Incontro Legnini-Orlando: una mina a scoppio ritardato contro i magistrati
L’incontro Legnini-Orlando non ha calmato le acque tra magistrati e politici, perché non chiarito e non doveva chiarire nulla, ma solo porre le premesse, per completare il processo di subordinazione della magistratura all’esecutivo, avviato con la riforma costituzionale. Sono state lasciate sul terreno mine a scoppio ritardato con dichiarazioni, comportamenti e scelte.
Le scelte. Sono in campo due ipotesi, l’interferenza della magistratura sulla politica (caso Morosini) e l’interferenza della politica sulla magistratura (caso Fanfani). Perché si parla solo del caso Morosini e non del caso Fanfani? Questa scelta è indicativa di una volontà politica, che assolve chi parteggia per il Governo e castiga chi è contro.
Le dichiarazioni. Nell’apparente nebulosità delle sue dichiarazioni, Legnini è stato molto chiaro. “Se ciascuno di noi dichiarasse di aderire ai comitati per il no o per il sì, se ci mettessimo tutti in campagna elettorale quale sarebbe la credibilità del CSM? Come potremmo svolgere la funzione di garanzia?” Ma Legnini, davvero pensa che partecipare ai comitati referendari significhi partecipare ad una campagna elettorale? In campagna elettorale c’è qualcuno da eleggere, questa è una campagna referendaria, dove non c’è nessuno da eleggere, ma solo scegliere tra un "sì" o un "no" ad una riforma costituzionale. A Legnini è chiara la differenza tra la militanza per delle opinioni e la militanza per un partito? Negare la prima, significa impedire il diritto di opinione ai giudici. Altra cosa è la militanza per un partito, che può ledere la terzietà del giudice e minarne la credibilità. Ma tutto questo è molto chiaro al vicepresidente del CSM, che vuole solo impedire la partecipazione dei magistrati ai comitati, e impedire nei fatti l’esercizio del diritto di opinione dei giudici. Per Legnini i giudici devono parlare solo con le sentenze, rinunciare a far valere le loro opinioni, cosi assistere inerti e supini alla devastazione dell’ordinamento della giustizia e della costituzione.
Comportamenti padronali. “L’ANM valuti le regole di comportamento in assoluta autonomia”. Quanto è bravo Legnini, da buon padrone, concede all’ANM di valutare in autonomia le proprie regole di comportamento. Per prima cosa occorre precisare che il sindacato dei magistrati, non deve definire al momento le regole di comportamento, ma la propria posizione verso le norme costituzionali oggetto di referendum. In ogni caso, per definire autonomamente regole di comportamento, l’ANM non ha bisogno di nessun permesso e nessuna sollecitazione.
Il diritto per l'ANM di definire il proprio statuto e i propri comportamenti è previsto dalla legge e non concesso dal governo. L’ipotesi di un’azione disciplinare contro Morosini è archiviata. Ma è stata archiviata perché è sbagliato ipotizzarla, oppure perché è stata fatta una concessione.
Si faccia chiarezza al riguardo. Se sono state violate delle regole da parte di un magistrato, è giusto saperlo. Se è stato sbagliato ipotizzarla, è giusto saperlo. Se questa ipotesi fa parte di un attacco alla magistratura per sottometterla ai voleri del governo è giusto saperlo. I magistarti non devono accettare dal govenro nessuna conscessione. Se lo fanno vincono una battaglia, ma perdono la guerra.