venerdì 31 maggio 2013 - UAAR - A ragion veduta

Il mondo clericale tra laicismo e laicità

Tra sesso e castità, cantava qualche tempo fa Franco Battiato. Una contrapposizione evidente, ma a ben guardare anche due differenti scelte possibili, ed entrambe legittime. Come scegliere di essere laici, oppure clericali. Non c’è nulla di male a essere vergini e non c’è nulla di male nemmeno a essere clericali. Ma non si è mai visto qualcuno esibire la propria intensa attività sessuale e, nel contempo, anche la propria verginità.

E tuttavia qualcosa del genere viene fatto, ormai da decenni, dalla Chiesa cattolica. In spregio ai dizionari, rivendica la propria laicità e, nel contempo, rivendica anche atti che la smentiscono. Benedetto XVI, per esempio, ha definito un esempio di laicità positiva l’insegnamento della religione cattolica (e solo di quella) in Italia: con insegnanti scelti dai vescovi, ma pagati dallo Stato. Il non plus ultra è, ovviamente, il sostenere che la laicità l’ha inventata Gesù col suo “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Peccato che la Chiesa non abbia mai chiarito bene cosa spetti a Cesare e cosa spetti a Dio. Valuta di volta in volta, a seconda del tempo e dello spazio. Per non sbagliare, in ogni paese e in ogni epoca si è comunque sempre attribuita il diritto di stabilirlo.

Poiché si rivolge a gente semplice, la Chiesa ama utilizzare concetti antitetici: bene e male, buono e cattivo. Quando, come laicità e laicismo, i concetti non sono antitetici, ma per quasi tuti i vocabolari sono addirittura sinonimi, non c’è problema: li presenta come antitetici. Per rafforzare il concetto, aggiunge qualche aggettivo a laicità: “sana”, “buona”, “positiva”. Sulla sua scia, tanti politici si sono sbizzarriti: dal Pd Vannino Chiti (“laicità dinamica”) al Pdl Maurizio Sacconi (“laicità adulta”). Buoni ultimi i Giovani Democratici di Sulmona, che hanno contrapposto “laicità prospera” a “laicismo titanico”. Il laicismo, sosteneva già Pio XI, è del resto “una peste”, perché nega “l’impero di Cristo sulle genti”. Un concetto evidentemente laico, quest’ultimo, come tutti possono agevolmente notare.

Visto che van di moda gli aggettivi a fianco di “laicità”, ne aggiungiamo a nostra volta uno, “clericale”, per definire le posizioni delle gerarchie ecclesiastiche. Un puro ossimoro, come l’immagine che vorrebbero darsi. E tutto questo, soltanto perché si vergognano del proprio clericalismo. L’Uaar è però comprensiva: e, se vogliono, non mancherà di aiutarle a superare il loro disturbo.




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