giovedì 24 febbraio 2022 - Attilio Runello

In Italia siamo pieni di gas ma è vietato estrarlo

Secondo le stime degli ingegneri minerari e dei geologi, nel sottosuolo d’Italia sono nascosti (tra riserve certe e possibili) 1,8 miliardi di barili di petrolio e 350 miliardi di metri cubi di gas. La stima è di una decina di anni fa, prima che venisse vietato ogni nuovo studio del sottosuolo. 

Altre grandi riserve, che non erano state conteggiate una decina d’anni fa, oggi sono previste sotto il fondale dello Ionio e sotto il mare a nord-ovest della Sardegna.

Trecentocinquanta miliardi di metri cubi di gas equivalgono al fabbisogno nazionale per cinque anni.

Ma forze pseudoambientaliste che nel 2019 hanno avuto il sopravvento hanno bloccato quasi tutto. Nel frattempo dall'altra parte dell'Adriatico invece si procede a tutto spiano ad esplorare, a dare concessioni e ad estrarre. Spesso con la collaborazione con aziende italiane. E spesso i giacimenti sono gli stessi, al confine fra zona italiana e croata.

Uno dei divieti risale al 2008 con la legge 133 a tutela della laguna di Venezia. Si temeva che trivellazioni ed estrazioni a largo di quel litorale potessero fare abbassare il suolo.

Sino a qualche mese fa il costo del gas era contenuto e la situazione geopolitica non poneva problemi.

Importiamo gas da Russia, Olanda, Libia, Algeria, Qatar, Afganistan, quest'ultimo attraverso la Tap, che alcuni politici e ambientalisti volevano bloccare. Con la Russia le forniture potrebbero essere a rischio, anche perché passano dall'Ucraina. Lo stesso vale per quelle dalla Libia, vista l'instabilità del paese. Con il Qatar il rapporto è solido anche grazie alla fornitura di armi. Ma i movimenti pacifisti potrebbero mettere in discussione anche questo.

Abbiamo discusso a lungo sulla opportunità di ricorrere alle fonti rinnovabili ma senza renderci conto che servono investimenti immani. Si stima che dovremmo coprire il due per cento della superficie nazionale di pannelli solari. Non ci sono grandi investimenti in vista. Si spera in una sburocratizzazione. Si tratta di una superficie più grande del Molise. 
Oggi alla luce degli aumenti e di una possibile chiusura dei rubinetti da parte della Russia è stato pubblicato il piano Pitesai, dal ministero della transizione ecologica. Il piano concede di continuare ad estrarre dove già si estrae. Non molto di più. Si tratta di alcune centinaia di pozzi, anche se quelli consistenti sono solo due.

Il piano ha sollevato le obiezioni dei movimenti ambientalisti come Greenpeace, legambiente. Che propongono di puntare sulle fonti rinnovabili.

Ma qualcuno si rende conto di quanto sia strategico avere energia elettrica sufficiente, gas anche per il riscaldamento e petrolio per le auto? O si vuole tornare ai cavalli e alle candele?

Il governo da parte sua potrebbe concedere maggiori possibilità di estrarre con delle deroghe, ma si fa fatica a capire perché non ci sia uniformità fra il ministero e il governo. Si naviga a vista.

 




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