venerdì 27 luglio 2018 - Pino Mario De Stefano

Il tempo della stupidità

Certi tempi sembrano decisamente i tempi della stupidità.

 

Attenzione, amici lettori, non interpretate come un’ingiuria o uno spregio il mio uso del termine “stupidità”.
Certo, la stupidità può manifestarsi in molti modi. Essa può apparire come ignoranza, ottusità, mancanza di senso dell’umorismo, o come tendenza a prendersi troppo sul serio. Spesso la stupidità è incapacità di pensare le relazioni plurali tra le cose. 
In altri casi la stupidità si identifica con la difficoltà di distinguere i propri desideri dalla realtà, o le mezze verità dalla verità. La stupidità è anche la pretesa di farsi opinioni o esprimere giudizi senza aver cognizione di tutte le variabili in gioco. Soprattutto, la stupidità più evidente, è quell’invincibile credenza che su questo pianeta ci si possa salvare a spese di altri o senza gli altri. 
 
Insomma ciò che si ritiene stupidità può, in concreto, essere riferito a molti comportamenti, ma in realtà dovremmo cominciare a pensare la stupidità come un “fenomeno umano”, molto più radicale e profondo, direi quasi uno statuto ontologico della condizione umana.
In effetti, con la stupidità, abbiamo a che fare con il lato oscuro, il “buco nero” della condizione umana.
 
Devo dire che mi ha spinto a questo tipo di riflessioni anche ascoltare Guido Ceronetti, che durante una sua originale rubrica, curata per Radio Radicale, quando ha dovuto pronunciare, incidentalmente, la parola “brexit’, ha soltanto aggiunto: “la stupida brexit”, come un’apposizione grammaticale, ed è passato ad altri argomenti, come se non ci fosse più nulla da spiegare!
 
Ecco, “la brexit”, sembrava dirmi Ceronetti, è un esempio, tra tanti analoghi, della stupidità in quanto fenomeno umano strutturale: qualcosa di cui si può solo prendere atto, magari sbalorditi, ma a proposito del quale non c’è nulla di ulteriore che si possa aggiungere o spiegare!
Insomma, trovarsi di fronte al fenomeno della stupidità umana è come avere “la sensazione perturbante di aver perso la capacità di parlare del mondo..., l’impressione, più o meno conscia, che il pianeta su cui ci troviamo non sia affatto casa nostra e sia scosso da forze che non riusciamo a comprendere e a controllare”. Utilizzo qui, perché mi pare appropriata, una frase tratta dall’interessante post “L’invasione (o il ritorno) degli iperoggetti”, che Massimo Filippi ed Enrico Monacelli hanno pubblicato su Alfabeta2, luglio 2018, anche se la riferiscono a un altro contesto culturale.
 
È per questo che, come detto all’inizio, non uso il termine stupidità prevalentemente in senso spregiativo, ma condivido piuttosto la tesi di Iris Murdoch secondo la quale nella nostra esperienza ci sono cose che possiamo riuscire a spiegare ma anche quelle che non possiamo spiegare ma solo “contemplare”: cioè osservare con tenerezza, indagare con stupore, con curiosità, con attesa, senza nessuna pretesa di inquadrarle in qualche schema. Perché per alcuni fenomeni non ci sono schemi utilizzabili
Ecco, la stupidità, il lato oscuro della condizione umana, rientra in uno di questi casi. 
 
Del resto, la stupidità umana è un fenomeno talmente ricorrente, in molteplici forme, e in tutte le epoche storiche oltre che ottusamente e inconsapevolmente reiterato, da far pensare appunto che non si tratti tanto di una deficienza o di una colpa individuale di alcuni, ma proprio di qualcosa di strutturale, ontologico, della condizione umana. Una specie di “peccato originale”. E se fosse proprio questo il senso autentico del concetto di peccato originale della tradizione biblica? Bah!
 
Forse abbiamo avuto troppa fretta nel dare ragione ad Aristotele quando con lui abbiamo creduto di aver scoperto la caratteristica dell’umano nella razionalità. L’uomo, probabilmente, non è primariamente un “animale razionale”, al massimo, come pensava Cassirer, egli è un “animale simbolico”, cioè è in grado di tradurre in simboli la realtà. 
E, infatti, a volte, riesce a mettere in un certo ordine alcuni di quei simboli e a costruire “griglie” (Wittgenstein) attraverso le quali la realtà e il mondo appaiono - per un po’ - coerenti, e lui “razionale”.
Altre volte, ed è la maggioranza delle volte, l’essere umano è solo istintivo; alcune volte pretende di decidere sul momento senza avere sufficienti elementi a disposizione, presumendo di aver il quadro esatto della situazione; altre volte, troppo spesso, si accontenta di informazioni parziali, distorte o addirittura false (fake news), perché suggestionato da “pifferi magici” che rispondono ai suoi impulsi o desideri. Altro che “animale razionale”!
 
Dovremmo riconoscere che noi umani nasciamo tutti piuttosto stupidi. Lo svolgersi della vita dovrebbe aiutarci a diventare saggi. Ma molto spesso arriviamo alla fine dell’esistenza senza rilevanti cambiamenti, da questo punto di vista.
 
Ci conviene perciò accettare che “per tutto c'è il suo tempo, c'è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo”. C’è anche un tempo per la stupidità e un tempo per la saggezza.
Anche se, a dire il vero, gli umani sono molto bravi durante le loro vite, brevi o lunghe che siano, ad attraversare i tempi della saggezza uscendone quasi sempre indenni!
 
Ma non è il caso di disperare, “είναι γαρ και ενταύθα θεούς”, avrebbe detto il saggio Eraclito!
 
 



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