martedì 19 febbraio 2019 - angelo umana

Il primo Re

Una forse personalissima lettura del film Il Primo Re lo fa leggere, letteralmente, come un film religioso, o delle religioni, del credere e non credere, che Lassù qualcuno mi ama e quaggiù ci proteggaQuello era un altro film, ma anch'esso parlava della forza e delle decisioni dell'uomo, il suo riscatto, la sopravvivenza (si trattava di Paul Newman alias Rocky Graziano). Sovvengono le parole di Margherita Huck, e di chissà quanti altri scienziati, che la religione aiuta a, o finge di, dare delle risposte che la scienza non è ancora riuscita a dare.


Più di questo si tratta che dell'epopea della nascita di Roma nel 753 a.C. (le ultime didascalie riportano questa data), e del mito di Romolo e Remo, umili pastori travolti da una piena spettacolare del Tevere, che perdono tutti i loro averi, solo un gregge del resto, e si trovano poi nel loro vagare ad affrontare le aggressioni delle orde crudeli di Alba Longa e altri nemici, tutti in lotta per dominare un territorio. Già le tribù di allora si dedicavano a circenses di lotte tra umani: la nobile Roma dell'impero dunque li ereditò!? Con altri prigionieri e con l'astuzia si liberano degli aggressori fino a giungere alle foci del Tevere, lì il valoroso Remo morente affida il compito a Romolo di costruire una città sicura dove seppellirlo. Alessandro Borghi e Alessio Lapice sono i due attori che li impersonano, primitivi come si conviene all'epoca e che esprimono il grande amore fraterno che li lega. Un film avvincente, grandioso, drammatico, onore all'appena 37enne Matteo Rovere che l'ha concepito, diretto e sceneggiato, parlato in un oscuro e primordiale latino ma con sottotitoli che tutto spiegano, corredato di avventura ed effetti speciali da grande film.



Ma il tema è la religione, il credere a un dio, se vale più questo assunto oppure la forza della sopravvivenza e le scelte, consapevoli e non, dell'uomo. Quei prigionieri si liberano dei loro torturatori e prendono in ostaggio la loro vestale, la sacerdotessa, colei che custodisce “il fuoco sacro”, quello che non si può profanare e che bisogna custodire, non lasciar spegnere (e gli dei sanno quanto a quegli antichi la cosa fosse necessaria...). E' sempre accaduto poi che i sacerdoti interpretassero i voleri del dio di turno ma sempre a favore dei potenti del momento. E il profluvio di parole pro e contro un dio, degno dei film di Ermanno Olmi (sovvengono Il villaggio di cartone Cento Chiodi)Nessuno può opporsi al volere degli dei, dicono quei di loro che son timorosi, o Era la nostra unica speranza, ora non abbiamo più nulla, quando il fuoco si spegne e la sacerdotessa muore. Ed invece paiono più belle e coraggiose le parole di Remo, il loro condottiero eletto sul cammino, che ha dato prova di forza e determinazione, di fiducia nei mezzi personali di ognuno, ha dimostrato pure che il terrore a volte è servito per comandare: Io sono il mio destino, E' finito il tempo in cui assecondavamo la volontà di Dio, Gli uomini temono gli dei e perciò questi li dominano o, ancora, Siamo solo noi, nessun dio di cui aver paura, Siamo noi la forza, non c'è nessun dio e, infine, Quel fuoco è la nostra distruzione.

In conclusione il film pare dare ragione a chi a un dio crede, a Romolo in questo caso, che pure Remo aveva salvato con la sua pazienza e volontà. Sia fatta la Nostra volontà dunque, quella dell'essere umano. Un film che tanti insegnanti di religione (di quale poi? Cattolica, protestante, islamica, buddista, scintoista? O puramente laica?) dovranno vedere.




Lasciare un commento