venerdì 22 settembre 2023 - angelo umana

Io Capitano! di Matteo Garrone

Caro Matteo Garrone, grazie da tutti noi che stiamo in una presunta Gabbia Dorata (o A Jaula de Oro, come si chiamava il film di Diego Quemada Diaz del 2013, su tre ragazzi guatemaltechi che fuggivano dal loro Paese per raggiungere la “dorata” Los Angeles in cerca di un futuro migliore), grazie per averci fatto vedere da vicino e toccar con mano la pericolosa odissea che vivono tutti i richiedenti asilo o rifugiati provenienti dall'Africa o da altrove.

 Rischiano la vita per mano di presunte autorità o predoni in cerca di denaro, siti ad ogni frontiera vera o artificiale pur di arrivare in Libia o Tunisia (dal Marocco per la Spagna un po' meno) ed imbarcarsi per l'agognata Lampedusa, così attuale ai nostri giorni.

Sappi che non chiamerei “caro” nessuno dei due altri Matteo che circolano nelle nostre stanze pubbliche, due “ominicchi” così sicuri di sé come tanti altri che manteniamo, con la risposta o la soluzione pronta ad ogni problema da risolvere, dichiarano istruiscono e danno mandato dai loro pulpiti perché il popolino o le autorità sottostanti provvedano ed eseguano. Sei caro anche perché ho letto che dipingi, sei un pittore “che non vende quadri, dipingo soltanto l'amore che vedo” cantavano i Giganti in illo tempore, come un pittore o artista dà amore ai suoi quadri e alle sue opere. Indimenticabili altri tuoi lavori (Il Caimano, Gomorra, Pranzo di ferragosto, Dogman quelli che ricordo).

E c'è amore ad inizio film nelle famiglie dei due ragazzi senegalesi che sognano di espatriare nel nostro “paradiso” e poi magari in paradisi più a nord, più ricchi e meglio attrezzati visto che anche Lampedusa o l'Italia stessa sono in una gabbia, dorata per alcuni, di rame per molti altri anche già residenti. C'è amore e vita comunitaria nel loro villaggio da cui vogliono fuggire, le loro mamme non sanno e non vorrebbero, nulla sembra mancare in quei posti, c'è aiuto tra gli abitanti, ci sono affascinanti canti e balli d'immagine “stregonesca”. Da uno stregone si consultano, che dica loro la sorte del loro viaggio: è, il responso dell'”esperto” che parla coi morti o con gli dei in cambio dei loro risparmi, di buona sorte, “avranno successo”. Poco importa che un commerciante li cacci via sconsigliando qualsiasi viaggio altrove, dove di meglio non accade: loro vogliono partire!

Il tuo film, caro Matteo, ha anche del documentario, ad ogni tratto del loro risalire l'Africa dal Senegal ci sono pedaggi da pagare e violenze da soffrire, muore chi resta indietro nel deserto e poco importano le evasioni fantastiche che immagina Seydou, il “Capitano”, che perderà il suo amico e poi lo ritroverà. Ci hai mostrato la fatica e i pericoli che corrono i poveri del mondo, e chissà perché Piantedosi (“onorevole” ?) s'interrogava, sui disperati che lasciano il proprio Paese per affrontare viaggi dopo i quali “uno su mille ce la fa”.

Grazie del tuo lavoro, e grazie pure per la favola che regali a noi e al tuo Capitano alla fine del film, che è una favola vera dato che un tuo amico che gestisce un centro di accoglienza ti raccontò di un ragazzo minorenne, Fofana Amara, che aveva portato in salvo centinaia di persone su un'imbarcazione partita dalla Libia.

 




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