martedì 31 luglio 2012 - Professional Consumer

Il ricatto della terra ci salverà

Gulp: Entro il 2012 rischia il fallimento un'impresa su tre. A questa conclusione arriva uno studio di Unimpresa che ha analizzato i dati sulle sofferenze bancarie.

L’Ansa riferisce:

L'analisi focalizza la “probabilità di ingresso in sofferenza entro l'arco di un anno''. Viene stimata attraverso una metodologia statistica che utilizza indicatori desunti dal bilancio dell'impresa e dalle segnalazioni delle banche alla centrale dei rischi.

Santi numi, un processo di de-industrializzazione inaudito: 1/3 in meno di prodotti alimentari, lo stesso per abbigliamento, mobilità, comunicazione, informazione e chissà quant’altro ancora. Già, quant’altro ancora: meno produzione, meno occupazione, meno lavoro, meno acquisti e la crisi si avviterà ancor di più.

Maledetti produttori? Macchè, questi producono se vendono ciò che hanno già prodotto, altrimenti chiudono! Allora, maledetti consumatori? Macchè, questi come possono acquistare se non dispongono di salari e stipendi insufficienti? Un bel casino, anzi due!

E si perché, se questi sono i fatti poi ci sono le interpretazioni: al mercato verrà a ridursi l’offerta di pane, pasta, acqua, vino, verdura, vestimenti, divertimenti e, per l’amor di Dio, mi fermo qui. Se mancano i denari per acquistare questo ed altro le imprese smetteranno di produrre e ci toccherà stare su questa terra gnudi ed affamati?

Niente affatto: non più prodotte quelle merci occorrerà tornare a produrle; occorrerà riacquisire quella perizia, già data in comodato d’uso ai produttori e poi: terra, terra! Già, un pezzo di terra, zappata e coltivata darà uva, grano, cereali; vi pascola un mucca, qualche gallina becca, tre pecore ed un porco fanno quel che sanno.

Mescitando ben bene il tutto avremo latte, vino, pane, frittate, carne, salumi, prosciutti; cuoio per fare scarpe, lana che filata diverrà stoffa ed infine abito. Giacchè ci abito e ci lavoro avrò meno bisogno di spostarmi tanto con la rete posso andare oltre pur restando lì.

Tutto questo lavoro occupa dall’alba al tramonto e retribuisce pure: mangio, bevo, mi calzo, mi vesto. Sazio, scambio quel che più ho con quel che mi serve. E già, meno dipendente dal denaro. Vita grama? Oddio, per alcuni buona a malapena per sopravvivere; per altri, l’eden cercato, ritrovato.

I primi non ci stanno, non si accontentano del meno, vogliono di più. Vogliono un mercato finalmente liberato dai trucchi reflattivi. Lo reclamano, anzi vanno dritti al sodo: se non vendete l’offerta, con quel che vi resta, potrete acquistare la domanda, l’unica merce scarsa al mercato. Farà guadagnare noi per poter tornare a spendere e voi a vendere!

Due opzioni insomma, distinte e distanti da mettere sul tavolo e contrattare: dar retta ai quei portatori di suggestioni neoromantiche o seguire i suggerimenti di quegli sfrontati pragmatisti?

Gli esercenti a quel tavolo dovranno scegliere bene per tornare ad esercitare l’impresa.

A buon intenditor, poche parole.

 

Mauro Artibani

www.professionalconsumer.wordpress.com

www.professioneconsumatore.org

 

 




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