Il governo del Sudafrica minaccia la libertà di stampa

Il Sudafrica è uno dei paesi africani nei quali la stampa è più libera, ma questo invidiabile status è ora minacciato dal governo. Il discusso presidente Zuma e il suo partito, l’African National Congress (ANC) hanno proposto l’introduzione di una legge liberticida che, similmente a quella di altri paesi africani caratterizzati dalla presenza di regimi dittatoriali, prevede l’istituzioni di una giurisdizione speciale per la stampa e pene pesantissime per quei giornalisti e media che dovessero mettere a rischio la "sicurezza nazionale"
La legge, denominata Power Of Information act (POI) prevede l’istituzione di tribunali dedicati alla sorveglianza dei media, pene fino a 25 anni per chi sia giudicato colpevole d’infrangerla e vasti poteri per il governo nel definire quali informazioni o quali branche del governo e dello stato siano da "proteggere" in nome della famigerata sicurezza nazionale. In una lettera all’ANC Zuma ha scritto: "I media si sono messi sul piedistallo dicendo di essere i guardiani. Quindi noi abbiamo il diritto di chiedere: chi controlla questi controllori?". La fallacia e la malafede di un discorso del genere sono evidenti e non meritano ulteriori commenti.
La reazione dei media e dei gruppi per la difesa dei diritti umani è stata furente e più di un commentatore ha rilevato come la legge, anche se approvata, sia platealmente incostituzionale e come già esista la possibilità di fare causa ai giornalisti scorretti o di ricorrere all’ombudsman della stampa.
L’approvazione della legge metterebbe il Sudafrica sullo stesso piano di regimi repressivi come quello dell’Etiopia o di altre dittature africane, gli unici paesi nel continente ad avere tribunali speciali per la stampa. La proposta del POI non è il primo tentativo da parte di Zuma di irregimentare i media, con i quali ha avuto sempre pessimi rapporti, vista la lunga catena di scandali per corruzione che hanno colpito i governi che ha presieduto e la pioggia di critiche che si è attirato sia per la sua gestione politica che per i discutibili comportamenti personali.