mercoledì 27 febbraio 2019 - Entità astratta

India e Pakistan ai ferri corti, le nuove tensioni nel Kashmir tra terrorismo e Politica

Ieri mattina dodici aerei indiani hanno violato lo spazio aereo dell'Azad Kashmir, una regione contesa tra India, Cina e Pakistan, stremata da una guerra lunga 70anni. A scatenare il raid la rivalsa per l'attentato lo scorso 14 Febbraio, ma anche strategie politiche.

Torna alta la tensione tra India e Pakistan. Ieri mattina dodici aerei indiani hanno violato lo spazio aereo dell'Azad Kashmir, un'entità autonoma che rientra nelle porzioni del Kashmir amministrate dal Pakistan.

Secondo il portavoce delle forze armate pakistane Maj Gen Asif Ghafoor il raid sarebbe avvenuto alle 3 e 30 del mattino, passate le 23 in Italia. «La popolazione di Chakoti ha udito il boato di un aereo proveniente dall'alto» riporta Al Jazeera. In un tweet Ghafoor ha aggiunto che durante l'incursione, durata 21 minuti, «è stata rilasciata (nelle campagne di Balakot, ndr) una carica esplosiva» dal peso di un chilogrammo che «non ha causato nessun danno né morti». Di un gran numero terroristi morti ha parlato invece il ministro degli Esteri indiano Vijay Gokhale.

Il reale obiettivo dell'incursione aerea, si apprende, era il campo di addestramento militare dell'organizzazione criminale "Jaish e Mohammed", (l'esercito di Maometto - JeM) a Balakot. Lo stesso da cui sarebbe partito l'attentato terroristico di Pulwama. L'episodio è stato confermato dal governo indiano, che ha giustificato l'attacco come una legittima difesa all'attacco del 14 febbraio a Srinagar, nel Kashmir indiano, contro un convoglio militare di 2500 uomini, in transito da Jammu a Srinagar. Gokhale ha concluso dicendo che quello di oggi è stato un tentativo necessario per bloccare sul nascere un nuovo attentato.

Nei giorni scorsi l'Onu ha avvalorato la rivendicazione degli islamisti del JeM, un gruppo terrorista di origine pakistana che ha tra i suoi principali obiettivi quello di separare il Kashmir dall'India. Sembra che proprio nel campo di Balakot fosse presente anche Masood Azhar, uno dei terroristi più ricercati dall'intelligence indiana. Dal suo canto il premier indiano Narendra Modi ha lasciato mano libera all'esercito e mentre le alte cariche militari tracciavano la strategia da seguire, il dibattito pubblico è diventato sempre più incandescente. Per giorni nelle tv indiane ha aleggiato l'interrogativo su quale dovesse essere la giusta risposta a quello che con 44 morti è considerato l'attentato più mortale della storia recente del Kashmir.

Tanti analisti, che solitamente si sono distinti per aver mantenuto un atteggiamento neutrale sul tema, si sono sbilanciati per un attacco, convinti che valesse da deterrente contro nuovi attentati. Addirittura Navjot Singh Sidhu, governatore del Punjab, un'altra regione a confine col Pakistan, ha subito l'ira dei nazionalisti per aver professato prudenza e aver espresso dubbi sul reale coinvolgimento pakistano nei fatti di Pulwama. Mehbooba Mufti, ex primo ministro del Jammu e Kashmir, invece, è stata accusata di essere filo-pakistana per aver esortato il Governo a guardare prima in casa propria, cercando in primis le reali radici del problema terrorista nell'isolamento che vivono i giovani del Kashmir, e poi nelle brame di potere provenienti dall'estero.

Lo spauracchio pakistano e la lotta al terrorismo islamico che si annida nei territori pakistani, fanno parte dei punti cardine della politica estera e di sicurezza di Modi. Lo ha sostenuto stamane anche il premier pakistano Imran Khan che ha annunciato una pronta risposta all'attacco odierno perché «sconsiderato e inventato, e mette a rischio la stabilità della regione a scopo elettorale». L'atmosfera ricorda quella del 2014, quando il "Partito del Popolo indiano" (BJP) ottenne la più ampia maggioranza degli ultimi 30 anni. Alle prossime elezioni, però, Modi è atteso ad una sfida più difficile, contro Rahul Gandhi, erede della dinastia Nehru-Gandhi, che stando ai sondaggi dovrebbe erodere il distacco con il partito del premier senza però riuscire a sfilargli le chiavi della Lock Sabha, il Parlamento di New Delhi. Il rischio, però è che il Paese paghi lo scotto di un progressivo isolamento internazionale, tutto questo mentre si appresta ad affrontare la sfida dell'aumento dell'inflazione e i problemi di un'economia che rallenta.

Il Pakistan, al contrario, sembra godere di una nuova verve internazionale, dettata da una convergenza di fattori esterni favorevoli: come la prossima uscita degli Stati Uniti dall'Afghanistan, che relega Islamabad a baluardo imprescindibile nella trattativa tra Washington e i talebani afgani. Il Pakistan, da sempre, rappresenta un solido alleato per gli Stati Uniti nel subcontinente indiano, è inoltre in affari con Pechino, che l'ha inserito nella «Nuova via della Seta» e che da tempo investe nel Paese. Recentemente Khan ha inoltre siglato con l'Arabia Saudita di Mohamdad Bin Salman, investimenti per 20 miliardi di dollari con l'obiettivo di fare del Pakistan un centro di raffinazione e Hub petrolifero. 

L'India è attualmente il 107esimo Paese più ricco al Mondo, nove posizioni più in alto del suo storico rivale secondo la classifica del "Focus Economics". Il rapporto di forza tra i due paesi, però, è mutato negli anni. All'inizio della Partizione di Lord Mountbatten, forse anche perché meno industrializzata e rallentata da politiche autarchiche e dirigiste, l'economia indiana era più arretrata, mentre quella pakistana era più aperta agli scambi internazionali. Poi negli anni Ottanta c'è stato il sorpasso. In un'economia che sta rendendo sempre più dinamica e appetibile l'Asia, oggi sia l'India che il Pakistan sono attesi ad una prova di maturità per evitare di rendere il Kashmir, per la quarta volta nella storia, teatro di una nuova lotta interreligiosa molto pericolosa visto che entrambe sono considerate tra le dieci nazioni a più alto coefficente offensivo nucleare del pianeta. 

 
 



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