai tempi di Al Qaeda, l'altra grande organizzazione terroristica che contende all'Isis il primato di peggiore minaccia per l'Occidente. Al Qaeda, conosciuta soprattutto a seguito dell'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre del 2001, a New York, plagiava i nuovi adepti soprattutto attraverso i sermoni di Osama Bin Laden, lo «sceicco del terrore». L'Isis, invece, dà ampio spazio alla propaganda sui social network e in aggiunta si affida a dei reclutatori di professione. Abbaoud è uno di questi e prima di lui Khalid Zerkani, 42 enne di origini marocchine, indicato come colui che ha fatto il «lavaggio del cervello» e spedito in Siria e Iraq almeno 30 giovani belgi, tra cui Abbaoud.

Un altro Youssef Bouamar, 21 anni, ha raccontato che Zerkani lo ha convinto a recarsi nelle principali stazioni dei treni di Bruxelles per rubare i bagagli dei passeggeri. Operazioni necessarie «per finanziare la causa islamista». Zerkani, conosciuto come “Santa Claus”, è stato arrestato nel febbraio del 2014 e deve scontare 12 anni di prigione.

Rubare per finanziare l'Islam è una pratica usata anche al di fuori del Belgio. A Colonia (Köln), la quarta città più popolosa della Germania, otto uomini sono stati accusati di aver rubato oggetti sacri in Chiesa. Il bottino, circa 10 mila euro, secondo le autorità sarebbe servito per finanziare l'Isis. I furti a Colonia hanno riguardato anche scuole ed uffici.

Spesso le “vittime” di manipolazione sono giovani musulmani di prima e seconda generazione. Quasi sempre a margine della società che li ha ospitati e in cui non si sono mai integrati. Prima dei contatti con i reclutatori, larga parte di loro ha già avuto problemi con la giustizia, spesso per furti. Farid, un belga di origine marocchine proprio come Abbaoud, quando ha saputo degli attentati di Parigi ha gioito: «Ci stiamo rivoltando contro una società che non ci ha mai accettato. Io non sono belga né tantomeno marocchino. Io sono musulmano». Ed è proprio su questo sentimento che Daesh fa leva per le reclutare nuovi adepti, promettendo loro uno stato giusto.

Il “Washington Post” li ha definiti una «nuova razza di jihadisti» che sfuma e avvicina la demarcazione «tra crimine organizzato e estremismo islamico». Questo genere di legame con il mondo criminale «non è rintracciabile [con la passata strategia propagandistica] di Bin Laden» racconta Mohammad-Mahmoud Ould Mohamedou, il direttore del “Center for Security Policy” di Ginevra.

Nel 2015 i foreign fighters che hanno viaggiato verso la Siria e l'Iraq sono più che raddoppiati, raggiungendo tra un numero che oscilla tra i 28 mila e i 31 mila combattenti. E' quanto stima “The Soufan Group” un team di esperti che analizza e incrocia le informazioni e i dati provenienti dai governi e dalle aziende di ogni parte del mondo.

Il report indica l'Europa centrale come uno dei più folti punti di partenza verso Daesh (o Stato Islamico). Quest'anno, secondo le stime, sono stati oltre 5mila i guerriglieri partiti dall'Europa. Di questi, oltre il 60 percento, ossia circa 3700, sono partiti dalla Francia, dalla Germania, dal Regno Unito e dal Belgio. Nei dodici mesi precedenti, quindi prima che avvenissero i due attentati jihadisti allo Charlie Hebdo e del Bataclan, erano stati la metà: circa 2500.

Superiore per incremento, ma non per numeri complessivi, i numeri dei foreign fighters russi: 2400 nel 2015, addirittura triplicati rispetto all'anno precedente. Questa tendenza rappresenta un duro colpo alla politica estera del presidente Vladimir Vladimirovič Putin: la Russia è infatti assieme all'Iran il miglior alleato di Assad, il nemico contro cui combatte Daesh.

L'allarme più insidioso per la sicurezza dell'Europa, rimane il numero di quanti fanno ritorno a casa per reclutare nuove leve. Sono circa il 20-30 percento i foreign fighters che fanno ritorno in Europa. In quest'ottica Abaaoud e solo una pedina nello scacchiere di Daesh, pronta ad allungare i suoi tentacoli nelle fessure di un progetto, quello dell'Unione Europea, lontano dal disegno pacifico dei suoi padri fondatori.




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