mercoledì 16 dicembre 2015 - soloparolesparse

Il ponte delle spie: Spielberg è vivo e combatte insieme a noi

La buona notizia è che Steven Spielberg non ha perso il suo tocco e Il ponte delle spie è uno splendido noir all’americana, girato con maestria da artigiano più che con tocco geniale, e questa mi sembra una gran bella notizia.

Siamo in piena guerra fredda e una spia russa viene catturata a Brooklin. Bisogna processarla e condannarla ma bisogna anche far vedere che l’America è una grande nazione e garantisce una giusta difesa anche ad una spia russa. Così la difesa viene affidata ad un bravo avvocato (Tom Hanks) con l’invito a non darsi però troppo da fare.

L’invito diventa imposizione quando si capisce che l’avvocato è invece intenzionato a far bene il proprio lavoro, a scapito della sua immagine e della sicurezza della propria famiglia.

Ne succederanno diverse altre, con l’avvocato costretto a trasformarsi in uomo delle trattative tra Washington e Mosca.

Il film è diviso sostanzialmente in due parti. La prima è un bel legal thriller, in cui viene fuori l’abilità e la correttezza del protagonista, ma anche lo strano rapporto di stima che nasce tra avvocato e cliente/spia/odiatodatutti.

La seconda parte diventa un vero e proprio noir in clima da guerra fredda. Roba di spie, con tanto di viaggio pericoloso a Berlino Est proprio nei giorni in cui viene costruito il muro.

C’è dentro tanta roba, dalla correttezza morale, alla passione per il lavoro, agli intrallazzi dei governi alla condanna per un periodo storico folle e incomprensibile.

E quel che più lascia pensare è che si tratta di una storia vera.

Ottimo (è il caso dirlo?) Tom Hanks ma a lasciare un segno particolare è Mark Rylance. Evidente anche la firma dei fratelli Coen.




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