mercoledì 23 novembre 2022 - Giovanni Greto

Isabelle Adjani ha inaugurato la stagione 2022-2023 del TSV (Teatro Stabile del Veneto)

Al Teatro Goldoni di Venezia “Le Vertige Marilyn. C’est l’Histoire d’une Etoile qui vacille”

 

“Pronto? Buonasera… potrei parlare con Tony Clay della trasmissione radiofonica Venice’s Voice?

Sono Marilyn Monroe… no, sono proprio lei… Non è uno scherzo, o forse lo è, considerato che è quello che sono da trentasei anni, sa che voglio dire?”

Comincia con una telefonata la pièce teatrale scritta da Olivier Steiner, pseudonimo di Jerome Léon (Tarbes, 15 febbraio 1976) insieme all’attrice francese (padre di origine algerina, madre tedesca) Isabelle Yasmina Adjani (Parigi, 27 giugno 1955) e da lui diretta in collaborazione con lo scenografo e responsabile della musica Emmanuel Lagarrigue (Strasburgo, 1972). Quest’ultimo ha concepito lo spettacolo costruendo un’installazione fatta di luci - 24 proiettori, a simboleggiare 24 ore nella vita di una donna, un giorno e una notte – e suoni, in cui il mondo, al suo interno, gira con movimento vorticoso, dove le parole vivono pronunciando se stesse.

Dopo aver debuttato a Parigi a “La Maison de la Poésie”, dal 28 al 31 gennaio e al “Théatre de l’Atelier”, dal 5 all’8 luglio, lo spettacolo è approdato in prima nazionale a Venezia.

Isabelle Adjani è al centro della scena. Indossa lo stesso abito di velluto nero con scollatura vertiginosa, rifatto per l’occasione dalla “Maison Christian Dior”, che aveva Marilyn Monroe (Los Angeles, 1 giugno 1926 – Brentwood, periferia di Los Angeles, 4 agosto 1962), durante l’ultimo servizio fotografico (2571 scatti) di Bert Stern per la rivista Vogue, sei settimane prima della tragica morte.

Isabelle è seduta, si rilassa, sembra immersa nei suoi pensieri. Nel frattempo il pubblico entra in sala e cerca il proprio posto. Parte la musica e inizia un monologo fatto di parole e di gesti. Secondo Isabelle lo spettacolo è una mezza via tra una lettura e una performance, si avvicina all’arte contemporanea, forse per la presenza dell’installazione ideata da Lagarrigue, che assomiglia ad una torre di Babele. Steiner monta il testo con parole pronunciate da Isabelle, tratte alla rinfusa da alcuni brani di numerose sue interviste scritte, da Maurice Blanchot, Franz Kafka, da elementi fittizi di un poema di Pasolini, tradotto da René de Ceccatty, dall’ultima intervista, durata un po’ più di sei ore, rilasciata da Marilyn nella sua casa di Brentwood al giornalista americano Richard Meryman (1926 – 2015) per la rivista Life, pubblicata due giorni prima della morte dell’attrice.

La voce di Isabelle a volte è diretta, con un interlocutore preciso : lo spettatore, un giornalista invisibile, un amico, un nipote, un figlio, un confidente. A volte è una registrazione, una voce fuori campo. A volte è una lettura del testo.

Il monologo è nato da un romanzo di Steiner, Le ravissement de Marilyn Monroe, “Il rapimento di Marilyn Monroe”, pubblicato nel 2021, a sua volta ispirato da un romanzo di Marguerite Duras, Le ravissement de Lol V. Stein, “Il rapimento di Lol V. Stein”.

Ma ecco il commento di Steiner allo spettacolo : “Vertige Marilyn” è una storia dell’eterno femminile, un girovagare tra le galassie di due attrici così uniche, così diverse eppure così vicine, che condividono la bellezza e il talento e che soprattutto hanno quella qualità indefinibile che rende la vita, l’umanità più verticale, più degna, più giusta, più vicina a ciò che è buono, vero, dell’essere. Marilyn alla luce di Isabelle Adjani. Isabelle alla luce di Marilyn Monroe.

Elegante, sofisticata, con la voce vicina al respiro, professionale, al punto di calamitare su di sé l’attenzione, Isabelle ha confermato anche a teatro la propria immagine filmica. Il pubblico ne è rimasto conquistato, tributandole intensi ed ininterrotti applausi, che l’hanno fatta entrare ed uscire più volte dal palcoscenico.

Durante lo spettacolo c’è anche un estratto dal film/documentario La Rabbia (1963) di Pasolini, nel quale il regista e scrittore prende ad esempio la morte di Marilyn Monroe per parlare di “morte della bellezza”.




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