lunedì 29 novembre 2021 - UAAR - A ragion veduta

Imagine dopo 50 anni. Perché l’ode all’umanismo di John Lennon è ancora così apprezzata

Dalle sue parole d’apertura, «Imagine there’s no heaven», fino al ritornello, «And no religion too», Lennon ha voluto lanciare un messaggio che a molti è sembrato chiaramente ateo. Ne parla il sociologo Phil Zuckerman in questo contributo pubblicato sul numero 6/2021 della rivista Nessun Dogma.
 

Cinquant’anni fa John Lennon pubblica uno degli inni più belli, ispirati e orecchiabili della musica pop del ventesimo secolo: Imagine.

Delicata ma dall’incedere commovente, Imagine è un brano sfacciatamente utopistico e profondamente morale nel suo appello all’umanità di vivere insieme in pace. È anche un pezzo deliberatamente e profondamente non religioso. Dalle sue parole d’apertura, «Imagine there’s no heaven», fino al ritornello, «And no religion too», Lennon ha voluto lanciare un messaggio che a molti è sembrato chiaramente ateo.

Molti brani pop sono per natura ‘laici’: nel senso che parlano di cose concrete, senza menzionare il divino o la spiritualità. Imagine, però, è in un certo senso ‘laicista’. Dal testo di Lennon la religione è descritta come un ostacolo al prosperare dell’umanità, e quindi come qualcosa che dev’essere superato.

In quanto studioso della laicità e fan devoto dei Beatles, sono sempre stato affascinato dal fatto che Imagine, forse il primo e unico inno ateo ad aver avuto un tale enorme successo, sia stato così largamente apprezzato in America. Dopo tutto, gli Stati Uniti sono un paese che, almeno fino a tempi recenti, ha avuto una popolazione molto più religiosa rispetto alle altre democrazie occidentali industrializzate.

Fin dalla sua pubblicazione come singolo l’11 ottobre 1971, Imagine ha venduto milioni di copie, piazzandosi al primo posto nelle classifiche americane e inglesi. La sua popolarità non sembra scalfita dallo scorrere del tempo. Il magazine Rolling Stone ha premiato Imagine come la terza miglior canzone di sempre nel 2003, e ancora oggi il brano risulta tra quelli più apprezzati nelle classifiche del Canada, dell’Australia e del Regno Unito.

Innumerevoli cantanti ne hanno realizzato cover, e in generale si tratta di uno dei pezzi più eseguiti al mondo: era anche nella scaletta della cerimonia d’apertura dei giochi olimpici di Tokyo di quest’anno, cantata da un gruppo di artisti provenienti da tutto il mondo, a conferma del suo apprezzamento internazionale.

Certo, non tutti sottoscrivono il messaggio. Robert Barron, vescovo ausiliare di Los Angeles, ha commentato la messa in scena del brano a Tokyo bollando Imagine come un «inno totalitario» e come un «invito al caos morale e politico». Il problema, naturalmente, sarebbero proprio le parti ‘atee’ del testo.

Dal momento della pubblicazione di Imagine sono stati fatti in realtà vari tentativi per riconciliare il brano di Lennon con la religione. Studiosi e musicisti, soprattutto credenti, hanno affermato che il testo non è esattamente ‘ateo’, quanto piuttosto contrario alle religioni organizzate. Altri hanno scelto un approccio più diretto e hanno semplicemente cambiato il testo: per esempio CeeLo Green cantò «And all religion’s true» in uno show televisivo di capodanno nel 2011.

Nelle interviste, Lennon era talvolta ambiguo riguardo alle sue convinzioni sulla religione e la spiritualità, ma quest’ambiguità è chiaramente in conflitto con il messaggio lanciato da Imagine. L’etica non religiosa del pezzo è evidentissima. Il primo verso afferma che non esistono il paradiso né l’inferno, e che sopra di noi c’è solo il cielo. In parole così chiare e limpide Lennon cattura l’essenza del pensiero laico e materialista. Per quanto mi riguarda, quel che Lennon sta affermando è che viviamo in un universo puramente fisico che funziona secondo leggi rigorosamente ‘naturali’: non c’è niente di soprannaturale là fuori, nemmeno oltre le stelle più lontane.

Nel testo di Imagine Lennon esprime inoltre una filosofia del “qui e ora” che è in chiaro contrasto con molte religioni. Nel chiedere agli ascoltatori di immaginare le persone che vivono “for today”, “per l’oggi”, l’autore sta suggerendo che, per citare l’attivista sindacale ateo Joe Hill, non ci sarà un «pie in the sky when you die», non avremo ricompense dopo la morte, e nemmeno eterne torture infernali.

Il testo di Lennon sembra poi implicare l’adesione a un pensiero di tipo esistenzialista. Se non ci sono divinità né vita ultraterrena, solo l’umanità può scegliere per sé stessa come vivere e cosa è importante. Possiamo liberamente scegliere di vivere senza violenza, senza avidità e senza meschinità, come, per citare Imagine, una «fratellanza di uomini che condividono il mondo».

È soprattutto in questo frangente che Lennon si rivela un umanista: noi esseri umani, senza contare su alcunché di soprannaturale, abbiamo la capacità di creare un mondo migliore. La reazione all’assenza di fede non dev’essere il nichilismo, o lo scoraggiamento, o la dissolutezza o la distruzione. Imagine incarna al contrario il desiderio tipicamente umanista di agire per porre fine alle sofferenze.

Questo spirito di empatia e compassione è pienamente in linea con quelli che gli esperti hanno individuato come tratti comunemente osservabili tra gli uomini e le donne non credenti. Anche se qualcuno ha tentato di collegare Lennon e Imagine ad atei sanguinari come Stalin o Pol Pot, la stragrande maggioranza degli atei cerca di vivere vite ‘etiche’.

Per esempio, diversi studi hanno dimostrato che gli atei sono particolarmente sensibili a tematiche quali l’aiuto ai rifugiati, l’assistenza sanitaria pubblica, la lotta al cambiamento climatico e il contrasto al razzismo e all’omofobia. In generale, i non credenti sostengono con decisione la tolleranza, la democrazia e l’universalismo, tutti valori che Lennon innalza a ideali in Imagine.

Altre ricerche rivelano che i paesi democratici meno religiosi sono quelli più sicuri, più confortevoli, più ‘verdi’ e più ‘etici’.

Imagine non è la prima volta in cui Lennon dichiara il suo umanismo. Un anno prima, nel 1970, il cantante pubblica il brano I found out, in cui afferma di non credere in Gesù e nemmeno in Krishna. Sempre nel 1970 Lennon dà alle stampe l’inquietante pezzo God. Dopo aver spiegato secondo i più classici canoni della psicologia la natura delle divinità, che l’uomo crea per convivere con il proprio dolore e misurarlo, God elenca tutte le entità cui Lennon non crede: la Bibbia, Gesù, i testi sacri dell’induismo, Buddha, I Ching, la magia e così via. Alla fine, tutto ciò in cui l’autore dichiara di credere è la sua verificabile realtà circostante. Arrivare a questa convinzione è stato, a detta del tricheco occhialuto di Liverpool, come «rinascere».

Ma né I found outGod hanno mai lontanamente raggiunto il successo di Imagine. Nessun’altra canzone pop ‘atea’, d’altro canto, ha mai raggiunto quel risultato.

Phil Zuckerman
University of Oregon 

Articolo originariamente pubblicato in inglese su The Conversation (https://theconversation.com/imagine-at-50-why-john-lennons-ode-to-humanism-still-resonates-165127).

Traduzione di Mosè Viero

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