martedì 20 giugno 2023 - Giovanni Greto

Il ritorno a Venezia di Uri Caine

Un concerto intenso, applaudito a lungo, all’Auditorium Lo Squero

La sala-concerto dello Squero, dove si può ascoltare buona musica e nello stesso tempo immergersi con lo sguardo nella laguna di Venezia, poiché l’Auditorium è delimitato da un perimetro di trasparenze, ha ospitato per la seconda volta, esattamente a due anni di distanza, due giorni dopo il suo 67esimo compleanno, il pianista e compositore americano Uri Caine.

E’ sempre piacevole sedersi ad ascoltare un musicista dalla notevole stazza fisica, che quando si siede al pianoforte e inizia a porre le mani sulla tastiera si diverte e ridiventa bambino.

Il programma dei suoi Recital varia di concerto in concerto, con un repertorio, che in Europa è diverso da quello negli USA. Ci sono autori o pezzi che compaiono sempre e dai quali, attraverso le improvvisazioni, Uri si dirige in quell’istante verso altre atmosfere – melodiche e ritmiche – secondo ciò che gli suggerisce l’ispirazione.

Come la volta scorsa, sceglie tre compositori classici da cui lasciarsi indirizzare con la fantasia.

Una Sonata di Mozart, che mano a mano, dall’Incipit si fa swingante, con suoni forti e percussivi come piace a lui. Inoltre, il piede sinistro segna il tempo su uno dei pedali dello strumento, come fosse quello di uno Hi-Hat (o Charleston), la coppia aderente di piatti, i quali colpendosi emettono una base sonora utile al batterista per proiettarsi su tamburi e piatti sospesi.

Da Mozart a Gustav Mahler, con l’Adagetto dalla Quinta Sinfonia in do diesis minore, noto a un vasto pubblico, perché parte importante della colonna sonora di Morte a Venezia di Luchino Visconti. Dopo un inizio classico, in sintonia con lo spartito, Uri passa ad un andamento jazzistico, molto ritmico, una percussione insistita e un utilizzo degli ultimi tasti della parte acuta della tastiera, forse per dimostrare che anche quelli svolgono un ruolo importante nella sonorità totale.

Mentre il pianista suona, si possono notare espressioni differenti nel volto degli astanti. C’è chi dorme, chi sorride compiaciuto, chi si copre gli occhi per riflettere e chi, immancabilmente, rivolge uno sguardo fisso allo Smartphone.

Intanto Uri si diletta in uno Swing veloce di base, su di uno schema canonico AABA, per poi far ritorno all’Adagetto in una tenera conclusione.

Ma non c’è tempo di riposare. Ecco un altro Swing veloce, con tanta percussione, su un tempo di Rhythm & Blues, che se ci fossero basso e batteria, si tramuterebbe in Funk (penso al trio Bedrock, tra i numerosi progetti di Caine). E’ piacevole, perché sembra proprio adattarsi all’ascolto, mentre l’occhio si perde nel panorama della Laguna. E’ come un commento all’andirivieni di imbarcazioni, a remi (pochissime) e a motore.

Si passa al Gospel, a una canzone in forma di ballata, finché all’improvviso ecco spuntare Othello Syndrome, l’opera che tanto fu applaudita alla Biennale Musica 2003, da lui diretta, un’edizione indimenticabile, mai più ripetuta.

Siamo arrivati a Giuseppe Verdi, il terzo autore classico al quale Uri rende sempre omaggio. Il brano sfocia in una improvvisazione blues, prima di ritornare al tema finale.

Uno standard superveloce, ad un certo punto sfocia in un pezzo famoso di Duke Ellington, altro autore spesso in scaletta : Don’t get around much anymore, seguito da una malinconica ballad di Rodgers & Hart, It never entered my mind, eseguita anche nel concerto del 2021. Ad un certo punto raddoppia il tempo, improvvisando, e sguazza sulle note basse per un breve inserto Free.

Ancora Mozart, per un’ennesima versione della Marcia Turca : l’aveva eseguita due volte in versione diseguale nei due set di 24 mesi fa. Stavolta la trasforma in un Blues, con dissonanze, prima di svoltare, con leggiadria, verso un romanticismo che spezza il cuore.

Un’impro classicheggiante e ciclica, è improvvisamente conclusa per l’inserimento di Blackbird, uno dei successi maccartneyani dei Beatles, che prelude ad un finale pop con American Tune di Paul Simon, come due anni fa.

Applausi inesauribili ed ecco comparire Honeysuckle Rose (1929) di Fats Waller, in origine esempio di “Stride Piano”, inserito in una rivista “Off Broadway”.

Ma il pubblico è esigente ed allora Uri rielabora liberamente alla sua maniera Dichterliebe di Robert Schumann, uno dei compositori classici cui ha dedicato interessanti episodi discografici, talvolta dal vivo.

Pensiero finale : se la musica è un trasmettitore di sensazioni Uri Caine è l’interprete ideale.

Foto Wikimedia




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